
Non finirà di Enrico Ruggeri
28 Dicembre 2019
La strofa
28 Dicembre 2019Analisi del Brano “Il mare d’inverno” di Enrico Ruggeri, poi interpretato e reso famoso da Loredana Bertè
“Il mare d’inverno” è una delle canzoni più celebri e iconiche del repertorio di Enrico Ruggeri, pubblicata nel 1982 e resa famosa dall’interpretazione di Loredana Bertè. Il brano dipinge un quadro malinconico e suggestivo del paesaggio marino fuori stagione, trasformandolo in una metafora dello stato d’animo di solitudine, disillusione e attesa. La canzone è un esempio magistrale di come un’ambientazione fisica possa riflettere e amplificare un profondo sentire interiore.
Schema dei temi della canzone:
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Atmosfera: Ruggeri dipinge un paesaggio invernale, desolato e malinconico, attraverso immagini cinematografiche (“film in bianco e nero”) e dettagli quotidiani (“cercare un caffè”).
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Tematiche:
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Solitudine: L’io narrante è isolato (“sola”, “nessuno a farci compagnia”), incapace persino di dialogare con sé stesso.
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Disillusione: Il mare d’inverno diventa metafora di un desiderio inappagabile (“qualcosa che nessuno mai desidera”).
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Natura e umanità: Contrasto tra elementi naturali (vento, pioggia, gabbiani) e segni dell’abbandono umano (alberghi chiusi, manifesti sbiaditi).
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Struttura: Le strofe descrittive sfociano in un ritornello ripetitivo, quasi un lamento, dove il mare—simbolo di libertà—diventa irraggiungibile.
Curiosità: Il brano, contenuto nell’album Pubblicità (1987), riflette lo stile introspettivo e narrativo di Ruggeri, con influenze da cantautorato italiano e rock poetico.
Analisi Strofa per Strofa
Strofa 1: La Desolazione Visiva e la Solitudine
Il mare d’inverno
È solo un film in bianco e nero visto alla TV
E verso l’interno
Qualche nuvola dal cielo che si butta giù
Sabbia bagnata
Una lettera che il vento sta portando via
Punti invisibili rincorsi dai cani
Stanche parabole di vecchi gabbiani
E io che rimango qui sola a cercare un caffè
La canzone si apre con un’immagine immediata e potente: il mare d’inverno. Viene subito paragonato a “un film in bianco e nero visto alla TV”, suggerendo una percezione sbiadita, distante, priva di colore e vitalità, quasi una realtà filtrata e depotenziata. Questo paragone stabilisce il tono malinconico e quasi nostalgico del brano. Il paesaggio si arricchisce di dettagli: “qualche nuvola dal cielo che si butta giù” evoca una sensazione di pesantezza e rassegnazione. La “sabbia bagnata” e “una lettera che il vento sta portando via” sono immagini di effimero, di qualcosa che si dissolve, che non lascia traccia, accentuando il senso di perdita e di un tempo che fugge. I “punti invisibili rincorsi dai cani” e le “stanche parabole di vecchi gabbiani” introducono elementi di vita, ma anch’essi sono permeati di stanchezza e futilità. I cani rincorrono qualcosa di indefinito, i gabbiani volano senza energia, in traiettorie ripetitive e prive di slancio. Tutto contribuisce a creare un’atmosfera di sospensione e desolazione. Il verso finale “E io che rimango qui sola a cercare un caffè” chiude la strofa con un tocco di cruda realtà e solitudine. L’azione banale di cercare un caffè in un contesto così spoglio sottolinea l’isolamento del soggetto lirico e la sua incapacità di trovare un vero conforto o una distrazione significativa.
Strofa 2: La Negazione Concettuale e l’Isolamento Interiore
Il mare d’inverno
È un concetto che il pensiero non considera
È poco moderno
È qualcosa che nessuno mai desidera
Alberghi chiusi
Manifesti già sbiaditi di pubblicità
Macchine tracciano solchi su strade
Dove la pioggia d’estate non cade
E io che non riesco nemmeno a parlare con me
La seconda strofa sposta l’analisi dal piano visivo a quello concettuale. Il mare d’inverno non è solo un’immagine, ma “un concetto che il pensiero non considera”, “poco moderno”, “qualcosa che nessuno mai desidera”. Qui il paesaggio diventa una metafora di ciò che è ignorato, obsoleto, indesiderabile nella società contemporanea, dominata dalla ricerca di ciò che è nuovo e attraente. I dettagli si fanno ancora più specifici e desolanti: “alberghi chiusi” e “manifesti già sbiaditi di pubblicità” evocano un’attività interrotta, una promessa di gioia estiva ormai svanita, una bellezza effimera che il tempo ha consumato. Le “macchine che tracciano solchi su strade / dove la pioggia d’estate non cade” suggeriscono un movimento senza scopo, una routine che si ripete in un ambiente arido, dove persino l’acqua vivificante è assente. Il verso conclusivo “E io che non riesco nemmeno a parlare con me” è un’immagine potentissima di isolamento interiore. La solitudine non è solo esterna (non c’è nessuno), ma è diventata una condizione esistenziale così profonda da impedire persino il dialogo con sé stessi, la riflessione, l’autoanalisi. È il culmine della disconnessione e della malinconia.
