Seconda parte del commento e dell’analisi della Prima Ecloga dalle Bucol…
qui sit, da, Tityre, nobis.
sia codesto dio (iste deus).
Romam, Meliboee, putavi
nostrae similem, quo saepe solemus
componere magna solebam.
che chiamano Roma, simile a questa nostra (huic nostrae), dove spesso noi
pastori siamo soliti portare (depellere) i teneri feti (teneros fetus) delle
pecore (ovium). Così (Sic) simili ai piccoli cani (catulos), così sapevo
(noram) i capretti (haedos) alle madri, così ero solito paragonare (componere)
alle piccole cose (parvis) le grandi (magna). Ma (Verum) questa ha levato tanto
(tantum) il capo fra le altre città (alias inter urbes, anastrofe/iperbato),
quanto (quanto) di solito fanno i cipressi fra i flessuosi viburni (lenta inter
viburna, anastrofe).
Romam tibi causa videndi?
te di vedere (videndi) Roma?
tondenti barba cadebat,
erat nec cura peculi.
aere domum mihi dextra redibat.
sguardo (respexit) verso di me, nonostante la mia indolenza (inertem), dopo che
la barba cadeva brizzolata (candidior) quando la tagliavo (tondenti), mi guardò
tuttavia (respexit tamen, chiasmo) e sopraggiunse dopo molto tempo (longo post
tempore, anastrofe), da quando mi ha in suo potere Amarillide e Galatea mi ha
lasciato (reliquit). Perché (Namque), lo devo confessare (fatebor enim), finchè
(dum) mi teneva avvinto Galatea, non vi era speranza di libertà né cura di
risparmio (peculi). Sebbene (Quamvis) molte vittime (multa victima, iperbato)
uscissero (exiret) dai miei recinti (meis saeptis) e formaggio grasso (pinguis
et caseus, anastrofe di et) fosse pestato (premeretur) per l’ingrata città
(ingratae urbi), mai (non unquam) la mia mano destra (dextra) tornava a casa
(domum redibat) pesante per il denaro (gravis aere).
deos, Amarylli, vocares,
patereris in arbore poma;
Mi chiedevo con stupore (Mirabar) perché (quid) mai triste (maesta),
Amarillide, invocavi gli dei (vocares deos), per chi (cui) lasciavi pendere
(patereris pendere) i frutti (poma) dal proprio albero (sua in arbore,
anastrofe).