
Non finirà di Enrico Ruggeri
28 Dicembre 2019
La strofa
28 Dicembre 2019Analisi del Brano “La Canzone della Verità” di Enrico Ruggeri
“La Canzone della Verità” di Enrico Ruggeri, pubblicata nel 1987, è un brano che si inserisce profondamente nella tradizione cantautorale italiana, affrontando temi esistenziali e introspettivi. La canzone esplora il rapporto dell’individuo con il tempo, l’identità e la ricerca di un senso ultimo, culminando in una riflessione amara e disillusa sull’inafferrabilità della verità. Attraverso un linguaggio diretto ma evocativo, Ruggeri dipinge il ritratto di un’anima inquieta, costantemente in movimento e in interrogazione.
Testo della canzone
Enrico Ruggeri ‧ 1987
Ho cantato certe storie che facevo sempre mie
Le sconfitte e le vittorie e le mie poesie
Tra le pieghe della vita, quanto dura una partita?
Ma le maschere che indosso non mi cambieranno mai
Quanta strada che ho lasciato, quanti posti ho conosciuto
Quante volte ho traslocato per cercare di più
Sempre a correre più forte non sapendo dove vai
Ma la macchina del tempo non mi condiziona mai
Uomo, no
Non è soltanto un fatto di velocità
Non è la notte che verrà
Che ci fa sentire così fragili e ci toglie felicità
La verità è che noi non abbiamo mai verità
Non è che manchi voglia oppure fantasia
In questo tempo che va via
E ci fa sentire così deboli e ci toglie serenità
La verità è che noi non abbiamo mai verità
Quante sere ho consumato a tempestarmi di domande
Quanta gente ho conosciuto per sapere di più
E ferite più profonde che ora tu non guarirai
Però i tagli ricevuti non mi fermeranno mai
Uomo, no
Non è soltanto un fatto di velocità
Non è la notte che verrà
Che ci fa sentire così fragili e ci toglie felicità
La verità è che noi non abbiamo mai verità
Non è che manchi voglia oppure fantasia
In questo tempo che va via
E ci fa sentire così deboli e ci toglie serenità
La verità è che noi non abbiamo mai verità
È che noi non abbiamo mai verità
Analisi Strofa per Strofa
Strofa 1: Il Viaggio Interiore e l’Identità Immutabile
Ho cantato certe storie che facevo sempre mie
Le sconfitte e le vittorie e le mie poesie
Tra le pieghe della vita, quanto dura una partita?
Ma le maschere che indosso non mi cambieranno mai
Quanta strada che ho lasciato, quanti posti ho conosciuto
Quante volte ho traslocato per cercare di più
Sempre a correre più forte non sapendo dove vai
Ma la macchina del tempo non mi condiziona mai
La canzone si apre con una riflessione retrospettiva sulla vita dell’io lirico. Le “storie”, le “sconfitte e le vittorie” sono state assimilate, trasformate in “poesie”, suggerendo un processo di elaborazione artistica dell’esperienza. La domanda retorica “quanto dura una partita?” introduce il tema della finitezza e dell’incertezza del percorso esistenziale. Nonostante le molteplici esperienze e i cambiamenti esteriori (“quanta strada”, “quanti posti”, “quante volte ho traslocato”), l’identità profonda rimane intatta: “Ma le maschere che indosso non mi cambieranno mai”. L’immagine della “macchina del tempo” che non condiziona l’individuo rafforza l’idea di una volontà interiore che trascende il mero scorrere degli eventi. C’è un senso di ricerca incessante (“per cercare di più”, “correre più forte”) ma anche di smarrimento (“non sapendo dove vai”).
