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28 Dicembre 2019Analisi e testo della fiaba “Il Fiorentino” di Italo Calvino
La fiaba “Il Fiorentino” , raccolta da Italo Calvino nel suo celebre volume Fiabe italiane , è una narrazione popolare che combina elementi tipici delle fiabe tradizionali – come l’avventura, il pericolo e l’ingegno – con tematiche legate all’identità culturale e alla ricerca di esperienze significative. La storia si sviluppa intorno al protagonista, un uomo di Firenze che, insoddisfatto della sua vita monotona, decide di intraprendere un viaggio per acquisire storie da raccontare. Attraverso la narrazione, emergono temi come la curiosità umana, l’inganno, la sopravvivenza e il ritorno alla semplicità.
Struttura della fiaba
- Introduzione (la motivazione del viaggio):
- Il Fiorentino, stanco di sentirsi “citrullo” perché non ha nulla da raccontare, decide di partire per vedere il mondo e tornare con storie interessanti.
- Questa decisione riflette il desiderio universale di crescita personale e di riconoscimento sociale.
- Sviluppo (il viaggio e l’incontro con il Gigante):
- Durante il viaggio, il Fiorentino incontra altre persone (un curato e un fattore) che decidono di unirsi a lui, amplificando il senso di avventura collettiva.
- L’arrivo al palazzo del Gigante segna un punto di svolta: mentre i compagni cadono vittime dell’astuzia mortale del Gigante, il Fiorentino, grazie alla sua curiosità e ingegno, riesce a salvarsi.
- Climax (l’inganno al Gigante):
- Il Fiorentino usa la sua astuzia per convincere il Gigante a lasciarsi legare a una tavola di marmo, fingendo di volerlo curare per l’occhio malato.
- L’uso dell’olio bollente per accecare il Gigante rappresenta un momento di ribaltamento dei ruoli: il cacciatore diventa preda, e il predestinato alla morte diventa artefice della propria salvezza.
- Conclusione (il ritorno a Firenze):
- Il Fiorentino, dopo aver subito una punizione simbolica (il dito di marmo causato dall’anello fatato), torna a casa con una nuova consapevolezza.
- La fiaba si chiude con una nota ironica: il protagonista, pur avendo vissuto un’avventura straordinaria, sceglie di non raccontarla, preferendo una vita semplice e priva di vanagloria.
Temi principali
- Curiosità e desiderio di conoscenza:
- Il Fiorentino rappresenta il prototipo dell’uomo curioso, che vuole esplorare il mondo per arricchire la propria esperienza e acquisire prestigio sociale. Tuttavia, la sua sete di avventure lo porta a situazioni pericolose, dimostrando che la curiosità può essere tanto fonte di crescita quanto di rischio.
- Inganno e astuzia:
- L’inganno è un elemento centrale della fiaba: il Gigante inganna il curato e il fattore, mentre il Fiorentino riesce a ingannare il Gigante stesso. Questo gioco di inganni riflette il tema della sopravvivenza in un mondo ostile, dove l’intelligenza e la capacità di adattamento sono fondamentali.
- Punizione e redenzione:
- Il Fiorentino viene punito per la sua avidità (il dito di marmo causato dall’anello fatato), ma trova la redenzione attraverso un sacrificio (tagliarsi il dito). Questo episodio suggerisce che ogni azione ha delle conseguenze e che la vera saggezza sta nell’accettare i propri limiti.
- Ritorno alla semplicità:
- Alla fine della fiaba, il Fiorentino rinuncia alla vanità di raccontare le sue avventure, preferendo una vita tranquilla. Questo finale riflette un ideale di modestia e soddisfazione interiore, contrapposto alla ricerca ossessiva di fama e riconoscimento.
Personaggi e loro funzioni
- Il Fiorentino:
- Protagonista della storia, rappresenta l’umanità nella sua ricerca di significato e avventura. È curioso, astuto e coraggioso, ma anche incline a sottovalutare i rischi.
- Il Gigante:
- Antagonista della fiaba, simboleggia il pericolo e la minaccia costante che incombe sul protagonista. Il Gigante è crudele e astuto, ma alla fine viene ingannato dal Fiorentino.
