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28 Dicembre 2019📘Pirandello e il Fascismo: un rapporto complesso che va oltre la politica 🎭🇮🇹
Quando pensiamo a Luigi Pirandello, ci vengono in mente il teatro, le maschere, i personaggi in cerca d’autore e la relatività della verità. Ma c’è un aspetto della sua vita che spesso crea dibattito e curiosità: il suo controverso rapporto con il regime fascista. Questo non fu un’adesione semplice o banale, ma una relazione fatta di luci e ombre, che dice molto sull’Italia di quel tempo e sull’intellettuale che era.
Un’adesione sorprendente (ma non troppo)
Il 1924 è un anno cruciale. Dopo l’omicidio di Giacomo Matteotti, Pirandello, ormai un drammaturgo di fama mondiale, invia una lettera a Mussolini chiedendo di iscriversi al Partito Nazionale Fascista. Sembra un gesto inaspettato, ma in realtà si inseriva in un contesto più ampio. Molti intellettuali dell’epoca, stanchi della debolezza dello stato liberale, vedevano nel fascismo una forza in grado di riportare ordine, unità e grandezza all’Italia. Pirandello, deluso dalla politica e dai suoi “quarantotto partitini”, vedeva in Mussolini un uomo forte, capace di dare stabilità alla nazione. Per lui, il fascismo era una forma di “teatro” politico, un palcoscenico in cui si recitava la parte dell’uomo nuovo.
La distanza ideologica
Eppure, nonostante l’adesione formale, il pensiero di Pirandello non si allineava mai completamente con l’ideologia fascista. La sua arte era basata sulla crisi dell’identità, sul caos, sulla contraddizione e sulla molteplicità delle verità. Tutta la sua opera, in fondo, si fonda su un’idea di relativismo che si scontra frontalmente con il dogmatismo e l’ideologia monolitica del regime. Pirandello credeva nella maschera che ogni uomo indossa, mentre il fascismo imponeva una maschera unica e indistinta a tutti i cittadini.
Il suo rapporto con il regime fu quindi pragmatico e opportunistico da entrambe le parti: Mussolini usò la fama di Pirandello per legittimare il fascismo a livello internazionale, e Pirandello usò l’appoggio del regime per finanziare i suoi progetti teatrali, come il Teatro d’Arte di Roma. Ma quando il fascismo iniziò a mostrare il suo volto più violento e totalitario, Pirandello se ne distaccò, pur senza mai rompere i legami pubblicamente.
Un rapporto complesso
In sintesi, il rapporto tra Pirandello e il fascismo non fu mai un matrimonio d’amore. Fu un compromesso, una convivenza di necessità e convenienza, che rifletteva la complessità di un periodo storico controverso. Studiare questo capitolo della vita di Pirandello ci aiuta a capire non solo l’uomo, ma anche le sfide che gli intellettuali hanno affrontato in un’epoca di profonde trasformazioni politiche.
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