
Nastagio degli Onesti
28 Dicembre 2019
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28 Dicembre 2019Parafrasi e commento degli ultimi versi della poesia “La sera fiesolana” di Gabriele D’Annunzio:
Parafrasi:
“Sii lodata, o Sera, per i tuoi profumati abiti e per la cintura che ti avvolge, proprio come il salice cinge il fieno fragrante!
Io ti rivelerò verso quali regni d’amore ci chiama il fiume, le cui sorgenti eterne, nascoste nell’ombra degli antichi alberi, sussurrano nel sacro mistero dei monti; e ti spiegherò per quale arcano motivo le colline, stagliate sugli orizzonti limpidi, si incurvano come labbra chiuse da un divieto, e perché la loro intrinseca volontà di esprimersi le rende belle al di là di ogni desiderio umano, e nel loro silenzio sono sempre nuove consolatrici, tanto che sembra che ogni sera l’anima possa amarle con un amore più intenso.
Sii lodata per la tua pura morte, o Sera, e per l’attesa che in te fa brillare le prime stelle!”
Commento:
Questi versi finali de “La sera fiesolana” sono un inno alla sera, personificata e divinizzata da D’Annunzio. Il poeta le rivolge una lode solenne, “Laudata sii”, che richiama la tradizione francescana del Cantico delle Creature, elevando la natura a manifestazione del divino.
La sera viene celebrata per la sua bellezza sensoriale: le “vesti aulenti” e il “cinto che ti cinge come il salce il fien che odora” evocano immagini di delicatezza, profumo e un abbraccio avvolgente, quasi materno, della natura che si prepara al riposo.
Il poeta si propone poi come interprete dei segreti della natura, un vate capace di decifrare i messaggi nascosti nel paesaggio. Il “fiume” diventa una guida verso “reami d’amor”, suggerendo un legame profondo tra la natura e i sentimenti umani, un amore quasi mistico che si rivela attraverso gli elementi naturali. Le “fonti eterne” e il “mistero sacro dei monti” accentuano l’idea di una natura primordiale e inesauribile, custode di verità antiche.
Le “colline” sono un’immagine particolarmente suggestiva: si incurvano “come labbra che un divieto chiuda”. Questa similitudine crea un’atmosfera di mistero e di attesa, come se la natura avesse qualcosa di ineffabile da rivelare, un segreto che non può essere espresso a parole. Tuttavia, proprio questa “volontà di dire” inespressa le rende “belle oltre ogni uman desire” e “nel silenzio lor sempre novelle consolatrici”. È nel loro muto mistero che le colline offrono conforto e ispirazione, un amore che si rinnova e si intensifica ogni sera.
L’ultima strofa riprende la lode iniziale, ma con un’immagine di chiusura che è al tempo stesso di morte e di rinascita: “Laudata sii per la tua pura morte, o Sera, e per l’attesa che in te fa palpitare le prime stelle!”. La “pura morte” della sera non è una fine, ma un passaggio, un dissolversi che prelude alla comparsa delle stelle, simbolo di eternità e di una nuova, silenziosa vita notturna. L’attesa delle stelle è un momento di sospensione e di meraviglia, che chiude la poesia con un senso di pace e di armonia cosmica.
In sintesi, D’Annunzio, attraverso una lingua ricca di sinestesie e personificazioni, trasforma la sera fiesolana in un’esperienza estetica e spirituale, dove la natura diventa un veicolo per esplorare temi come l’amore, il mistero, la bellezza ineffabile e il ciclo eterno di morte e rinascita.