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28 Dicembre 2019Giovanni Boccaccio – Decameron: Analisi e testo della Novella sesta, Giornata ottava
La novella sesta dell’ottava giornata del Decameron di Giovanni Boccaccio (XIV secolo), narrata da Filomena, ripropone i personaggi comici di Calandrino, Bruno e Buffalmacco, già protagonisti di altre celebri beffe. In questa novella, l’ingenuo Calandrino è ancora una volta vittima della scaltrezza dei due amici pittori, in una vicenda che mette in luce l’avarizia, la credulità e la satira sociale.
Sinossi della Trama
Calandrino possiede un piccolo podere ereditato dalla moglie, dove ogni anno alleva un maiale. Essendo la moglie inferma, Calandrino si reca da solo in campagna per uccidere e salare il porco. Bruno e Buffalmacco, venuti a sapere della cosa e sapendo che la moglie di Calandrino non è presente, decidono di recarsi da un prete loro amico, vicino di Calandrino, per architettare una beffa.
Calandrino, orgoglioso del suo porco, lo mostra ai due amici. Bruno suggerisce scherzosamente di venderlo e dire alla moglie che è stato rubato, ma Calandrino rifiuta categoricamente, temendo l’ira della consorte. I due amici decidono allora di rubargli il porco quella stessa notte. Per facilitare il colpo, Bruno propone di portare Calandrino alla taverna e farlo ubriacare, facendogli credere che il prete pagherà tutto. Il piano riesce: Calandrino, avaro e desideroso di bere gratis, si ubriaca e, tornato a casa, lascia la porta aperta. Bruno e Buffalmacco entrano indisturbati, rubano il porco e lo portano a casa del prete.
La mattina seguente, Calandrino scopre il furto e si dispera rumorosamente. Bruno e Buffalmacco si avvicinano, fingendo incredulità e prendendolo in giro, suggerendogli di gridare più forte per far sembrare il furto più credibile. Calandrino, irritato, giura di dire la verità, ma i due amici continuano a beffarlo.
Buffalmacco propone allora di fare l'”esperienza del pane e del formaggio” per scoprire il ladro tra i vicini. Bruno obietta che i “gentilotti” non verrebbero a una tale prova, e suggerisce di usare “galle di gengiovo” e “vernaccia” (un vino pregiato), invitando tutti a bere. Calandrino, pur di scoprire il ladro, accetta e fornisce i soldi per l’acquisto.
Bruno si reca a Firenze e, da un amico speziale, compra delle normali galle di zenzero e ne fa preparare due speciali, “del cane”, confettate con aloe amaro e zuccherate in modo da sembrare uguali alle altre, ma con un piccolo segno di riconoscimento. Torna a villa e organizza la “incantagione” per il mattino seguente.
Il giorno dopo, radunata una brigata di giovani e lavoratori, Bruno spiega la “prova”: chi avrà rubato il porco non riuscirà a ingoiare la galla, che gli sembrerà “più amara che veleno” e la sputerà. Tutti accettano di partecipare. Quando arriva il turno di Calandrino, Bruno gli dà una delle galle all’aloe. Calandrino, non appena sente l’amaro, la sputa fuori. Tutti lo guardano con sospetto. Bruno gliene dà una seconda, che Calandrino, per vergogna, tenta di trattenere, ma l’amarezza è tale che scoppia in lacrime e la sputa di nuovo.
A questo punto, tutti i presenti accusano Calandrino di essersi rubato il porco da solo. Dopo che gli altri si sono allontanati, Bruno e Buffalmacco continuano a tormentarlo, accusandolo di aver voluto nascondere il furto per non doverli pagare per il vino. Rinfacciano a Calandrino anche una precedente beffa (quella delle pietre nere nel Mugnone, un riferimento a un’altra novella). Infine, minacciano di raccontare tutto a monna Tessa, la moglie di Calandrino, se non riceveranno in cambio “due paia di capponi”. Calandrino, disperato e temendo l’ira della moglie, cede e consegna i capponi. Bruno e Buffalmacco, dopo aver salato il porco, tornano a Firenze, lasciando Calandrino “col danno e con le beffe”.
