
La terza declinazione: terzo gruppo e particolarità
28 Dicembre 2019
Star of the County down
28 Dicembre 2019Testo, parafrasi, analisi e commento del brano tratto da Senilità di Italo Svevo, noto anche come “una triste commedia”:
📜 Testo originale di Svevo e Parafrasi del brano
Il carnevale: “una triste commedia” da Senilità testo originale di Italo Svevo
Una sera, al principio di Gennaio, il Balli, con un infinito malumore, camminava soletto l’Acquedotto. Gli mancava la compagnia d’Emilio il quale aveva accompagnata la sorella ad una visita, e Margherita ancora non era stata rimpiazzata. Il cielo era chiaro ad onta dello scirocco che incombeva già dalla mattina sulla città. Pareva impossibile che a quella temperatura fredda e umida resistesse il tisico carnevale iniziatosi quella sera con un primo ballo mascherato. – Oh, avere qui un cane per far addentare quei polpacci! – pensò il Balli vedendo passare due pierrettes con le gambe nude. Quel carnevale, perché meschino, gli dava un’ira da moralista; più tardi, molto più tardi, anche lui vi avrebbe partecipato, dimentico del tutto di quell’ira, innamorato del lusso e dei colori. Ma intanto ricordava d’assistere al preludio di una triste commedia. Incominciava a formarsi il vortice che per un istante avrebbe sottratto l’operaio, la sartina, il povero borghese alla noia della vita volgare per condurli poi al dolore. Ammaccati, sperduti, alcuni sarebbero ritornati all’antica vita divenuta però più greve; gli altri non avrebbero trovato mai più la quaresima. Sbadigliò di nuovo; anche il proprio pensiero l’annoiava. – Sa di scirocco – pensò e guardò di nuovo la luna luminosa che poggiava sul monte come su un piedestallo. Ma il suo occhio si fermò su tre figure che scendevano l’Acquedotto. Lo colpirono perché subito s’accorse che tutt’e tre si tenevano per mano. Un uomo tozzo e piccolo in mezzo, due donne, due figure slanciate, ai lati; pareva un’ironia ch’egli si propose di scolpire. Avrebbe vestite le due donne alla greca, l’uomo in una giubba moderna; avrebbe dato alle donne il riso forte delle baccanti, all’uomo avrebbe stampato in faccia la fatica e la noia. Ma avvicinatesi le figure, egli dimenticò del tutto quella visione. Una delle donne era Angiolina, l’altra certa Giulia, una ragazza non bella che Angiolina aveva fatta conoscere al Balli e ad Emilio. Non conosceva l’uomo che passò a pochi passi da lui, la testa alta e sorridente, veneranda per una grande barba bruna. Non era il Volpini ch’era fulvo Giolona rideva di cuore col suo riso sonoro e dolce; certo l’uomo era là per lei, e a Giulia veniva premuta la mano soltanto in grazia sua. Il Balli lo credette fermamente senza però saperne dire il perché, la propria forza d’osservazione lo divertì tanto che dimenticò la noia di tutta la serata. – Ecco un’occupazione originale; farò la spia! – Li seguì tenendosi nell’ombra sotto gli alberi. Giolona rideva assai, quasi ininterrottamente, mentre Giulia, per prendere parte alla conversazione, si protendeva perché i due alla sua destra troppo spesso si dimenticavano di lei. |
Parafrasi in linguaggio corrente In una sera di gennaio, Balli passeggiava da solo lungo l’Acquedotto, di cattivo umore. Gli mancava la compagnia dell’amico Emilio, che era uscito con la sorella, e anche Margherita non era ancora stata rimpiazzata. Nonostante il cielo fosse sereno, lo scirocco — vento umido e fastidioso — già incombeva fin dal mattino. Sembrava quasi incredibile che, con quel freddo umido, potesse cominciare il carnevale, inaugurato quella sera con un primo ballo in maschera. Vedendo passare due donne travestite da pierrettes (maschere tipiche) con le gambe nude, Balli si sentì infastidito e, con spirito sarcastico, pensò: “Ah, se avessi un cane per fargli mordere i polpacci!”