
Cola di Rienzo
28 Dicembre 2019
Le crociate
28 Dicembre 2019La monarchia francese del Trecento attraversò una delle crisi più profonde della sua storia medievale, dovendo affrontare contemporaneamente la Guerra dei Cent’anni, devastanti epidemie, rivolte sociali e una grave crisi dinastica che mise in discussione la stessa legittimità del potere regio.
L’eredità di Filippo il Bello e la crisi dinastica
Il regno di Filippo IV il Bello (1285-1314) aveva portato la monarchia francese all’apogeo del suo prestigio medievale. La vittoria sul papato nella controversia con Bonifacio VIII, l’annientamento dell’ordine templare e il rafforzamento dell’amministrazione regia sembravano aver consolidato definitivamente l’autorità monarchica.
Tuttavia, la morte prematura dei tre figli di Filippo il Bello – Luigi X (1314-1316), Filippo V (1316-1322) e Carlo IV (1322-1328) – tutti senza eredi maschi diretti, aprì una crisi successoria senza precedenti. L’estinzione della dinastia capetingia diretta nel 1328 pose il problema fondamentale della legittimità dinastica e dell’applicazione di quella che sarebbe diventata nota come “legge salica”.
L’ascesa di Filippo VI di Valois nel 1328, nipote di Filippo il Bello per via collaterale, fu contestata da Edoardo III d’Inghilterra, nipote dello stesso re per via materna. Questa disputa successoria fornì il pretesto legale per l’inizio della Guerra dei Cent’anni, che avrebbe devastato la Francia per oltre un secolo.
Gli inizi della Guerra dei Cent’anni e le prime sconfitte
La guerra iniziò nel 1337 quando Filippo VI confiscò la Guienna, feudo inglese in territorio francese. La risposta di Edoardo III fu la rivendicazione della corona francese, trasformando quello che inizialmente era un conflitto feudale in una guerra dinastica di portata europea.
Le prime fasi del conflitto rivelarono immediatamente le debolezze del sistema militare francese. La battaglia di Crécy (1346) segnò una svolta epocale: l’arco lungo inglese annientò la cavalleria pesante francese, simbolo della superiorità militare della nobiltà feudale. La morte di numerosi grandi vassalli, incluso il conte d’Alençon, fratello del re, dimostrò che i tradizionali metodi di combattimento medievali erano ormai obsoleti.
L’assedio di Calais (1346-1347) consolidò la presenza inglese sul suolo francese, creando una testa di ponte che sarebbe rimasta in mani nemiche per oltre due secoli. La resa della città, immortalata nell’episodio dei “borghesi di Calais”, simboleggiò l’umiliazione della monarchia francese di fronte all’invasore straniero.
Il regno di Giovanni il Buono e la catastrofe di Poitiers
L’ascesa al trono di Giovanni II il Buono nel 1350 coincise con l’intensificarsi della crisi. Il nuovo re, pur animato da buone intenzioni riformatrici, si trovò ad affrontare problemi che andavano ben oltre le sue capacità.
La battaglia di Poitiers (1356) rappresentò il punto più basso della monarchia francese medievale. Giovanni il Buono fu catturato dal Principe Nero insieme a numerosi grandi del regno, lasciando la Francia senza guida effettiva. Il riscatto richiesto dagli inglesi – tre milioni di scudi d’oro – era superiore al prodotto interno lordo del regno, rendendo evidente l’impossibilità di sostenere finanziariamente il conflitto con i metodi tradizionali.
La cattività del re a Londra (1356-1360) creò un vuoto di potere che il delfino Carlo, futuro Carlo V, riuscì a colmare solo parzialmente. La reggenza del delfino fu caratterizzata da continue difficoltà: mancanza di denaro, rivolte urbane, scorrerie delle compagnie di ventura, contestazioni della nobiltà.
Le rivolte sociali e la crisi dell’autorità
La debolezza della monarchia durante questo periodo scatenò una serie di rivolte che misero in discussione l’intero ordine sociale medievale. La rivolta di Étienne Marcel a Parigi (1356-1358) vide la borghesia cittadina tentare di imporre un controllo parlamentare sulla monarchia, anticipando di secoli tematiche che sarebbero riemerge durante la Rivoluzione francese.
Marcel, prevosto dei mercanti di Parigi, riuscì temporaneamente a imporre al delfino una “Grande Ordinanza” che limitava drasticamente i poteri regi, istituiva un controllo degli Stati Generali sulle finanze e prevedeva riforme amministrative radicali. L’assassinio del maresciallo di Champagne e del maresciallo di Normandia alla presenza del delfino nel 1358 dimostrò fino a che punto la borghesia parigina fosse disposta a spingersi per imporre le proprie rivendicazioni.
