
Pinacoteca ambrosiana
28 Dicembre 2019
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28 Dicembre 2019“Cristo si è fermato a Eboli” è un’opera fondamentale di Carlo Levi, pubblicata nel 1945.
Non è un romanzo nel senso stretto del termine, ma piuttosto un memoriale autobiografico che documenta l’esperienza del confino politico dell’autore in Lucania (oggi Basilicata), tra il 1935 e il 1936, durante il regime fascista.
La Trama e i Temi di “Cristo si è fermato a Eboli”
Il titolo stesso, “Cristo si è fermato a Eboli”, è una metafora potente che racchiude il senso profondo del libro. Eboli, una città della Campania, segna il confine oltre il quale, secondo la credenza popolare dei contadini lucani, la civiltà e il progresso non sono mai giunti. Al di là di Eboli, in quei paesi remoti e dimenticati come Gagliano (nome fittizio per Aliano, il vero luogo del confino di Levi), il messaggio di Cristo, e con esso la storia, la modernità e persino la speranza, non sono mai arrivati.
Carlo Levi, medico, pittore e intellettuale antifascista, viene confinato in questi luoghi remoti. Inizialmente, la sua esperienza è segnata da un senso di isolamento e di estraneità. Tuttavia, man mano che si immerge nella vita del paese, entra in contatto profondo con la realtà dei contadini, un mondo arcaico e quasi immobile nel tempo.
Il libro è una denuncia delle condizioni di estrema povertà, miseria e abbandono in cui vivevano queste popolazioni. Levi descrive un mondo in cui lo Stato è percepito come un’entità lontana e ostile, e dove le istituzioni (la medicina ufficiale, la burocrazia, persino la Chiesa) non riescono a comprendere o a rispondere ai bisogni reali della gente. I contadini, afflitti dalla malaria e da una vita di stenti, si affidano a credenze antiche, superstizioni e alla “magia” delle guaritrici, trovando in esse un senso e una speranza che le istituzioni moderne non offrono.
Levi, pur essendo un medico, è inizialmente riluttante a esercitare la professione, ma la necessità e la fiducia che i contadini ripongono in lui lo spingono a curarli, scoprendo un’umanità profonda e una saggezza antica. Egli osserva e descrive con grande sensibilità i paesaggi, i volti, le abitudini, le feste e i riti di questa civiltà contadina, mostrando la loro dignità e la loro resilienza nonostante le avversità.
Il libro è anche un viaggio interiore per l’autore. L’esperienza del confino lo porta a una profonda riflessione sulla sua identità, sul ruolo dell’intellettuale e sulla distanza tra il mondo “civilizzato” e quello “contadino”. Levi si rende conto che la vera “barbarie” non è quella dei contadini, ma quella di uno Stato che li ha dimenticati e oppressi.
La narrazione è ricca di personaggi indimenticabili, come le donne del paese, i “medicaciucci” (i medici locali incompetenti), il podestà, e lo stesso cane di Levi, Barone. Il linguaggio di Levi è evocativo, mescolando descrizioni realistiche, riflessioni filosofiche e un tocco di poesia.
“Cristo si è fermato a Eboli” è un’opera di grande valore storico, sociale e letterario. Ha contribuito a portare all’attenzione nazionale e internazionale la questione meridionale e le condizioni di vita del Sud Italia, influenzando il dibattito politico e culturale del dopoguerra. È un inno alla dignità umana e alla forza di un popolo che, pur dimenticato dalla storia ufficiale, conserva una profonda e autentica identità.
Cristo si è fermato a Eboli