Analisi della Novella
Questa novella è un esempio paradigmatico della comicità boccacciana, basata sulla beffa e sulla caratterizzazione dei personaggi.
- Calandrino: La Credulità e l’Avarizia: Calandrino è il bersaglio ideale della beffa. La sua ingenuità e la sua credulità lo rendono facilmente manipolabile. Tuttavia, la sua debolezza principale è l’avarizia. È per il desiderio di bere gratis che si ubriaca e lascia la porta aperta, ed è per non spendere che accetta la “prova” delle galle. La sua paura della moglie, monna Tessa, è un altro elemento comico e un motore della sua sottomissione finale.
- Bruno e Buffalmacco: La Scaltrezza e la Crudeltà della Beffa: I due pittori sono gli artefici della beffa. La loro intelligenza e la loro capacità di manipolare la situazione sono evidenti. Non si limitano a rubare il porco, ma orchestrano un piano elaborato per umiliare Calandrino, sfruttando le sue debolezze. La loro comicità è spesso crudele, ma tipica della mentalità mercantile e pragmatica fiorentina. Il prete, loro complice, aggiunge un tocco di anticlericalismo, mostrando come anche gli uomini di chiesa possano partecipare a tali inganni.
- Il Tema della Beffa e della Derisione Sociale: La novella si inserisce nel filone delle beffe del Decameron, dove l’ingegno e la furbizia trionfano sulla stupidità e sull’avarizia. La beffa non è solo un divertimento, ma anche un modo per ristabilire un certo ordine sociale, punendo i vizi (l’avarizia di Calandrino) e celebrando l’astuzia. La derisione pubblica di Calandrino, costretto a sputare le galle e a essere accusato di aver rubato il proprio porco, è un elemento chiave della comicità.
- Il Linguaggio e lo Stile Comico: Boccaccio utilizza un linguaggio vivace e realistico, ricco di espressioni popolari e di dialoghi che rendono i personaggi immediati e credibili. La comicità nasce dalla situazione paradossale, dalle reazioni esagerate di Calandrino e dalle battute sagaci di Bruno e Buffalmacco. La descrizione dettagliata del piano e della sua esecuzione contribuisce all’efficacia narrativa.
- La Satira dei Costumi: La novella offre uno spaccato dei costumi del tempo, con riferimenti alla vita di campagna, alle taverne e alle pratiche popolari (come l’esperienza per trovare il ladro). La figura di monna Tessa, temuta dal marito, è un elemento di satira sulla dinamica matrimoniale.
Conclusione
La novella di Bruno e Buffalmacco e Calandrino è un esempio brillante della comicità boccacciana, che diverte il lettore attraverso la rappresentazione della stupidità umana e della scaltrezza di chi la sfrutta. Al di oltre della risata, la novella offre una critica sottile all’avarizia e alla credulità, mostrando come queste debolezze possano rendere l’individuo vulnerabile all’inganno. La beffa, pur crudele, si configura come un meccanismo di riequilibrio, dove l’intelligenza (seppur maliziosa) prevale sulla stoltezza, lasciando Calandrino “col danno e con le beffe”.
Giovanni Boccaccio – Decameron
[VI]
Bruno e Buffalmacco imbolano un porco a Calandrino; fannogli fare l’esperienza da ritrovarlo con galle di gengiovo e con vernaccia, ed a lui ne dánno due, l’una dopo l’altra, di quelle del cane confettate in aloè, e pare che l’abbia avuto egli stesso; fannolo ricomperare, se egli non vuole che alla moglie il dicano.
Non ebbe prima la novella di Filostrato fine, della quale molto si rise, che la reina a Filomena impose che seguitando dicesse; la quale incominciò:
Graziose donne, come Filostrato fu dal nome di Maso tirato a dover dire la novella la quale da lui udita avete, cosí né piú né men son tirata io da quel di Calandrino e de’ compagni suoi a dirne un’altra di loro, la qual, sí come io credo, vi piacerá.
