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Andava a Rogoredo cover

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Pubblicato da Luigi Gaudio su 28 Dicembre 2019
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  • Luigi Gaudio
Andava a Rogoredo cover

La canzone “Andava a Rogoredo” racconta la storia di un uomo che vive una serie di disavventure e frustrazioni personali.

Il testo, scritto in dialetto milanese, racconta una situazione concreta e quotidiana, che riflette la capacità di Jannacci di cogliere e rappresentare la realtà con un tocco di umorismo e una certa crudezza.

Parafrasi e Analisi dei Versi

  1. “Quest ca sunt dré a cüntavv, l’è ‘na storia vera”
    • Questo che sto per raccontare è una storia vera.
  2. “De vün che l’è mai stà bún de dì de no”
    • Di uno che non è mai stato capace di dire di no.
  3. “I s’era conossü visin a la breda / Lì l’era d’ ruguréd e lü… su no!”
    • Si erano conosciuti vicino alla fiera. Lì, lui era di un’altra parrocchia, e l’altro… no!
  4. “Un dì lü l’avea menada a veder la fiera / La gh’eva un vestidin color del trasú”
    • Un giorno lui l’aveva portata a vedere la fiera. Lei indossava un vestitino color traslucido (chiaro).
  5. “Disse: ‘vorrei un krapfen… non ho moneta’ / ‘Pronti!’ el gh’ha dà dés chili… e l’ha vista pü!”
    • Lei disse: “Vorrei un krapfen, ma non ho soldi.” “Ecco!” lui le diede dieci chili e non la vide più.
  6. “Andava a rogoredo, cercava i suoi danée / Girava per rogoredo e vosava come un strascée”
    • Lui andava a Rogoredo cercando i suoi soldi, girava per Rogoredo e urlava come un disperato.

Ritornello:

  1. “No, no, no no, non mi lasciar / E no, no, no no, non mi lasciar mai, mai, mai!”
    • “No, no, no, non mi lasciare / E no, no, no, non mi lasciare mai, mai, mai!”

Analisi del Ritornello

Il ritornello, con la ripetizione insistente di “non mi lasciare,” esprime un disperato appello all’amore e alla stabilità, riflettendo un sentimento di abbandono e solitudine profonda.

Versi Successivi:

  1. “Triste è un mattin d’aprile senza l’amore!”
    • Triste è una mattina di aprile senza amore!
  2. “I gh’era vegnü anca in ment d’andà a ‘negass / (Là) Dove el navili l’è pussé negher”
    • Gli era venuto anche in mente di andare a “Negass” (un quartiere di Milano), dove il lavoro è più duro.
  3. “Dove i barcún i poeden no ‘rivà / E l’era bel fermott de giamò un quart d’ura”
    • Dove i barconi non possono arrivare e lui era rimasto fermo per un quarto d’ora.
  4. “E l’era passà anca el temp d’andà a timbrà / ‘Mi credi che ‘massàmm, ghe poeuss pensar süra”
    • Era passato anche il tempo di timbrare (l’uscita). “Credi che io non mi preoccupi di tutto questo, lo penserei sopra.”
  5. “’Dess voo a to’ i mè dés chili… poi si vedrà!”
    • “Lasciami i miei dieci chili… poi vedremo!”

Riflessione e Commento Finale

La canzone narra un racconto di disillusione e di lotte quotidiane. Jannacci usa il dialetto milanese e una narrazione vivida per dipingere un quadro della vita di persone comuni e delle loro frustrazioni. L’ironia è evidente nella descrizione delle disavventure dell’uomo e nella sua situazione disperata, che culmina in un appello straziante e ripetuto nel ritornello.

L’uso del dialetto, la rappresentazione di scene quotidiane e il ritornello emotivo contribuiscono a rendere la canzone un potente riflesso della condizione umana e sociale, con una miscela di umorismo amaro e riflessione profonda. Jannacci riesce a creare una connessione autentica con l’ascoltatore, mettendo in luce la lotta, la solitudine e il desiderio di appartenenza.

Testo della canzone

di Vincenzo Jannacci
Quest ca sunt dré a cüntavv, l’è ‘na storia vera
De vün che l’è mai stà bún de dì de no
I s’era conossü visin a la breda
Lì l’era d’ ruguréd e lü… su no!
Un dì lü l’avea menada a veder la fiera
La gh’eva un vestidin color del trasú
Disse: “vorrei un krapfen… non ho moneta”
“Pronti!” el gh’ha dà dés chili… e l’ha vista pü!
Andava a rogoredo, cercava i suoi danée
Girava per rogoredo e vosava come un strascée
No, no, no no, non mi lasciar
E no, no, no no, non mi lasciar mai, mai, mai!
No, no, no no, non mi lasciar
E no, no, no no, non mi lasciar mai, mai, mai!
Triste è un mattin d’aprile senza l’amore!
I gh’era vegnü anca in ment d’andà a ‘negass
(Là) Dove el navili l’è pussé negher
Dove i barcún i poeden no ‘rivà
E l’era bel fermott de giamò un quart d’ura
E l’era passà anca el temp d’andà a timbrà
“Mi credi che ‘massàmm, ghe poeuss pensar süra
‘Dess voo a to’ i mè dés chili… poi si vedrà!
Andava a rogoredo, cercava i suoi danée
Girava per rogoredo e vosava come un strascée
No, no, no no, non mi lasciar
No, no, no no, non mi lasciar mai, mai, mai!
E no, no, no no, non mi lasciar
No, no, no no, non mi lasciar mai, mai, mai!
No, no, no no, non mi lasciar
E no, no, no no, non mi lasciar mai, mai, mai!
No, no, no no, non mi lasciar
No, no, no no, non mi lasciar mai, mai, mai!
No, no, no no, non mi lasciar
No, no, no no, non mi lasciar mai, mai, mai!
No, no, no no, non mi lasciar
No, no, no no, non mi lasciar mai, mai, mai!

Audio Lezioni sulla Letteratura del novecento del prof. Gaudio

Ascolta “Letteratura del novecento” su Spreaker.

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