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28 Dicembre 2019
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28 Dicembre 2019Analisi e testo della poesia di Umberto Saba Il borgo tratta dal Canzoniere
Analisi della Poesia
“Il borgo” è una delle poesie più significative di Umberto Saba (1883-1957), figura centrale della poesia italiana del Novecento, noto per la sua lirica autobiografica, la sua ricerca di una “poesia onesta” e la sua profonda indagine sull’animo umano. In questo componimento, Saba esplora il tema della solitudine, del desiderio di integrazione e della malinconia del tempo che passa, attraverso il ricordo di un’esperienza giovanile legata a un luogo specifico.
Analisi della Poesia
“Il borgo” è una poesia che si sviluppa come una meditazione sul desiderio di integrazione e sulla consapevolezza della propria irriducibile diversità. Il componimento è diviso in sezioni che ripercorrono il tempo e le trasformazioni del luogo e dell’animo del poeta.
1. Il Desiderio di Normalità (vv. 1-18) La poesia si apre con l’affermazione di un evento “nuovo” avvenuto nelle vie del Borgo: un “desiderio improvviso d’uscire / di me stesso, di vivere la vita / di tutti, / d’essere come tutti / gli uomini di tutti / i giorni”. Questo desiderio, descritto come un “vano sospiro”, rivela la profonda aspirazione di Saba a una normalità che gli è sempre stata negata dalla sua complessa interiorità. La gioia provata in quel momento giovanile (aveva vent’anni ed era “malato”, forse alludendo alla sua nevrosi) è così grande da non sperare di provarne un’altra simile nella vita. Il Borgo, da luogo di un’infanzia più isolata (“poche vedevo sperse / arrampicate casette sul nudo / della collina”), si trasforma in un “Borgo fervente d’umano / lavoro”, simbolo di una vita collettiva e autentica.
2. I Valori Comuni e la Riserva Personale (vv. 19-35) Il desiderio di essere “come tutti” si concretizza nell’aspirazione ad avere “La fede […] di tutti, dire / parole, fare / cose che poi ciascuno intende, e sono, / come il vino ed il pane, / come i bimbi e le donne, / valori / di tutti”. Saba elenca gli archetipi della vita semplice e universale, i “valori di tutti”, che rappresentano la concretezza e la pienezza dell’esistenza comune. Tuttavia, emerge subito una contraddizione: “Ma un cantuccio, / ahimé, lasciavo al desiderio, azzurro / spiraglio, / per contemplarmi da quello, godere / l’alta gioia ottenuta / di non esser più io, / d’essere questo soltanto: fra gli uomini / un uomo.” Nonostante il desiderio di annullarsi nella collettività, il poeta conserva un “cantuccio”, uno “spiraglio azzurro”, un punto di osservazione privilegiato da cui può “contemplarmi” e godere della “gioia […] di non esser più io”, ma di essere “soltanto: fra gli uomini / un uomo”. Questa è la “gioia” paradossale di chi, pur volendo essere parte del tutto, non può fare a meno di osservarsi dall’esterno, mantenendo una distanza critica.
3. La Mutazione del Borgo e la Permanenza del Patire (vv. 36-58) Il desiderio, nato da “oscure vicende”, fu inizialmente “poco”, “appena un breve / sospiro”. Ora, il poeta lo ritrova come “eco perduta / di giovinezza” nelle vie del Borgo, che sono “mutate / più che mutato non sia io”. Il paesaggio è cambiato più profondamente del poeta stesso, suggerendo una stasi interiore. Sul Borgo, sulle case, sugli uomini e i lavori, è “sceso il velo che avvolge le cose / finite”. È il velo della malinconia, del tempo che ha spento la vitalità. Anche se la chiesa è ancora gialla e il mare è presente, il paesaggio è segnato da un’immagine di decadenza (“un solo bastimento, / enorme, / che, fermo, piega da un parte”). Il mondo da cui nacque il suo desiderio è ora un “mondo / finito”. Di fronte a questa fine, il poeta afferma di aver creato “Forme, / colori, / altri”, rimanendo però “io stesso, / solo con il mio duro / patire. E morte / m’aspetta.” La creazione artistica è una risposta alla solitudine e al dolore, ma non li annulla, e la consapevolezza della morte è una costante.
4. La Ciclicità della Vita e la Speranza nel Futuro (vv. 59-74) La poesia si conclude con una nota di speranza, seppur malinconica, legata alla ciclicità della vita. “Ritorneranno, / o a questo / Borgo, o sia a un altro come questo, i giorni / del fiore.” C’è la certezza che la vita si rinnoverà. “Un altro / rivivrà la mia vita”, un altro giovane che, in un “travaglio estremo / di giovinezza”, avrà “chiesto, / sperato, / d’immettere la sua dentro la vita / di tutti, / d’essere come tutti / gli appariranno gli uomini di un giorno / d’allora.” Il desiderio di integrazione, pur non realizzato dal poeta, si ripeterà in altri, in un ciclo eterno. La vita si rinnova, e con essa le aspirazioni umane, anche se la solitudine del singolo rimane un destino.
