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28 Dicembre 2019
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Analisi, testo e accordi della canzone “Il monologo di Giuda” di Claudio Chieffo
Una voce che non abbiamo mai davvero ascoltato
Questo breve monologo poetico è una delle riflessioni più forti e umane mai scritte su Giuda Iscariota. Da sempre figura tragica e controversa, spesso etichettata con durezza, qui Giuda prende finalmente parola in prima persona. E lo fa non per giustificarsi, ma per raccontare la verità del suo cuore: una verità che non è solo storica o teologica, ma profondamente umana.
1. Non i soldi, ma la delusione
“Non fu per i trenta denari,
ma per la speranza che
lui quel giorno,
aveva suscitato in me.”
Il testo si apre subito smontando il pregiudizio più comune: il tradimento per denaro. Giuda dice chiaramente che la sua motivazione non fu l’avidità, ma la speranza delusa. È una rivelazione potente. Il vero motore del suo gesto non è il male, ma la frattura tra ciò che sperava e ciò che ha visto accadere.
2. Un uomo normale, come tanti
“Io ero un uomo tranquillo,
vivevo bene del mio,
rendevo anche gli onori alla casa di Dio.”
Queste parole restituiscono l’umanità di Giuda. Non era un ribelle, né un emarginato. Era un uomo devoto, inserito, rispettoso. Questa “normalità” lo avvicina a noi, e rende ancora più intensa la crisi interiore che lo colpirà in seguito.
3. L’incontro con Gesù: una rivoluzione
“Ma un giorno venne quest’uomo,
parlò di pace e d’amore,
diceva ch’era il Messia, il mio Salvatore.”
Gesù entra nella sua vita come una promessa sconvolgente. Giuda non lo odia: lo segue, gli crede, lo ama. È proprio questo legame forte e sincero che renderà il tradimento così drammatico. Il dramma di Giuda nasce dall’amore.
4. L’attesa di un Regno che non arriva
“Ma poi passavano i giorni
e il regno suo non veniva,
gli avevo dato ormai tutto
e Lui mi tradiva.”
Ecco il nodo centrale. Giuda aspettava un Messia diverso, forse un re potente, un liberatore politico. Ma quel regno non si vedeva. Il tempo passava e Gesù parlava ancora di mitezza, di perdono, di croce. È a questo punto che il discepolo diventa traditore, non perché odia, ma perché si sente tradito a sua volta. Un amore disilluso può fare molto male.
5. La pietra, la fuga, la condanna
“Divenne il cuore di pietra
e gli occhi scaltri a fuggire;
m’aveva dato l’angoscia
e doveva morire.”
Qui il testo descrive la trasformazione interiore. Il cuore si indurisce, gli occhi cercano di fuggire. È la crisi della coscienza, lo smarrimento che spinge a gesti estremi. C’è dentro un mistero di angoscia e colpa, che si conclude con una frase tremenda e disperata: “doveva morire.”
Non è una giustificazione, è una condanna amara, pronunciata forse per dare senso al gesto, forse per proteggerne l’anima.
6. Il riconoscimento finale
“Appeso all’albero un corpo,
che non è certo più il mio,
ora lo vedo negli occhi:
è il Figlio di Dio.”
Il finale è struggente. L’albero è la croce, ma anche l’albero della fine per Giuda. Il “corpo” appeso non è più il suo: ha perso anche sé stesso. Solo ora, troppo tardi, capisce chi era davvero Gesù. In quegli occhi – che forse lo guardano ancora una volta – vede finalmente la verità: è il Figlio di Dio.
È una rivelazione tardiva, che lascia spazio solo al dolore, non alla salvezza. Ma anche questo dolore ha una voce che ci riguarda tutti: perché quanti di noi capiscono solo alla fine il valore di ciò che hanno perso?
Conclusione
Il monologo di Giuda non è un canto di disperazione, ma una meditazione sul limite umano, sulla fede fragile, sulla delusione, sulla colpa che nasce da un amore spezzato. È un testo che non assolve, ma comprende. Non cancella la responsabilità, ma ne mostra la radice profondamente umana.
È anche un invito alla misericordia: perché, se anche Giuda ha riconosciuto il volto di Dio nei suoi ultimi istanti, forse nessuno è mai davvero fuori dalla portata del perdono.
Testo e accordi
Il monologo di Giuda
Non fu per i trenta denari,
ma per la speranza che
lui quel giorno,
aveva suscitato in me.
Io ero un uomo tranquillo,
vivevo bene del mio,
rendevo anche gli onori alla casa di Dio.
Ma un giorno venne quest’uomo,
parlò di pace e d’amore,
diceva ch’era il Messia, il mio Salvatore.
Per terre arate dal sole,
per strade d’ogni paese,
ci soffocava la folla con le mani tese.
Ma poi passavano i giorni
e il regno suo non veniva,
gli avevo dato ormai tutto e Lui mi tradiva.
Divenne il cuore di pietra
e gli occhi scaltri a fuggire;
m’aveva dato l’angoscia e doveva morire.
Appeso all’albero un corpo,
che non è certo più il mio,
ora lo vedo negli occhi: è il figlio di Dio.
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