Ritornello: La Fragilità e l’Assenza di Verità
Uomo, no
Non è soltanto un fatto di velocità
Non è la notte che verrà
Che ci fa sentire così fragili e ci toglie felicità
La verità è che noi non abbiamo mai verità
Non è che manchi voglia oppure fantasia
In questo tempo che va via
E ci fa sentire così deboli e ci toglie serenità
La verità è che noi non abbiamo mai verità
Il ritornello è il cuore tematico del brano. Si rivolge direttamente all'”Uomo”, rendendo la riflessione universale. Il concetto di “velocità” (già accennato nella strofa) viene negato come unica misura dell’esistenza; non è il mero scorrere del tempo o l’avvicinarsi della fine (“la notte che verrà”) a causare la “fragilità” e la perdita di “felicità” o “serenità”. La causa profonda è la mancanza di verità. La frase “La verità è che noi non abbiamo mai verità” è un ossimoro potente e un’affermazione nichilista: l’uomo è condannato a una ricerca senza approdo, a un’esistenza priva di certezze assolute. Non è una questione di mancanza di impegno o creatività (“non è che manchi voglia oppure fantasia”), ma una condizione intrinseca all’essere umano nel suo rapporto con il tempo che fugge.
Strofa 2: La Persistenza della Ricerca e la Resilienza
Quante sere ho consumato a tempestarmi di domande
Quanta gente ho conosciuto per sapere di più
E ferite più profonde che ora tu non guarirai
Però i tagli ricevuti non mi fermeranno mai
La seconda strofa riprende il tema della ricerca, questa volta focalizzandosi sull’aspetto intellettuale ed emotivo. Le “sere consumate a tempestarmi di domande” e la “gente conosciuta per sapere di più” mostrano una sete inestinguibile di conoscenza e comprensione. Tuttavia, questa ricerca non è senza costo: le “ferite più profonde” indicano il dolore e le delusioni accumulate. La frase “che ora tu non guarirai” potrebbe essere rivolta a un interlocutore (forse la verità stessa, o il tempo, o una figura amata) che non può più lenire quelle cicatrici. Nonostante ciò, emerge un forte senso di resilienza: “Però i tagli ricevuti non mi fermeranno mai”. Le esperienze dolorose non sono un ostacolo insormontabile, ma piuttosto una parte integrante del percorso che non spegne la spinta vitale.
Finale: La Conclusione Amara
È che noi non abbiamo mai verità
Il brano si chiude con una riaffermazione lapidaria e quasi rassegnata della tesi centrale. La ripetizione finale rafforza l’idea che questa non è una semplice constatazione, ma una verità conclusiva e ineludibile sulla condizione umana.
Analisi Generale e Temi
- La Ricerca Incessante e la Disillusione: La canzone è un inno alla ricerca, sia essa di conoscenza, di esperienze o di un senso. Tuttavia, questa ricerca è presentata come un percorso senza fine, che non porta a una verità definitiva, ma piuttosto alla consapevolezza della sua assenza. La “verità” non è un obiettivo raggiungibile, ma un orizzonte che si allontana sempre.
- Il Tempo e la Fragilità Umana: Il “tempo che va via” e “la notte che verrà” sono elementi che sottolineano la caducità e la vulnerabilità dell’uomo. La velocità della vita non è la causa della fragilità, ma il contesto in cui l’assenza di verità si manifesta con maggiore forza, privando l’individuo di felicità e serenità.
- L’Identità e il Cambiamento: Nonostante il susseguirsi di esperienze, luoghi e “maschere”, l’io lirico afferma un nucleo identitario immutabile. Le “ferite” e i “tagli” non alterano la sua essenza, ma lo rendono più consapevole e resiliente.
- L’Uomo come Essere Inquieto: La canzone dipinge l’essere umano come un’entità intrinsecamente inquieta, spinta a “correre più forte”, a “tempestarsi di domande”, a “cercare di più”, ma destinata a non trovare risposte definitive.
- Stile e Linguaggio: Ruggeri utilizza un linguaggio semplice e diretto, tipico della sua scrittura, ma carico di immagini evocative (“pieghe della vita”, “macchina del tempo”, “tempestarmi di domande”). Le domande retoriche e le affermazioni perentorie (“Uomo, no”, “La verità è che…”) conferiscono al testo un tono quasi sentenzioso e universale. La ripetizione del ritornello e della frase finale rafforza il messaggio centrale, rendendolo incisivo e memorabile.
“La Canzone della Verità” è, in definitiva, una profonda meditazione sulla condizione umana, sulla sua intrinseca ricerca di significato e sulla dolorosa consapevolezza che, in un mondo in continuo movimento, la verità assoluta rimane un miraggio.