- Il curato e il fattore:
- Funzionano come figure di supporto, che accompagnano il Fiorentino nella sua avventura. La loro morte serve a evidenziare il pericolo del viaggio e a mettere in risalto l’ingegno del protagonista.
- L’anello fatato:
- Strumento narrativo che introduce un elemento magico e simbolico. L’anello rappresenta la tentazione e le conseguenze negative di un comportamento avido o imprudente.
Simbolismo e interpretazione
- Il viaggio come metafora della vita: Il viaggio del Fiorentino può essere letto come una metafora del percorso umano verso la conoscenza e la saggezza. Ogni tappa del viaggio rappresenta un’esperienza formativa, che porta il protagonista a crescere e a comprendere meglio se stesso e il mondo.
- Il Gigante come figura archetipica: Il Gigante incarna l’ostacolo insormontabile, il pericolo che minaccia la vita del protagonista. Sconfiggerlo richiede non solo coraggio, ma anche astuzia e ingegno, qualità che distinguono l’uomo dalla forza bruta.
- Il dito di marmo: Il dito trasformato in marmo simboleggia il peso delle azioni compiute e delle scelte fatte durante il viaggio. Il sacrificio del taglio del dito rappresenta la necessità di abbandonare qualcosa di sé per raggiungere la libertà e la pace interiore.
Commento critico
“Il Fiorentino” è una fiaba che mescola elementi comici, drammatici e morali, riflettendo lo spirito delle narrazioni popolari toscane. Attraverso il protagonista, Calvino esplora il tema universale della ricerca di senso e della crescita personale, mostrando come l’esperienza possa trasformare un individuo.
La fiaba è caratterizzata da un tono ironico e leggero, tipico dello stile di Calvino, che riesce a bilanciare momenti di tensione con tocchi di humor. L’uso di elementi magici (l’anello fatato) e di situazioni paradossali (il dito di marmo) aggiunge un ulteriore livello di fascino alla narrazione, rendendola accessibile e divertente per ogni tipo di lettore.
Alla fine, il messaggio della fiaba è profondamente umano: la vera saggezza non sta nell’accumulare esperienze per vantarsene, ma nel vivere in modo autentico e consapevole, accettando i propri limiti e trovando gioia nelle piccole cose. 😊
Testo originale della fiaba “Il Fiorentino” di Italo Calvino
che aveva viaggiato e visto il mondo. Lui non aveva nulla da raccontare perché era sempre rimasto a
Firenze e gli pareva di far la parte del citrullo.
Così gli venne voglia di viaggiare; non ebbe pace finché non ebbe venduto tutto, fatto i bagagli e fu
partito. Cammina cammina, a buio chiese alloggio per la notte in casa d’un curato. Il curato lo invitò a
cena e mangiando gli chiedeva il perché del suo viaggio. E sentito che il Fiorentino viaggiava per poter
poi tornare a Firenze e aver qualcosa da raccontare disse: – Anche a me m’è venuto più volte questo
desiderio: quasi quasi, se non vi dispiace, possiamo andare insieme.
– Si figuri, – disse il Fiorentino. – Non mi par vero di trovare compagnia.
E la mattina partirono assieme, il Fiorentino e il curato.
A buio arrivarono a una fattoria. Chiesero alloggio e il fattore chiese: – E perché siete in viaggio? –
Quando l’ebbe saputo gli venne voglia di viaggiare anche a lui, e all’alba partì con loro.
I tre fecero molta strada insieme, finché arrivarono al palazzo d’un gigante. – Bussiamo, – disse il
Fiorentino, – così quando torniamo a casa avremo da raccontare di un Gigante.
Il Gigante venne ad aprire in persona e li ospitò. – Se volete restare con me, – disse poi, – qui alla
Cura mi manca un curato, alla fattoria mi manca un fattore, e per il Fiorentino, sebbene di fiorentini
non ne abbia bisogno, si troverà un posto anche per lui.
I tre si dissero: – Be’, a stare al servizio di un Gigante si vedranno certo cose fuori dell’ordinario;
chissà quante potremo raccontarne poi! – e accettarono. Li portò a dormire e rimasero intesi che
l’indomani avrebbero combinato tutto.
