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28 Dicembre 2019“Il bambino col pigiama a righe” (The Boy in the Striped Pyjamas) è un romanzo del 2006 dello scrittore irlandese John Boyne, diventato un bestseller internazionale e successivamente adattato per il cinema nel 2008.
Trama e ambientazione La storia è ambientata durante la Seconda Guerra Mondiale e narra le vicende di Bruno, un bambino tedesco di nove anni figlio di un comandante nazista. Quando il padre viene trasferito per dirigere un campo di concentramento (che Bruno chiama “Auscita”, storpiatura di Auschwitz), la famiglia si trasferisce in una casa isolata vicino al campo. Bruno, annoiato e solitario nella nuova dimora, inizia a esplorare i dintorni e scopre una recinzione che delimita quello che lui percepisce come una “fattoria” abitata da persone vestite tutte con gli stessi “pigiami a righe”.
Attraverso la recinzione, Bruno incontra Shmuel, un bambino ebreo della sua età prigioniero nel campo. Tra i due nasce un’amicizia segreta che si sviluppa attraverso incontri clandestini lungo il filo spinato. La tragedia si consuma quando Bruno, volendo aiutare Shmuel a cercare il padre scomparso, si introduce nel campo travestito anche lui con il “pigiama a righe” e viene deportato insieme agli altri prigionieri verso le camere a gas.
La prospettiva dell’innocenza La genialità narrativa di Boyne risiede nella scelta di raccontare l’orrore dell’Olocausto dal punto di vista di un bambino che non comprende la realtà che lo circonda. Bruno interpreta tutto attraverso il filtro della sua innocenza: il campo di concentramento diventa una “fattoria”, le uniformi dei prigionieri sono “pigiami”, i forni crematori sono percepiti come semplici camini che producono fumo. Questa prospettiva ingenua rende ancora più agghiacciante la realtà per il lettore adulto, che comprende l’orrore dietro le interpretazioni infantili.
L’innocenza di Bruno non è solo narrativa ma anche morale: il bambino non ha preconcetti razziali, non comprende la logica della discriminazione e vede in Shmuel semplicemente un coetaneo con cui condividere giochi e confidenze. La sua purezza d’animo contrasta drammaticamente con l’ideologia nazista che permea l’ambiente familiare.
Temi e significati Il romanzo esplora il tema dell’amicizia che trascende le barriere artificiali create dagli adulti. L’amicizia tra Bruno e Shmuel rappresenta la possibilità di rapporti umani autentici anche nelle circostanze più estreme, mostrando come i bambini siano naturalmente estranei all’odio razziale che deve essere loro insegnato.
Un altro tema centrale è quello della responsabilità morale e della complicità. Attraverso la famiglia di Bruno, Boyne mostra come l’orrore dell’Olocausto sia stato possibile anche grazie al silenzio e alla complicità di persone “normali”. La madre di Bruno, inizialmente ignara della vera natura del lavoro del marito, rappresenta quella parte della popolazione tedesca che ha preferito non vedere e non sapere.
Critiche e controversie Il romanzo ha suscitato dibattiti significativi tra storici e critici. Alcuni hanno criticato la rappresentazione considerata troppo semplificata dell’Olocausto, sostenendo che la prospettiva infantile, pur emotivamente efficace, rischi di banalizzare la complessità storica e morale della Shoah. Altri hanno contestato alcune inverosimiglianze narrative, come la possibilità per Bruno di avvicinarsi così facilmente al campo e di entrarvi senza essere notato.
Tuttavia, i sostenitori dell’opera sottolineano che l’intenzione di Boyne non era quella di fornire un resoconto storiografico accurato, ma di creare una favola morale che potesse trasmettere, specialmente ai giovani lettori, i valori dell’umanità e della tolleranza.
Valore pedagogico Nonostante le controversie, il romanzo ha avuto un impatto educativo significativo, diventando lettura scolastica in molti paesi. La sua capacità di rendere accessibile ai giovani lettori uno dei capitoli più bui della storia umana ne ha fatto uno strumento pedagogico prezioso per l’educazione alla memoria e ai diritti umani.
Stile narrativo Boyne adotta uno stile semplice e diretto, adatto alla prospettiva infantile del protagonista. La narrazione procede con ritmo sostenuto verso il tragico epilogo, mantenendo il lettore in una tensione crescente. L’autore utilizza efficacemente l’ironia drammatica: il lettore adulto comprende situazioni e pericoli che sfuggono al protagonista bambino, creando un effetto di partecipazione emotiva intensa.
Il finale e il suo impatto Il finale tragico, con la morte di Bruno nelle camere a gas insieme a Shmuel, rappresenta il momento di massima potenza emotiva del romanzo. La morte dell’innocente tedesco insieme al bambino ebreo simboleggia l’universalità della sofferenza umana e l’assurdità della logica razzista. Il dolore dei genitori di Bruno, che comprendono troppo tardi la realtà, diventa metafora del risveglio di coscienza collettivo.
Eredità culturale “Il bambino col pigiama a righe” ha contribuito a mantenere viva la memoria dell’Olocausto presso le nuove generazioni, dimostrando come la letteratura possa essere strumento efficace di trasmissione di valori morali e di coscienza storica. Pur nelle sue semplificazioni narrative, l’opera riesce a comunicare l’importanza fondamentale del rispetto per la dignità umana e del rifiuto di ogni forma di discriminazione.
Il romanzo si inserisce nella tradizione della letteratura per ragazzi che affronta temi difficili, dimostrando come sia possibile parlare anche ai più giovani di argomenti complessi senza banalizzarli, ma rendendoli comprensibili attraverso il linguaggio universale delle emozioni umane.
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