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13 Ottobre 2025Il prezzo petrolio Brent si preparano a una fase discendente nei prossimi mesi, con una pressione crescente derivante dall’accumulo delle scorte globali e dall’aumento della produzione internazionale. L’attuale scenario mette in discussione la stabilità di uno dei principali benchmark energetici mondiali e apre riflessioni sulle conseguenze economiche e geopolitiche di un ribasso duraturo dei prezzi.
Previsioni sui prezzi globali
Secondo le stime aggiornate, il Brent dovrebbe scendere fino a una media di 62 dollari al barile nell’ultimo trimestre del 2025 e attestarsi intorno ai 52 dollari nel 2026. Si tratta di una correzione significativa rispetto agli ultimi anni, quando i timori legati a conflitti internazionali, interruzioni logistiche e politiche di taglio della produzione avevano mantenuto le quotazioni più alte. La dinamica attuale suggerisce che l’eccesso di offerta e la crescita delle scorte eserciteranno una pressione ribassista che difficilmente potrà essere arginata senza nuovi shock esterni.
Produzione mondiale in crescita
L’aumento della produzione di combustibili liquidi è il principale fattore che spinge verso il calo dei prezzi. La crescita sarà guidata soprattutto dai Paesi al di fuori dell’OPEC+, che nel 2025 incrementeranno la produzione di circa 2 milioni di barili al giorno e nel 2026 di ulteriori 700.000. Anche il cartello OPEC+, pur continuando a mantenere una politica prudente, allenterà gradualmente i tagli, portando a un incremento di 600.000 barili al giorno sia nel 2025 che nel 2026. Nonostante ciò, la produzione del gruppo rimarrà sotto i livelli target ufficiali, segnale che i margini di manovra restano vincolati dalle difficoltà interne e dall’equilibrio tra i membri.
Stati Uniti protagonisti assoluti
Il ruolo degli Stati Uniti resta centrale nello scenario petrolifero globale. Nel luglio 2025, la produzione americana ha toccato il record storico di 13,6 milioni di barili al giorno, superando le stime precedenti e confermando il primato di Washington nel settore. La revisione al rialzo delle proiezioni per il Golfo del Messico, dove alcuni progetti stanno entrando in produzione più velocemente del previsto, ha ulteriormente rafforzato le aspettative. Per i prossimi due anni si prevede una media di 13,5 milioni di barili al giorno, un livello che si manterrà stabile nonostante la flessione dei prezzi, a dimostrazione della resilienza dell’industria americana dello shale e delle grandi compagnie energetiche.
Il ruolo del gas naturale e del carbone
Accanto al petrolio, anche i mercati energetici di gas e carbone stanno attraversando una fase di aggiustamento. Negli Stati Uniti, il prezzo spot del gas Henry Hub salirà da poco meno di 3 dollari per MMBtu nel settembre 2025 a 4,10 dollari nel gennaio 2026. Tuttavia, si tratta di una previsione inferiore rispetto alle stime precedenti, in quanto la produzione americana sarà più abbondante del previsto. Parallelamente, la capacità di esportazione di gas naturale liquefatto (LNG) crescerà con forza: i nuovi impianti Plaquemines LNG e Corpus Christi LNG Stage 3 porteranno l’export complessivo a 14,7 miliardi di piedi cubici al giorno nel 2025 e a 16,3 miliardi nel 2026, contro gli 11,9 miliardi del 2024.
Il carbone, invece, ha visto un rimbalzo significativo nel primo semestre 2025, con un aumento dei consumi del 15% rispetto all’anno precedente, trainato dall’alta domanda elettrica e dai prezzi relativamente elevati del gas. Tuttavia, questa crescita dovrebbe rallentare nella seconda metà dell’anno e trasformarsi in una contrazione del 3% nel 2026, a favore delle fonti rinnovabili, in particolare il solare su larga scala.
Implicazioni economiche e geopolitiche
Il calo del Brent a 52 dollari nel 2026 potrebbe avere conseguenze diverse per le economie mondiali. I Paesi esportatori, in particolare quelli dipendenti dalle entrate petrolifere come Russia, Arabia Saudita e Nigeria, potrebbero trovarsi di fronte a bilanci pubblici sotto pressione. Al contrario, per le economie importatrici come Unione Europea, Cina e India, il calo dei prezzi potrebbe tradursi in un beneficio per l’industria e i consumatori, riducendo i costi di produzione e sostenendo la crescita interna.
Sul piano geopolitico, la minore rilevanza delle politiche OPEC+ potrebbe aprire la strada a un riequilibrio delle alleanze energetiche, con un peso crescente per gli Stati Uniti e per i produttori emergenti. Anche la transizione energetica giocherà un ruolo chiave: prezzi bassi del petrolio potrebbero rallentare gli investimenti nelle rinnovabili, ma allo stesso tempo spingere governi e aziende a diversificare per evitare eccessiva dipendenza dalle materie prime fossili.
Conclusioni: strategie di mercato e prospettive per gli investitori
Guardando alle prospettive, la traiettoria del Brent suggerisce un contesto dominato da eccesso di offerta e crescita delle scorte. In questo quadro, gli investitori e gli operatori di mercato dovranno valutare con attenzione le strategie di copertura e diversificazione. La volatilità rimane un elemento centrale e potrebbe offrire opportunità tattiche, in particolare per chi adotta approcci speculativi.
In quest’ottica, anche il mercato dei derivati e i contratti per differenza (CFD) rappresentano strumenti utilizzati da molti trader per sfruttare i movimenti del prezzo del petrolio senza esporsi direttamente alla materia prima. Tuttavia, trattandosi di strumenti complessi e rischiosi, richiedono competenze specifiche e una gestione del rischio particolarmente rigorosa.