Chi Calandrino, Bruno e Buffalmacco fossero. non bisogna che io vi mostri. ché assai l’avete di sopra udito. e per ciò, piú avanti faccendomi. dico che Calandrino aveva un suo poderetto non guari lontan da Firenze. che in dota aveva avuto dalla moglie. del quale, tra l’altre cose che sú vi ricoglieva. n’aveva ogni anno un porco. ed era sua usanza sempre colá, di dicembre. d’andarsene la moglie ed egli in villa. ed ucciderlo e quivi farlo salare.
Ora, avvenne una volta tra l’altre che. non essendo la moglie ben sana. Calandrino andò egli solo ad uccidere il porco. la qual cosa sentendo Bruno e Buffalmacco. e sappiendo che la moglie di lui non v’andava. se n’andarono ad un prete loro grandissimo amico. vicino di Calandrino. a starsi con lui alcun dí.
Aveva Calandrino, la mattina che costor giunsero il dí. ucciso il porco. e veggendogli col prete. gli chiamò. e disse: — Voi siate i ben venuti. io voglio che voi veggiate che massaio io sono. — E menatigli in casa. mostrò loro questo porco.
Videro costoro il porco esser bellissimo. e da Calandrino intesero che per la famiglia sua il voleva salare. a cui Brun disse: — Deh! come tu se’ grosso! Vendilo, e godianci i denari. ed a móglieta di’ che ti sia stato imbolato. — Calandrin disse: — No, ella nol crederebbe. e caccerebbemi fuor di casa. non v’impacciate. ché io nol farei mai. — Le parole furono assai. ma niente montarono.
Calandrino gl’invitò a cena cotale alla trista. sí che costor non vi vollon cenare. e partirsi da lui. Disse Bruno a Buffalmacco: — Vogliángli noi imbolare stanotte quel porco? — Disse Buffalmacco: — O come potremmo noi? — Disse Bruno: — Il come ho io ben veduto. se egli nol muta di lá ove egli era testé. — — Adunque, — disse Buffalmacco — facciánlo. perché nol faremmo noi? E poscia cel goderemo qui insieme col domine. — Il prete disse che gli era molto caro.
Disse allora Bruno: — Qui si vuole usare un poco d’arte. Tu sai, Buffalmacco. come Calandrino è avaro. e come egli bee volentieri quando altri paga. andiamo e menianlo alla taverna. quivi il prete faccia vista di pagar tutto per onorarci. e non lasci pagare a lui nulla. egli si ciurmerá. e verracci troppo ben fatto poi. per ciò che egli è solo in casa. — Come Brun disse. cosí fecero.
Calandrino, veggendo che il prete non lo lasciava pagare. si diede in sul bere. e benché non ne gli bisognasse troppo. pur si caricò bene. ed essendo giá buona ora di notte quando dalla taverna si partí. senza volere altramenti cenare. se n’entrò in casa. e credendosi aver serrato l’uscio. il lasciò aperto. ed andossi a letto.
Buffalmacco e Bruno se n’andarono a cenar col prete. e come cenato ebbero. presi loro argomenti per entrare in casa Calandrino. lá onde Bruno aveva divisato. lá chetamente n’andarono. ma trovando aperto l’uscio. entraron dentro. ed ispiccato il porco. via a casa del prete nel portarono. e ripostolo. se n’andarono a dormire.
Calandrino, essendogli il vino uscito del capo. si levò la mattina. e come scese giú. guardò e non vide il porco suo. e vide l’uscio aperto. per che, domandato quello e quello altro se sapessero chi il porco s’avesse avuto. e non trovandolo. incominciò a fare il romor grande. oisè! dolente sé! che il porco gli era stato imbolato.
