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23 Agosto 2015Bianca come il latte, rossa come il sangue di Alessandro D’Avenia, canovaccio del video su youtube di Luigi Gaudio
Italo Calvino
Mi piace molto la citazione iniziale tratta da Calvino. Il fatto che ne sia presente un’altra all’inizio dell’ultimo romanzo “Ciò che inferno non è” è la testimonianza dell’apprendistato narrativo del nostro autore presso uno dei maestri del romanzo del novecento, e di tutti noi.
Il titolo
Bianca come il latte, rossa come il sangue sembra una frase semplice e banale, quasi infantile, ma è in realtà estremamente:
1) poetica, perché la poesia è fatta di connotazioni, e ci fa scorgere nelle parole, ad esempio proprio nei colori, mille sfumature di significato nascosto
2) filosofica, perché implica una serie di riflessioni sulla natura dell’uomo e sul significato della sua esistenza.
Bianca come il latte, rossa come il sangue si riferisce al modo in cui il ragazzo percepisce la vita, e Beatrice. In principio, Leo ha paura del colore bianco; lo collega alla solitudine, al vuoto, e alla mancanza di scopo.
Rosso, d’altra parte, è il colore dell’amore, della passione e dei sogni. In tutto il romanzo di Leo si ferma timoroso davanti a ciò che è bianco; capisce la complessità e la ingiustizia della vita; egli capisce che deve vivere il momento presente e apprezzare tutti e ciascuno dei suoi rapporti per il modo in cui sono.
Introduzione al romanzo
Alessandro D’Avenia è un insegnante di italiano di lettere. Il suo romanzo d’esordio è dedicato ai problemi che devono affrontare tutti gli adolescenti che crescono, come gli studenti che incontra ogni giorno: la scuola noiosa, gli insegnanti mediocri, un amore non corrisposto, le discussioni con gli amici, le rivalità.
Leo
Leo è un ragazzo di 16 anni, che ama la sua chitarra, la sua squadra di calcio, la sua moto, la musica, e Beatrice. Quando Beatrice si ammala di leucemia, Leo è costretto a crescere molto rapidamente. Comincia così una riflessione sul senso della vita e l’importanza dei sogni. Il suo professore, che egli chiama il sognatore, lo aiuta a svelare i suoi sogni, facendosi le giuste domande.
Il romanzo segue lo sviluppo di Leo da ingenuo e pretenzioso ragazzo a una persona adulta più matura, indipendente e comprensiva. Il suo rapporto con la sua famiglia, la sua migliore amica Silvia, e anche i suoi insegnanti si evolvono riflettendo il drastico cambiamento nel suo carattere.
Leo rimane con Beatrice nel corso della sua malattia, vedendola lentamente svanire e, infine, decidendo di vivere non solo per sé, ma anche per lei.
Terminator
Leo è talmente solo, talvolta, che non riesce a comunicare con nessun essere vivente, se non con il suo cane. Leo inoltre invidia spesso il suo cane, perché non prova i tormenti che invece affliggono gli uomini
L’elefante
Leo è coinvolto in un incidente con il motorino: per un po’ sarà costretto a stare in ospedale, e non potrà giocare a calcio. In ospedale conosce un compagno di stanza che gli fa capire l’importanza della famiglia (leggi pag. 89-90)
Le firme
Il rischio per i giovani di oggi è spesso quello di lasciarsi condizionare dalle mode, ma quello che conta davvero non è fuori di noi, nell’aspetto esteriore, nelle polo pantaloni o scarpe che indossiamo, ma dentro di noi. (leggi pag. 113)
Silvia
A me è capitata una donna così: una Silvia, che ti aiuta a scuola, che ti aiuta a scrivere la lettera a Beatrice, che arriva puntuale agli appuntamenti, mentre tu la lasci aspettare invano. Insomma una che ti ama, e che non è riamata da te: ancora una volta c’entra Dante, che ci ha spiegato cosa vuol dire amare senza essere riamati. Che Silvia sia la Donna gentile? Non spingiamoci troppo oltre con le analogie.
Niko
E’ l’amico di Leo, quello che condivide con lui tantissime passioni, e il calcio in modo particolare, ma rappresenta una fase di passaggio, un punto da superare per arrivare a capire cos’è importante nella vita. Niko non capisce
1) perché Leo va a donare il sangue proprio il giorno della partita, ed è preoccupato solo del fatto che in quelle condizioni Leo non è bravo come al solito
2) perché Leo non viene con lui in motorino a giocare l’ultima partita del torneo, quella che potrebbe consacrare i “Pirati” campioni. Leo che è quasi capocannoniere, potrebbe diventare un idolo, ma c’è qualcosa di più importante: Beatrice gli chiede aiuto proprio in quel momento, e lui fa la scelta che lo fa diventare un uomo, e Niko non capisce.