. Quel carnevale povero e malinconico gli dava fastidio come se fosse un moralista indignato; più avanti, però, anche lui vi avrebbe partecipato con entusiasmo, dimenticando la sua attuale irritazione, attratto dalla ricchezza e dai colori. Intanto, però, sentiva di assistere al preludio di una triste commedia: un momento fugace in cui lavoratori, sarte e borghesi si staccavano dalla quotidianità noiosa, per poi ricadere nel dolore. Alcuni sarebbero tornati alla vita di prima, ma peggiorata; altri non sarebbero mai più riusciti a “tornare alla quaresima”, cioè alla normalità dopo l’evasione. Balli sbadigliò di nuovo, annoiato anche dai propri pensieri, che gli sembravano impregnati di scirocco. Alzò lo sguardo sulla luna chiara, poggiata come su un piedistallo sopra il monte. Poi notò tre figure che scendevano lungo l’Acquedotto: un uomo tozzo al centro e due donne slanciate ai lati, tutti e tre si tenevano per mano. La scena gli sembrò ironica: immaginò le donne vestite all’antica e l’uomo in abiti moderni, le donne ridenti come baccanti, e l’uomo segnato dalla stanchezza. Quando si avvicinarono, però, la visione svanì: riconobbe Angiolina, Giulia e un uomo sconosciuto con una barba bruna e un’aria fiera. Pensò che quell’uomo fosse lì per Angiolina (chiamata affettuosamente Giolona), mentre Giulia era lì solo per accompagnare. Balli si compiacque della sua capacità d’osservazione e, divertito, decise di seguirli di nascosto, come una spia. Angiolina rideva molto, mentre Giulia si sforzava di partecipare alla conversazione, cercando di colmare il disinteresse degli altri due. |
🔍 Analisi del brano
📌 Contesto narrativo
Il passo si inserisce all’interno del romanzo Senilità (1898), una delle opere chiave di Italo Svevo. In questo brano il carnevale fa da sfondo simbolico e contrappunto amaro alla vicenda umana dei personaggi. Emilio, Angiolina, Balli e Giulia rappresentano un microcosmo di debolezze, illusioni e delusioni.
🎭 Il carnevale come “triste commedia”
Il carnevale dovrebbe essere un momento di gioia, evasione e gioco. Tuttavia, Svevo lo descrive come malato (“tisico”), meschino, pieno di illusioni effimere e destinato a produrre sofferenza. Il “vortice” di maschere e sogni coinvolge i personaggi per pochi istanti, solo per restituirli alla loro realtà ancora più vuota. È il simbolo della finzione sociale, dell’autoinganno e della fragilità umana.
👁️🗨️ Balli e lo sguardo ironico
Balli osserva con sarcasmo e distacco, ma la sua “posa da moralista” è ambigua: anche lui, infatti, cadrà nel gioco del carnevale. La sua superiorità è solo apparente, e il fatto che decida di “fare la spia” rivela la sua immaturità emotiva, l’invidia e la morbosa curiosità per ciò che sfugge al suo controllo.
👩❤️👨 Angiolina e il triangolo
Il fatto che Angiolina sia con un altro uomo lo colpisce profondamente, anche se finge di analizzare la scena con distacco. Il riso continuo di lei e la marginalità di Giulia anticipano la solitudine e l’inganno amoroso che sono al cuore del romanzo.
✍️ Commento
In questo brano, Svevo mostra tutta la sua visione disincantata e pessimistica della vita moderna: i personaggi cercano di fuggire la monotonia e la mediocrità dell’esistenza, ma la loro evasione è solo temporanea e illusoria. Il carnevale, invece di rappresentare un momento liberatorio, si trasforma in una recita amara, una “triste commedia” in cui ognuno indossa una maschera per nascondere la propria fragilità.
La narrazione si fa fortemente introspettiva: più che i fatti, conta lo sguardo interiore dei personaggi e il modo in cui filtrano la realtà attraverso le loro illusioni e paure. Il Balli è l’emblema della senilità spirituale evocata dal titolo: una vecchiaia dell’anima, un’inettitudine al vero sentire e vivere.