Bruno e Buffalmacco, levatisi. se n’andarono verso Calandrino per udir ciò che egli del porco dicesse. il quale, come gli vide. quasi piagnendo chiamatigli. disse: — Oimè! compagni miei. che il porco mio m’è stato imbolato! — Bruno, accostatoglisi. pianamente gli disse: — Maraviglia che se’ stato savio una volta! — Oimè! — disse Calandrino — che io dico da dovero. — Cosí di’, — diceva Bruno — grida forte sí. che paia bene che sia stato cosí. —
Calandrino gridava allora piú forte. e diceva: — Al corpo di Dio. che io dico da dovero che egli m’è stato imbolato! — E Brun diceva: — Ben di’, ben di’. el si vuol ben dir cosí. grida forte. fatti ben sentire sí. che egli paia vero. — Disse Calandrino: — Tu mi faresti dar l’anima al nemico. io dico che tu non mi credi. se io non sia impiccato per la gola. che egli m’è stato imbolato! —
Disse allora Bruno: — Deh! come dée potere esser questo? Io il vidi pure ieri costí. credimi tu far credere che egli sia volato? — Disse Calandrino: — Egli è come io ti dico. — Deh! — disse Bruno — può egli essere? — Per certo — disse Calandrino — egli è cosí. di che io son diserto. e non so come io mi torni a casa. mógliema nol mi crederá. e se ella il mi pur crede. io non avrò uguanno pace con lei. —
Disse allora Bruno: — Se Iddio mi salvi. questo è mal fatto, se vero è. ma tu sai, Calandrino. che ieri io t’insegnai dir cosí. io non vorrei che tu ad una ora ti facessi beffe di móglieta e di noi. — Calandrino incominciò a gridare. ed a dire: — Deh! perché mi farete disperare. e bestemmiare Iddio ed i santi e ciò che v’è? Io vi dico che il porco m’è stato stanotte imbolato. —
Disse allora Buffalmacco: — Se egli è pur cosí. vuolsi veder via, se noi sappiamo, di riaverlo. — E che via — disse Calandrino — potrem noi trovare? — Disse allora Buffalmacco: — Per certo egli non c’è venuto d’India niuno a tôrti il porco. alcuno di questi tuoi vicini dée essere stato. e per ciò, se tu gli potessi ragunare. io so fare l’esperienza del pane e del formaggio. e vedremmo di botto chi l’ha avuto. —
Sí, — disse Bruno — ben farai con pane e con formaggio a certi gentilotti che ci ha da torno! ché son certo che alcun di lor l’ha avuto. ed avvedrebbesi del fatto. e non ci vorrebbe venire. — Come è adunque da fare? — disse Buffalmacco. Rispose Bruno: — Vorrebbesi fare con belle galle di gengiovo. e con bella vernaccia. ed invitargli a bere. essi non sel penserebbono. e verrebbono. e cosí si possono benedicer le galle del gengiovo come il pane ed il cascio. —
Disse Buffalmacco: — Per certo tu di’ il vero. e tu, Calandrino, che di’? Vogliánlo fare? — Disse Calandrino: — Anzi ve ne priego io per l’amor di Dio. ché, se io sapessi pure chi l’ha avuto. sí mi parrebbe essere mezzo consolato. — Or via, — disse Bruno — io sono acconcio d’andare infino a Firenze per quelle cose in tuo servigio. se tu mi dái i denari. —
Aveva Calandrino forse quaranta soldi. li quali egli gli diede. Bruno, andatosene a Firenze ad un suo amico speziale. comperò una libra di belle galle di gengiovo. e fecene far due di quelle del cane. le quali egli fece confettare in uno aloè patico fresco. poscia fece dar loro le coverte del zucchero come avevan l’altre. e per non ismarrirle o scambiarle. fece lor fare un certo segnaluzzo per lo quale egli molto ben le conoscea. e comperato un fiasco d’una buona vernaccia. se ne tornò in villa a Calandrino. e dissegli: — Farai che tu inviti domattina a ber con teco tutti coloro di cui tu hai sospetto. egli è festa. ciascun verrá volentieri. ed io farò stanotte insieme con Buffalmacco la ’ncantagione sopra le galle. e recherolleti domattina a casa. e per tuo amore io stesso le darò. e farò e dirò ciò che fia da dire e da fare. —
Calandrino cosí fece. Ragunata adunque una buona brigata tra di giovani fiorentini che per la villa erano. e di lavoratori. la mattina vegnente. dinanzi alla chiesa intorno all’olmo. Bruno e Buffalmacco vennono con una scatola di galle. e col fiasco del vino. e fatti stare costoro in cerchio. disse Bruno: — Signori. el mi vi convien dir la cagione per che voi siete qui. acciò che, se altro avvenisse che non vi piacesse. voi non v’abbiate a ramaricar di me.
