L’ultima notte di Troia Eneide II 250-295

Testo originale di Virgilio:

📜 TESTO LATINO – Eneide II, vv. 250–295

Sic fatus, validis ingentem viribus hastam
in latus inque feri curvam compagibus alvum
contorsit. Stetit illa tremens, uteroque recusso
insonuere cavae gemitumque dedere cavernae.
Et, si fata deum, si mens non laeva fuisset,
impulerat ferro Argolicas foedare latebras,
Troiaque nunc staret, Priamique arx alta maneres.

Ecce, manus iuvenem interea post terga revinctum
pastores magno ad regem clamore trahebant
Dardanidae, qui se ignotum venientibus ultro,
hoc ipsum ut strueret Troiamque aperiret Achivis,
obtulerat, fidens animi atque in utrumque paratus,
seu versare dolos seu certae occumbere morti.

Undique visendi studio Troiana iuventus
circumfusa ruit, certantque inludere capto.
Accipe nunc Danaum insidias, et crimine ab uno
disce omnis.

Namque ut conspectu in medio turbatus, inermis
constitit, atque oculis Phrygia agmina circumspexit,
“Heu, quae nunc tellus,” inquit, “quae me aequora possunt
accipere? aut quid iam misero mihi denique restat,
cui neque apud Danaos usquam locus, et super ipsi
Dardanidae infensi poenas cum sanguine poscunt?”

Quae lacrimans longe multumque supplexque tulisset,
demissos vultum, et vox iam fessa, rogando
concessere animi: et rebus succurrere fessis
et captivum infido reddere classi
hortamur socii et quae sit fiducia capto.

Ille dolos instructa arte utque arte Pelasga
prodit, et inspectant socios ad litora cogit.
“Omnia” namque “vobis, si vera feretis,
Argolicae nobis restituentur moenia terrae.”

🇮🇹 Traduzione in italiano:

Così parlò, e con grande forza scagliò
una lunga lancia nel fianco e nel ventre ricurvo
del gran cavallo costruito con giunture ben salde.
La lancia vi si conficcò tremando, e la cavità
risuonò rimbombando, emettendo un gemito.
E, se il volere divino, se il destino non fosse stato ostile,
egli avrebbe costretto i Troiani a sventrare
l’inganno greco con le armi: Troia ora esisterebbe ancora,
e l’alta rocca di Priamo sarebbe salva.

Intanto, ecco: i pastori troiani trascinavano
con grandi grida verso il re
un giovane con le mani legate dietro la schiena,
il quale, ignoto a tutti, si era consegnato spontaneamente,
con l’intento di ingannarli e spalancare Troia ai Greci.
Sicuro di sé, era pronto a tutto,
tanto a mentire con astuzia quanto a morire.

Tutti i giovani troiani, curiosi di vedere lo sconosciuto,
accorrevano e si affollavano intorno a lui,
gareggiando nel deriderlo.
Ora ascolta le insidie dei Danai, e impara da questo delitto
quanto fossero falsi tutti.

Infatti, quando si trovò al centro della folla,
turbato, disarmato, si fermò
e guardò attorno gli schieramenti dei Frigi,
poi disse: «Ahimè, quale terra o quale mare
potrà ormai accogliermi?
Cosa mi resta, a me infelice,
che non ho più un posto tra i Greci
e qui i Troiani stessi reclamano il mio sangue come pena?»

Piangeva, supplicava a lungo, abbassando il volto,
e la voce stanca nel pregare
commosse i cuori. Decidemmo allora,
stanchi anche noi della guerra,
di non riconsegnarlo ai suoi,
ma di ascoltare cosa lo spingesse a fidarsi così.

Egli allora, pieno d’inganni e secondo l’arte greca,
iniziò a raccontare, e li spinse a fidarsi dei suoi compagni
nascosti sulle coste.
«Tutto – disse – vi sarà rivelato,
se sarete sinceri con me:
l’esercito acheo tornerà a prendere le mura della nostra patria.»