Non bisogna aver paura delle parole
(Leggi pag. 174-175)
Il rapporto con il padre
A differenza di quanto non riesco a fare io, il padre di Leo riesce a creare un’empatia con suo figlio, ricordandogli come anche lui ai suoi tempi aveva bigiato, e quell’esperienza (una fuga al mare con gli amici) lo aveva fatto crescere, oppure quando ammira Leo perché ha donato il sangue per Beatrice, o infine quando lo incoraggia a rischiare per quello cui tiene (leggi pag. 181)
Il rapporto con la madre
Ci sono persone che sembra quasi non esistano, non siano presenti, eppure nei momenti importanti spuntano fuori, e dimostrano che il loro silenzio era solo discrezione, non assenza. E’ il caso della madre di Leo: Anzitutto, Leo capisce che Beatrice è morta dagli sguardi e dai silenzi della madre, e poi, quando è ancora indeciso sul da farsi con Silvia, la madre gli insegna che cos’è davvero l’amore. (leggi pag. 237)
Beatrice muore
Anche qui una singolare analogia con Dante: la ragazza che hai amato, che ti ha fatto crescere e diventare uomo, muore, viene meno. Questo è un dramma, è uno smarrimento (roba da perdersi in una selva e non riuscire più a uscirne fuori). Questo per Leo è la conferma che la vita non ha senso e Dio non esiste. (leggi pag. 226)
Beatrice come Giobbe
Nel corso della predica al funerale, il sacerdote, che è anche il professore di religione di Leo, da lui chiamato amabilmente Gandalf, paragona Beatrice a Giobbe, perché messa alla prova da Dio. (leggi pag. 227) Di fronte a questo Leo si ribella: come fare a credere ad un dio che lascia così solo l’uomo (leggi pag. 228)
Leo legge l’ultima pagina del diario di Beatrice
Malgrado ciò, Leo durante la messa di cordoglio, si fa portavoce di Beatrice, leggendo l’ultima pagina del suo diario, che lei, ormai senza forze, negli ultimi tempi, non riusciva più a scrivere, e dettava a Leo. (leggi pag. 229)
Involontariamente Leo, che aveva fatto questo solo per rispetto di Beatrice, non perché ci credesse, ha perfino aiutato l’amico del sognatore a risolvere i problemi che aveva con suo padre, perché, come è scritto a pag. 178 “ciascuno è forte non della propria forza, ma di quella da dare all’altro” .
Il problema più importante
Certo, come cantava Celentano, il problema più importante per noi è di avere una ragazza di sera, quindi l’amore, la corrispondenza, l’affetto, ma anche il problema di come affrontare il dolore, la morte, non è da meno. (leggi pag. 176) Di fronte a questo o la prova ti avvicina a Dio o ti allontana del tutto. (leggi pag. 205-206)
Cos’è amare?
Malgrado ciò, l’esempio di Beatrice scalfisce il cuore di Leo. Indispettito con Silvia perché non ha consegnato la sua lettera a Beatrice per gelosia, arriva infine ad amare chi lo ha ferito, perché la vita è l’unica cosa che non inganna, se tu, cuore, hai il coraggio di accettarla (pag. 241)
Arco di tempo
Un anno scolastico, quello della prima liceo classico per Leo, e della quinta ginnasio per Beatrice. Alla fine dell’anno scolastico Beatrice muore, e all’inizio dell’anno scolastico seguente termina il romanzo.
Stile e tecniche narrative: il soliloquio
D’Avenia utilizza una banale storia molto comune, ma riesce a trasformarla in una domanda sul nostro modo di pensare e di agire. Fa questo attraverso una tecnica particolare: il monologo interiore di Leo, che aiuta a partire da una semplice circostanza della vita, come andare in moto o acquistare delle scarpe; per arrivare ad una domanda provocatoria sul senso dell’esistenza.
Questo procedimento in prima persona ci induce, ci costringe a mettere la lettura in relazione con la nostra vita (con il nostro io) e a verificarne la consistenza, mettendo in discussione Dio, la moralità e la giustizia, e, infine, accettando la vita per quella che è, appunto, bianca come il latte, rossa come il sangue, cioè piena di contraddizioni, di passioni, ma proprio per questo unica e affascinante.
Stile e tecniche narrative: il gergo
Forse bisogna avere il coraggio di usarlo come fa D’Avenia, forse potrebbe essere il codice giusto per creare un legame fra generazioni.
Forse. In questo caso scusami, caro ragazzo, caro giovane, se io non sarò mai capace di instaurare questo nesso, perché mi hanno insegnato che questa non è la mia lingua, la lingua che insegno, e che amo, ma è un’altra cosa, e io non voglio ammiccare, strizzare l’occhio a nessuno per rendermi simpatico a tutti i costi. Una delle cose probabilmente più gradita ai giovani lettori, lo è un po’ meno a me. Pazienza.
Stile e tecniche narrative: il T9
Avevamo citato all’inizio Italo Calvino, e lo facciamo anche alla fine della nostra riflessione. Questa insistenza sul T9, il meccanismo di riempimento automatico della parole sui cellulari, non fa che confermarci il legame tra D’Avenia e Calvino, nel senso che vediamo anche in D’Avenia il gusto della variazione casuale delle parole, che era stato uno degli aspetti della fase combinatoria dell’opera di Calvino.