Ritornello: L’Invito Disperato e la Risonanza Emotiva
Mare, mare, qui non viene mai nessuno a trascinarmi via
Mare, mare, qui non viene mai nessuno a farci compagnia
Mare, mare, non ti posso guardare così perché
Questo vento agita anche me
Questo vento agita anche me
Il ritornello è un lamento, una supplica rivolta al mare stesso. La triplice invocazione “Mare, mare, mare” rafforza l’intensità del desiderio. La ripetizione della frase “qui non viene mai nessuno” sottolinea la disperata solitudine e l’assenza di salvezza o conforto dall’esterno. Il desiderio è quello di essere “trascinato via” (un’immagine di liberazione o fuga) o di avere “compagnia”, un bisogno primario di connessione umana. Il verso chiave “non ti posso guardare così perché / Questo vento agita anche me” rivela la profonda identificazione tra il soggetto lirico e il paesaggio. Il mare d’inverno, agitato dal vento, non è solo uno scenario, ma uno specchio dello stato d’animo interiore. Il vento, elemento naturale e potente, non agita solo le onde, ma anche l’anima del protagonista, rendendolo incapace di sostenere la vista di tanta desolazione, perché essa riflette la sua stessa inquietudine e malinconia. La ripetizione finale “Questo vento agita anche me” rafforza questa risonanza emotiva e chiude il brano con una sensazione di vulnerabilità e agitazione interiore persistente.
Riepilogo Generale e Temi
- La Solitudine e l’Isolamento: È il tema predominante. La solitudine non è solo fisica (l’assenza di persone), ma diventa una condizione esistenziale profonda, che porta all’incapacità di dialogare persino con sé stessi.
- La Malinconia e la Disillusione: Il paesaggio invernale, spoglio e desolato, è una proiezione della malinconia interiore. La mancanza di vitalità, il ricordo di un’estate passata (la pioggia d’estate che non cade, i manifesti sbiaditi) evocano un senso di disillusione e di un tempo perduto.
- Il Tempo che Passa e la Caducità: La lettera portata via dal vento, i manifesti sbiaditi, le tracce delle macchine sui solchi, sono tutte immagini che rimandano alla transitorietà delle cose e all’azione inesorabile del tempo che consuma e cancella.
- La Natura come Specchio dell’Anima: Il mare e il vento non sono solo elementi scenografici, ma veri e propri simboli dello stato d’animo del protagonista. L’agitazione del vento si riflette nell’agitazione interiore, creando una profonda empatia tra l’io lirico e il paesaggio.
- Critica alla Modernità/Superficialità: La definizione del mare d’inverno come “poco moderno” e “qualcosa che nessuno mai desidera” può essere letta come una sottile critica a una società che valorizza solo ciò che è effimero, appariscente e consumistico, ignorando la profondità e la malinconia che possono esistere anche nella desolazione.
- Stile e Linguaggio:
- Immagini Concrete e Sensoriali: Ruggeri è abile nel creare immagini vivide e concrete (sabbia bagnata, alberghi chiusi, manifesti sbiaditi) che attivano i sensi e rendono tangibile la desolazione.
- Metafora Estesa: L’intero brano è una metafora estesa del mare d’inverno come stato d’animo.
- Similitudine: L’apertura con “È solo un film in bianco e nero” è una similitudine chiave che imposta il tono.
- Anafora e Ripetizione: La ripetizione di “Mare, mare” nel ritornello e di “Questo vento agita anche me” rafforza il senso di urgenza e l’identificazione emotiva.
- Linguaggio Colloquiale: La scelta di espressioni come “si butta giù” o “cercare un caffè” conferisce al testo un tono colloquiale e autentico, rendendo il personaggio più vicino all’ascoltatore.
“Il mare d’inverno” è una canzone che, attraverso la sua potente evocazione di un paesaggio desolato, riesce a toccare corde universali di malinconia, solitudine e ricerca di un senso, confermando la maestria di Enrico Ruggeri nel trasformare l’osservazione del reale in profonda introspezione poetica.
Testo della canzone Il mare d’inverno di Enrico Ruggeri
Strofa 1
Il mare d’inverno
È solo un film in bianco e nero visto alla TV
E verso l’interno
Qualche nuvola dal cielo che si butta giù
Sabbia bagnata
Una lettera che il vento sta portando via
Punti invisibili rincorsi dai cani
Stanche parabole di vecchi gabbiani
E io che rimango qui sola a cercare un caffè
Ritornello
Mare, mare
Qui non viene mai nessuno a trascinarmi via
Mare, mare
Qui non viene mai nessuno a farci compagnia
Mare, mare
Non ti posso guardare così perché
Questo vento agita anche me
Questo vento agita anche me
Strofa 2
Il mare d’inverno
È un concetto che il pensiero non considera
È poco moderno
È qualcosa che nessuno mai desidera
Alberghi chiusi
Manifesti già sbiaditi di pubblicità
Macchine tracciano solchi su strade
Dove la pioggia d’estate non cade
E io che non riesco nemmeno a parlare con me
Ritornello
Mare, mare
Qui non viene mai nessuno a trascinarmi via
Mare, mare
Qui non viene mai nessuno a farci compagnia
Mare, mare
Non ti posso guardare così perché
Questo vento agita anche me
Questo vento agita anche me