A Calandrino che qui è. fu iernotte tolto un suo bel porco. né sa trovare chi avuto se l’abbia. e perciò che altri che alcun di noi che qui siamo non gliele dée potere aver tolto. esso, per ritrovar chi avuto l’ha. vi dá a mangiar queste galle una per uno. e bere. ed in fino da ora sappiate che chi avuto avrá il porco. non potrá mandar giú la galla. anzi gli parrá piú amara che veleno. e sputeralla. e per ciò, anzi che questa vergogna gli sia fatta in presenza di tanti. è forse meglio che quel cotale che avuto l’avesse. in penitenza il dica al sere. ed io mi rimarrò di questo fatto. —
Ciascun che v’era disse che ne voleva volentier mangiare. per che Bruno, ordinatigli. e messo Calandrino tra loro. cominciatosi all’un de’ capi. cominciò a dare a ciascun la sua. e come fu per mei Calandrino. presa una delle canine. gliele pose in mano. Calandrino prestamente la si gittò in bocca. e cominciò a masticare. ma sí tosto come la lingua senti l’aloè. cosí Calandrino, non potendo l’amaritudine sostenere. la sputò fuori.
Quivi ciascun guatava nel viso l’uno all’altro. per veder chi la sua sputasse. e non avendo Bruno ancora compiuto di darle. non faccendo sembianti d’intendere a ciò. s’udí dir dietro: — Eia, Calandrino. che vuol dir questo? — Per che, prestamente rivolto. e veduto che Calandrino la sua aveva sputata. disse: — Aspèttati. forse che alcuna altra cosa gliele fece sputare. tènne un’altra. — E presa la seconda. gliele mise in bocca. e forní di dare l’altre che a dare avea.
Calandrino, se la prima gli era paruta amara. questa gli parve amarissima. ma pur vergognandosi di sputarla. alquanto masticandola la tenne in bocca. e tenendola cominciò a gittar le lagrime che parevan nocciuole. sí eran grosse. ed ultimamente, non potendo piú. la gittò fuori come la prima aveva fatto. Buffalmacco faceva dar bere alla brigata. e Bruno. li quali insieme con gli altri questo veggendo. tutti dissero che per certo Calandrino se l’aveva imbolato egli stesso. e furonvene di quegli che aspramente il ripresero.
Ma pur, poi che partiti si furono. rimasi Bruno e Buffalmacco con Calandrino. gl’incominciò Buffalmacco a dire: — Io l’aveva per lo certo tuttavia che tu te l’avevi avuto tu. ed a noi volevi mostrare che ti fosse stato imbolato. per non darci una volta bere de’ denari che tu n’avesti. — Calandrino, il quale ancora non aveva sputata l’amaritudine dell’aloè. incominciò a giurare che egli avuto non l’aveva.
Disse Buffalmacco: — Ma che n’avesti, sozio, alla buona fé? Avestine sei? — Calandrino, udendo questo. s’incominciò a disperare. a cui Brun disse: — Intendi sanamente, Calandrino. che egli fu tale nella brigata che con noi mangiò e bevve. che mi disse che tu avevi quinci su una giovanetta che tu tenevi a tua posta. e dávile ciò che tu potevi rimedire. e che egli aveva per certo che tu l’avevi mandato questo porco tu. sí hai apparato ad esser beffardo.
Tu ci menasti una volta giú per lo Mugnone raccogliendo pietre nere. e quando tu ci avesti messi in galea senza biscotto. e tu te ne venisti. e poscia ci volevi far credere che tu non l’avessi trovata. ed ora similmente ti credi co’ tuoi giuramenti far credere altressí che il porco. che tu hai donato o ver venduto. ti sia stato imbolato. Noi sí siamo usi delle tue beffe e conoscianle. tu non ce ne potresti far piú. e per ciò, a dirti il vero. noi ci abbiamo durata fatica in far l’arte. per che noi intendiamo che tu ci doni due paia di capponi. se non che noi diremo a monna Tessa ogni cosa. —
Calandrino, veggendo che creduto non gli era. parendogli avere assai dolore. non volendo anche il riscaldamento della moglie. diede a costoro due paia di capponi. li quali, avendo essi salato il porco. portatisene a Firenze. lasciaron Calandrino col danno e con le beffe.