Contemporaneamente, la Jacquerie (1358) sconvolse le campagne dell’Île-de-France e della Piccardia. Questa rivolta contadina, guidata da Guillaume Cale, fu caratterizzata da una violenza inaudita contro la nobiltà. I contadini, esasperati dalle tassazioni eccessive, dalle devastazioni della guerra e dall’incapacità dei signori di proteggerli, si sollevarono contro l’intero sistema feudale.
La repressione della Jacquerie fu altrettanto brutale della rivolta stessa. La nobiltà, guidata da Carlo il Cattivo re di Navarra e dal delfino, massacrò indiscriminatamente i ribelli, ma l’episodio aveva dimostrato la fragilità dell’ordine sociale tradizionale.
Carlo V e la ripresa monarchica
L’ascesa al trono di Carlo V nel 1364 segnò l’inizio della riscossa francese. Il nuovo re, soprannominato “il Saggio”, comprese che la restaurazione dell’autorità monarchica richiedeva riforme profonde dell’amministrazione e dell’esercito.
Carlo V rivoluzionò l’arte militare francese abbandonando le tattiche cavalleresche tradizionali. Sotto la guida di Bertrand du Guesclin, nominato connestabile di Francia, l’esercito regio adottò la strategia della guerra di logoramento, evitando le battaglie campali e privilegiando assedi, imboscate e razzie.
Questa nuova strategia si rivelò vincente. Tra il 1369 e il 1380, i francesi riconquistarono sistematicamente tutti i territori perduti, ad eccezione di Calais e di alcune piazzaforti costiere. La morte del Principe Nero nel 1376 privò gli inglesi del loro miglior comandante, facilitando la riscossa francese.
Sul piano interno, Carlo V rafforzò l’amministrazione centrale, sviluppò un sistema fiscale più efficiente e promosse la cultura come strumento di legittimazione politica. La sua biblioteca, che divenne il nucleo della futura Biblioteca Nazionale, e il mecenatismo verso artisti e intellettuali contribuirono a ricostruire il prestigio della monarchia.
Le riforme amministrative e fiscali
La crisi del Trecento costrinse la monarchia francese a modernizzare profondamente le proprie strutture. L’impossibilità di finanziare la guerra con le entrate feudali tradizionali portò alla creazione di un sistema fiscale permanente basato su imposte dirette e indirette.
La “taille”, inizialmente un’imposta straordinaria per il riscatto di Giovanni il Buono, divenne permanente sotto Carlo V. Questa trasformazione segnò il passaggio da un sistema di prelievo feudale basato sui servizi personali a un sistema fiscale moderno basato sul denaro.
L’amministrazione regia si specializzò e si burocratizzò. La cancelleria regia, il Parlamento di Parigi, la Camera dei Conti divennero istituzioni permanenti con competenze specifiche. I balivi e i siniscalchi, rappresentanti del potere regio nelle province, acquisirono maggiori poteri a scapito dell’autonomia feudale.
La crisi religiosa e il Grande Scisma
La monarchia francese del Trecento dovette confrontarsi anche con la crisi della cristianità occidentale. Il trasferimento della sede papale ad Avignone (1309-1377), pur favorendo inizialmente l’influenza francese sulla Chiesa, finì per compromettere il prestigio della monarchia quando scoppiò il Grande Scisma (1378-1417).
La Francia sostenne il papa di Avignone contro quello di Roma, trovandosi schierata contro gran parte dell’Europa. Questa divisione religiosa complicò ulteriormente i rapporti internazionali e privò la monarchia francese di un importante strumento di legittimazione.
L’eredità del Trecento
Il Trecento francese, pur caratterizzato da crisi profonde, gettò le basi della monarchia moderna. Le riforme di Carlo V, la modernizzazione dell’amministrazione, lo sviluppo del sistema fiscale permanente, la professionalizzazione dell’esercito crearono gli strumenti che avrebbero permesso ai successori di costruire lo stato assoluto.
La crisi insegnò alla monarchia l’importanza del consenso. Gli Stati Generali, pur non riuscendo a imporre un controllo permanente sul potere regio, dimostrarono che la legittimità monarchica non poteva più basarsi esclusivamente sul diritto divino ma doveva tener conto delle aspirazioni dei sudditi.
Il Trecento francese rappresenta così un momento di transizione fondamentale: la crisi delle strutture medievali aprì la strada alla nascita dello stato moderno, anticipando trasformazioni che si sarebbero compiute pienamente nei secoli successivi. La monarchia che emerse da questa prova era profondamente diversa da quella di Filippo il Bello: più burocratica, più dipendente dal consenso, ma anche potenzialmente più forte perché dotata di strumenti amministrativi e militari più efficaci.