
La malora di Beppe Fenoglio
28 Dicembre 2019
Dal neolitico all’età dei metalli
28 Dicembre 2019“Ho fame della tua bocca” è una delle poesie più rappresentative dello stile di Pablo Neruda
Testo della poesia
Ho fame della tua bocca, della tua voce, del tuoi capelli
e vado per le strade senza nutrirmi, silenzioso,
non mi sostiene il pane, l’alba mi sconvolge,
cerco il suono liquido dei tuoi piedi nel giorno.
Sono affamato del tuo riso che scorre,
delle tue mani color di furioso granaio,
ho fame della pallida pietra delle tue unghie,
voglio mangiare la tua pelle come mandorla intatta.
Voglio mangiare il fulmine bruciato nella tua bellezza,
il naso sovrano dell’aitante volto,
voglio mangiare l’ombra fugace delle tue ciglia
e affamato vado e vengo annusando il crepuscolo,
cercandoti, cercando il tuo cuore caldo
come un puma nella solitudine di Quitratúe.
Pablo Neruda
1. Contesto e Temi
Questa poesia, di intensa passionalità, è un tipico esempio della poetica amorosa di Neruda. L’amore è qui rappresentato come un desiderio viscerale, fisico, che diventa una fame insaziabile. L’assenza dell’amata è vissuta come un tormento che lascia il poeta inquieto e vagante per le strade.
I temi principali sono:
- Il desiderio carnale: l’amore è vissuto come un bisogno fisico, come un’urgenza biologica.
- L’assenza e la ricerca: l’io lirico soffre l’assenza della persona amata e la cerca disperatamente.
- La natura e l’amore: molte immagini rimandano agli elementi naturali, un tratto tipico della poesia nerudiana.
2. Analisi del Testo
Prima strofa
“Ho fame della tua bocca, della tua voce, dei tuoi capelli
e vado per le strade senza nutrirmi, silenzioso,”
Il poeta esordisce con una dichiarazione d’amore fortemente sensuale e fisica. Non si parla di un amore platonico o romantico, ma di una fame vera e propria per la persona amata, che coinvolge la bocca, la voce e i capelli, elementi corporei e tattili.
L’immagine della fame viene enfatizzata dalla seconda riga: il poeta vaga senza nutrirsi, come se il cibo normale non fosse sufficiente. Solo la presenza dell’amata può colmare questo vuoto.
Seconda strofa
“non mi sostiene il pane, l’alba mi sconvolge,
cerco il suono liquido dei tuoi piedi nel giorno.”
Il bisogno è tale che neanche il pane, il nutrimento basilare, può sostenerlo. L’alba, spesso simbolo di speranza e rinascita, qui lo sconvolge: segno che il tormento è così forte da alterare la percezione del tempo e della realtà.
L’ossimoro “suono liquido” è una delle immagini più suggestive: il poeta cerca il rumore leggero dei passi dell’amata, quasi un’eco sfuggente e irraggiungibile.
Terza strofa
“Sono affamato del tuo riso che scorre,
delle tue mani color di furioso granaio,”
Qui l’immagine della fame si sposta sul riso, che viene descritto con un’immagine fluida (“che scorre”), enfatizzando il dinamismo e la vitalità della persona amata.
Le mani vengono paragonate a un “furioso granaio”, metafora potente che potrebbe richiamare la fertilità, la forza e la vita. L’uso dell’aggettivo “furioso” crea un contrasto interessante: l’amore è qui rappresentato come un’energia tumultuosa.
Quarta strofa
“ho fame della pallida pietra delle tue unghie,
voglio mangiare la tua pelle come mandorla intatta.”
Si torna a immagini più fisiche. L’uso della pietra per descrivere le unghie può suggerire durezza e resistenza, ma anche preziosità.
Il desiderio diventa ancora più viscerale nella seconda riga: la pelle dell’amata è paragonata a una mandorla intatta, una similitudine che evoca dolcezza, fragranza e purezza.
Quinta strofa
“Voglio mangiare il fulmine bruciato nella tua bellezza,
il naso sovrano dell’aitante volto,”
L’immagine del “fulmine bruciato” è dirompente: il poeta desidera possedere l’essenza ardente della bellezza dell’amata, un fuoco che consuma e illumina.
Il “naso sovrano” suggerisce fierezza, una bellezza nobile e regale. Anche il volto è descritto come “aitante”, segno di fascino e imponenza.
Sesta strofa
“voglio mangiare l’ombra fugace delle tue ciglia
e affamato vado e vengo annusando il crepuscolo,”
Qui il poeta desidera persino qualcosa di impalpabile: “l’ombra fugace delle ciglia”, un’immagine delicata e intangibile.
Il verbo “annusando” rafforza l’idea della ricerca sensoriale: come un animale, il poeta segue le tracce dell’amata nel crepuscolo.
Ultima strofa
“cercandoti, cercando il tuo cuore caldo
come un puma nella solitudine di Quitratúe.”
Il poeta continua la sua ricerca, questa volta associandosi a un puma, un predatore solitario che simboleggia forza e desiderio inarrestabile.
Il riferimento a Quitratúe (una località rurale del Cile) rafforza il legame tra l’amore e la natura selvaggia, un elemento ricorrente nella poesia nerudiana.
3. Stile e Figure Retoriche
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Metafore e Similitudini:
- La fame d’amore è resa attraverso metafore alimentari: “voglio mangiare la tua pelle come mandorla intatta”, “voglio mangiare il fulmine bruciato”.
- L’amata è associata a elementi naturali e sensoriali (il granaio, il fulmine, la pietra, il puma).
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Ossimori e Sinestesie:
- “suono liquido” combina udito e tatto in un’immagine suggestiva.
- “fulmine bruciato” unisce luce e fuoco, potenza e distruzione.
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Ripetizioni e Anafore:
- L’uso insistente di “ho fame”, “voglio mangiare”, “cercando” enfatizza l’ossessione e l’inappagamento del desiderio.
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Verbi dinamici:
- Il poeta vaga, cerca, annusa, creando un senso di movimento continuo e inquietudine.
4. Significato e Interpretazione
Questa poesia è una celebrazione dell’amore passionale e sensuale, ma anche un lamento per l’assenza dell’amata. Il desiderio diventa un bisogno fisico, una fame che non può essere saziata.
L’uso di immagini naturali e sensoriali crea un legame tra l’amore e la forza primitiva della natura, un tratto tipico della poesia di Neruda.
L’ultima immagine del puma nella solitudine suggerisce che il poeta è condannato a questa ricerca senza fine, un cacciatore che insegue un amore forse irraggiungibile.
5. Conclusione
“Ho fame della tua bocca” è un esempio perfetto della capacità di Neruda di trasformare il desiderio amoroso in immagini potenti e viscerali. La fame d’amore è totalizzante, un’ossessione che travolge il poeta e lo condanna a un’eterna ricerca.