
Squadra paesana di Umberto Saba
28 Dicembre 2019
CSI Federazione russa: comunità di Stati Indipendenti
28 Dicembre 2019La poesia “Viatico” di Clemente Rebora è un autentico capolavoro che trasmette una profonda intensità emotiva e una forte denuncia della brutalità della guerra.
Composta durante la Prima Guerra Mondiale, questa lirica trae ispirazione da un’esperienza vissuta in trincea sul Monte Podgora, vicino al fiume Isonzo.
💔 Temi principali
Sofferenza e agonia: Il protagonista è un soldato mutilato, ridotto a un “tronco senza gambe”, che continua a lamentarsi mentre i suoi compagni, impotenti, lo esortano a lasciarsi morire per porre fine alla sua e alla loro sofferenza.
Fratellanza e pietà: Il verso finale “grazie, fratello” rappresenta un tributo alla solidarietà tra soldati, un riconoscimento del coraggio e del dolore condiviso.
Demenza lucida: L’ossimoro “demenza che non sa impazzire” descrive una condizione mentale al limite, in cui la coscienza non si spegne ma è intrappolata nel tormento.
✝️ Il significato del titolo
Il termine “viatico” ha un forte valore simbolico: nella tradizione cristiana, rappresenta il sacramento dell’Eucaristia dato ai moribondi come nutrimento spirituale per l’ultimo viaggio. Qui, diventa una metafora della morte come liberazione e atto di misericordia.
🧠 Struttura e stile
I versi liberi e le frasi spezzate creano un ritmo incalzante e drammatico.
Il campo semantico della guerra è predominante: “ferito”, “melma e sangue”, “rantolarci”.
Il passaggio dal “tu” al “noi” coinvolge il lettore, trasformando la scena in una riflessione collettiva sulla condizione umana.
Testo della poesia Viatico di Clemente Rebora
“Viatico” di Clemente Rebora
O ferito laggiù nel valloncello,
tanto invocasti
se tre compagni interi
cadder per te che quasi più non eri.
Tra melma e sangue 5
tronco senza gambe
e il tuo lamento ancora,
pietà di noi rimasti
a rantolarci e non ha fine l’ora,
affretta l’agonia, 10
tu puoi finire,
e nel conforto ti sia
nella demenza che non sa impazzire,
mentre sosta il momento
il sonno sul cervello, 15
lasciaci in silenzio
grazie, fratello.
da Poesie sparse di Clemente Rebora