Temi Principali:
- Solitudine e Incomunicabilità: Il desiderio di essere “come tutti” si scontra con l’incapacità di annullare la propria individualità.
- Crisi d’Identità: Il “non esser più io” e l’essere “da me stesso assente” rivelano una profonda riflessione sulla natura dell’io.
- Tempo e Memoria: Il confronto tra il Borgo del passato e quello del presente, e il ricordo di un desiderio giovanile.
- Malinconia e Disillusione: La consapevolezza della “vanità” del desiderio di integrazione e l’accettazione del “duro patire”.
- La Poesia come Risposta: La creazione di “Forme, / colori, / altri” come modo per affrontare la solitudine.
- Ciclicità della Vita: La speranza che altri rivivranno le stesse esperienze e desideri, in un ciclo continuo.
Stile e Linguaggio: Saba adotta uno stile prosastico, colloquiale, che mira alla “poesia onesta”, ovvero a una comunicazione diretta e sincera dei sentimenti. La sintassi è piana, con frequenti enjambement che creano un ritmo spezzato, quasi un respiro affannoso. Il linguaggio è semplice, quotidiano, ma carico di significati simbolici. L’uso di ripetizioni (“come tutti”, “Forme, colori”) e di anafore rafforza il messaggio e crea una musicalità sommessa.
Conclusione
“Il borgo” di Umberto Saba è una lirica di profonda introspezione, che cattura il desiderio universale di appartenenza e la malinconica consapevolezza dell’irriducibile solitudine dell’individuo. Il Borgo, da luogo fisico, si trasforma in uno spazio dell’anima, dove il poeta ripercorre le tappe della sua crescita interiore. La poesia è un inno alla fragilità umana, alla bellezza dei desideri, anche se vani, e alla dignità del “duro patire”. Saba, con la sua onestà e la sua sensibilità, ci invita a confrontarci con le nostre aspirazioni più intime e con la realtà della nostra condizione esistenziale, in un ciclo di vita e morte che si ripete, ma che, per ogni singolo, si conclude nella solitudine.

Statua bronzea di Umberto Saba
Testo della Poesia Il borgo di Umberto Saba
Fu nelle vie di questo
Borgo che nuova cosa
m’avvenne.
Fu come un vano
sospiro 5
il desiderio improvviso d’uscire
di me stesso, di vivere la vita
di tutti,
d’essere come tutti
gli uomini di tutti 10
i giorni.
Non ebbi io mai sì grande
gioia, né averla dalla vita spero.
Vent’anni avevo quella volta, ed ero
malato. Per le nuove 15
strade del Borgo il desiderio vano
come un sospiro
mi fece suo.
Dove nel dolce tempo
d’infanzia 20
poche vedevo sperse
arrampicate casette sul nudo
della collina,
sorgeva un Borgo fervente d’umano
lavoro. In lui la prima 25
volta soffersi il desiderio dolce
e vano
d’immettere la mia dentro la calda
vita di tutti,
d’essere come tutti 30
gli uomini di tutti
i giorni.
La fede avere
di tutti, dire
parole, fare 35
cose che poi ciascuno intende, e sono,
come il vino ed il pane,
come i bimbi e le donne,
valori
di tutti. Ma un cantuccio, 40
ahimé, lasciavo al desiderio, azzurro
spiraglio,
per contemplarmi da quello, godere
l’alta gioia ottenuta
di non esser più io, 45
d’essere questo soltanto: fra gli uomini
un uomo.
Nato d’oscure
vicende,
poco fu il desiderio, appena un breve 50
sospiro. Lo ritrovo
– eco perduta
di giovinezza – per le vie del Borgo
mutate
più che mutato non sia io. Sui muri 55
dell’alte case,
sugli uomini e i lavori, su ogni cosa,
è sceso il velo che avvolge le cose
finite.
La chiesa è ancora 60
gialla, se il prato
che la circonda è meno verde. Il mare,
che scorgo al basso, ha un solo bastimento,
enorme,
che, fermo, piega da un parte. Forme, 65
colori,
vita onde nacque il mio sospiro dolce
e vile, un mondo
finito. Forme,
colori, 70
altri ho creati, rimanendo io stesso,
solo con il mio duro
patire. E morte
m’aspetta.
Ritorneranno, 75
o a questo
Borgo, o sia a un altro come questo, i giorni
del fiore. Un altro
rivivrà la mia vita,
che in un travaglio estremo 80
di giovinezza, avrà per egli chiesto,
sperato,
d’immettere la sua dentro la vita
di tutti,
d’essere come tutti 85
gli appariranno gli uomini di un giorno
d’allora.