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11 Maggio 2025Oggetto: La scuola tradita dalla legge 22/2025 – Richiesta di abrogazione per errore categoriale
Buongiorno signor presidente,
La recente legge 22/2025 introduce nel lessico scolastico il concetto di “competenze non cognitive”, adottando la definizione europea di competenza. Tuttavia, tale trasposizione trascura una distinzione fondamentale: il significato funzionale del termine in ambito europeo e la sua struttura composita nel sistema normativo scolastico italiano.
In sede europea, competenza è un concetto primitivo, ideato per favorire la mobilità lavorativa e la comparabilità tra i sistemi formativi nazionali. Nel contesto scolastico italiano, invece, essa si fonda sull’integrazione di conoscenze, abilità, capacità e atteggiamenti. Il legislatore, nel trasferire questa nozione alla scuola, ha commesso un errore categoriale: ha applicato una concezione estranea al contesto educativo senza adattarla né problematizzarla. Come spiegato dal filosofo del linguaggio Gilbert Ryle, tale errore consiste nell’attribuire a una realtà un concetto appartenente a un’altra categoria, con conseguenze potenzialmente gravi.
L’impatto di questa scelta non è solo terminologico: investe la progettazione didattica, la valutazione degli studenti, la formazione degli insegnanti e, in ultima analisi, la funzione stessa della scuola. Il rischio concreto è la riduzione dell’istruzione a un processo di addestramento finalizzato unicamente al mercato del lavoro, sacrificando la dimensione culturale, critica, etica e formativa dell’educazione. Le “soft skill”, che la legge elenca, sono improponibili, data la non fertilità del contesto d’applicazione.
La distorsione è evidente: il sistema normativo vigente fa riferimento alle competenze generali, intese come capacità integrate con conoscenze. La legge 22/2025, invece, adottando la definizione europea, introduce le competenze specifiche, basate sull’associazione tra abilità e conoscenze. Scelta conforme all’idea di non cognitività. Ma le capacità stanno alle abilità come le rette ai segmenti: le prime, come il pensiero critico o la cooperazione, si sviluppano in modo continuo nel tempo e in contesti diversi; le seconde sono prestazioni circoscritte e misurabili, come risolvere un’equazione o scrivere una mail formale.
Non si tratta, come enunciato nel titolo della legge, di “un’introduzione”, bensì di una duplicazione. Il D.lgs. 297/94 attribuisce al Collegio dei docenti la responsabilità della “programmazione dell’azione educativa”. La legge 22, pertanto, interferisce e confonde l’organizzazione scolastica prevista dalla normativa che, data la dimensione del problema educativo, suddivide le relative responsabilità all’intera classe docente della scuola, in ossequio della cultura sistemica.
Inoltre, la pretesa di introdurre competenze trasversali ignora la specificità epistemologica delle discipline scolastiche. Come detto: una competenza, se generale, è l’aggregato di capacità e conoscenze. Poiché i saperi disciplinari sono distinti, la dizione “competenze trasversali” è un non senso.
La sostituzione delle capacità con le abilità rischia dunque di trasformare l’apprendimento in un esercizio meccanico, penalizzando lo sviluppo del pensiero critico e dell’autonomia intellettuale.
Di fronte a questa deriva, ho presentato una petizione al Presidente del Senato, assegnata alla VII Commissione permanente (Istruzione pubblica, beni culturali) con il numero 969. Tuttavia, in violazione del comma 1 dell’art. 141 del Regolamento del Senato, la richiesta non è stata esaminata, con la motivazione che “l’eventuale abbinamento della petizione all’esame del disegno di legge non sarebbe stato fruttuoso nell’ambito dell’iter legislativo, ormai giunto a una fase estremamente avanzata”. Anche un successivo esposto d’autotutela, inviato al Presidente del Senato, è rimasto privo di riscontro.
Il silenzio istituzionale su una questione così cruciale desta profonda preoccupazione. Intervenire sulla scuola senza rigore concettuale e coerenza normativa significa compromettere il futuro della formazione pubblica. Le parole non sono mai neutre: modellano pratiche, orientano comportamenti, definiscono priorità. Usare il termine competenza senza chiarirne il significato e senza adattarlo al contesto scolastico rischia di trasformare un principio guida in un ostacolo per l’efficacia del servizio scolastico.
La scuola non può essere ridotta a mero strumento di occupabilità. È tempo che la politica torni ad ascoltare la pedagogia e che il sistema educativo recuperi la sua funzione originaria: formare cittadini critici, liberi e consapevoli.
Chiedo pertanto l’abrogazione della legge 22/2025, atto necessario per salvaguardare l’operatività della scuola pubblica, volta alla formazione integrale della persona. Solo un ritorno a un lessico pedagogicamente fondato, non ambiguo e non importato acriticamente, può evitare che il mercato inquini la missione educativa dell’istituzione scolastica.
Con rispetto,
Enrico Fortunato Maranzana
Lecco, 06 maggio 2025