
Pessimismo eroico e opere scritte a Firenze e Napoli da Leopardi
28 Dicembre 2019
Lettura e commento di due poesie di Leopardi: La quiete dopo la tempesta e Il saba…
28 Dicembre 2019“A se stesso” è uno degli ultimi componimenti di Leopardi, scritto nel 1833 e incluso nei Canti.
È una delle poesie più cupe e disperate del poeta, espressione definitiva del pessimismo cosmico. Qui Leopardi abbandona ogni illusione e speranza, riconoscendo che l’unica certezza concessa all’uomo è la morte.
📜 Testo e Parafrasi
“A se stesso” testo di Leopardi
Or poserai per sempre, 1 |
Parafrasi della poesia1. L’illusione è finita 2. La vita è solo sofferenza 3. L’accettazione della disperazione 4. La vanità del tutto |
🔎 Analisi del testo
Temi principali
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La fine delle illusioni
La poesia rappresenta il culmine del pensiero leopardiano: non solo la speranza è svanita, ma perfino il desiderio di sperare. -
La vita come dolore e fango
Il mondo è descritto come “fango”, un termine che indica la materialità e la bassezza dell’esistenza. -
La disperazione come unica certezza
L’unico dono che il destino ha concesso all’umanità è la morte: tutto il resto è un’illusione. -
Il rifiuto della natura
Leopardi passa dalla concezione di una “Natura matrigna” alla totale negazione del suo valore: essa è solo un’illusione crudele.
Struttura e stile
- Metro: endecasillabi sciolti, che danno solennità e gravità al tono della poesia.
- Tono: secco, lapidario, quasi sentenzioso. Non ci sono figure retoriche elaborate: il dolore è espresso in modo diretto e tagliente.
- Ripetizioni: parole come “per sempre”, “nulla”, “disprezza” accentuano il senso di chiusura totale.
- Antitesi e contrasti: “inganno estremo” – “eterno”, “amaro e noia”, “fango è il mondo”, “dispera l’ultima volta”.
Commento
“A se stesso” è una poesia definitiva e spietata: Leopardi, ormai maturo, non cerca più illusioni né consolazioni. L’unica realtà è il nulla, la morte, l’assenza di significato. Il poeta accetta questa verità con un tono solenne e duro, quasi imperativo, come se volesse imporsi di non soffrire più.
Questo componimento può essere considerato il testamento spirituale di Leopardi: non vi è più spazio per la speranza, ma solo per un lucido, doloroso disprezzo per l’esistenza.