L’indomani il Gigante disse al curato: – Venga con me che le faccio vedere le carte della Cura, – e lo
condusse in una stanza. Il Fiorentino, che era un gran curioso, e non voleva perdere l’occasione di
vedere cose interessanti, mise l’occhio al buco della chiave e vide che mentre il curato si chinava a
guardare le carte, il Gigante alza una sciabola, gli taglia la testa, e lo butta testa e corpo in una botola.
“Questa sì che sarà da raccontare a Firenze! – pensò il Fiorentino. – Il guaio sarà che non mi
crederanno”.
– Il curato l’ho messo al suo posto, – disse il Gigante, – ora sistemerò il fattore; venga che le mostro le
carte della fattoria.
E il fattore, senza sospettare niente, seguì il Gigante in quella stanza.
Il Fiorentino dal buco della chiave lo vede chinarsi sulle carte e poi la sciabola del Gigante
piombargli tra capo e collo, e poi lui decapitato finire nella botola.
Già si stava rallegrando di quante cose straordinarie poteva raccontare al suo ritorno, quando gli
venne in mente che dopo il curato e il fattore sarebbe toccato a lui, e che quindi non avrebbe potuto
raccontare proprio niente. E gli venne una gran voglia di scappare, ma il Gigante uscì dalla stanza e gli
disse che prima di sistemare lui voleva andare a pranzo. Si sedettero a tavola, e il Fiorentino non riusciva
a ingollare nemmeno un boccone, e studiava un suo piano per sfuggire dalle mani del Gigante.
Il Gigante aveva un occhio che guardava male. Finito il pranzo il Fiorentino principiò a dire: –
Peccato! Lei è tanto bello, ma codest’occhio…
Il Gigante a sentirsi osservato in quell’occhio, stava a disagio, e cominciò ad agitarsi sulla sedia, a
batter le palpebre e ad aggrottare le sopracciglia.
– Sa? – disse il Fiorentino, – io conosco un’erba, che per i mali degli occhi è un toccasana; mi pare
anzi d’averla vista qui nel prato del suo giardino.
– Ah, sì? Ah, sì? – fece subito il Gigante. – C’è qui nel prato? E andiamo a cercarla, allora.
E lo condusse nel prato, e il Fiorentino uscendo guardava bene porte e serrature per aver chiara in
testa la via per scappare. Nel prato colse un’erba qualunque: tornarono in casa e la mise a bollire in una
pentola d’olio.
– L’avverto che farà molto male, – disse al Gigante. – Lei è capace a resistere al dolore senza
muoversi?
– Be’, certo… certo che resisto… – fece il Gigante.
– Senta: sarà meglio che per tenerla ferma la leghi a questa tavola di marmo; se no lei si muove e
l’operazione non riesce.
Il Gigante che a farsi aggiustare quell’occhio ci teneva molto si lasciò legare alla tavola di marmo.
Quando fu legato come un salame, il Fiorentino gli rovesciò la pentola d’olio bollente negli occhi
accecandoglieli tutti e due: e poi, via, giù per le scale, pensando: “Anche questa la racconto!”
Il Gigante con un urlo che fece tremare la casa s’alzò e con la tavola di marmo legata sulle spalle si
mise a corrergli dietro a tentoni. Ma comprendendo che accecato com’era non l’avrebbe mai raggiunto
ricorse a un’astuzia: – Fiorentino! – gridò – Fiorentino! perché m’hai lasciato? Non mi finisci la cura?
Quanto vuoi per finire di guarirmi? Vuoi quest’anello? – E gli tirò un anello. Era un anello fatato.
– To’, – disse il Fiorentino, – questo lo porto a Firenze e lo faccio vedere a chi non mi crede! – Ma
appena l’ebbe raccolto e se lo fu infilato al dito, ecco che il dito gli diventa di marmo, pesante da
trascinare per terra la mano, il braccio e tutto lui dietro, lungo disteso. Ora il Fiorentino non poteva più
muoversi perché non ce la faceva a sollevare il dito. Cercò di sfilarsi l’anello dal dito ma non ci riusciva.
Il Gigante gli era quasi addosso. Disperato il Fiorentino trasse di tasca il coltello e si tagliò il dito: così
poté scappare e il Gigante non lo trovò più.
Arrivò a Firenze con un palmo di lingua fuor dalla bocca, e gli era passata la voglia non solo di girare
il mondo ma anche di raccontare dei suoi viaggi. E il dito disse che se l’era tagliato a falciare l’erba.