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TRACCIA
ESAMI DI STATO DI ISTRUZIONE SECONDARIA SUPERIORE – PROVA DI ITALIANO – SESSIONE STRAORDINARIA 2022 – PRIMA PROVA SCRITTA
Ministero dell’Istruzione
PROPOSTA B3
TESTO DI RIFERIMENTO
Testo tratto da: Cesare de Seta, “Perché insegnare la storia dell’arte”, Donzelli, Roma, 2008, pp. 71-74.
Occupandoci di quel particolare tipo di beni che si definiscono beni culturali e ambientali, va detto che saltano subito all’occhio differenze macroscopiche con gli usuali prodotti e gli usuali produttori. I beni culturali (ovverosìa statue, dipinti, codici miniati, architetture, aree archeologiche, centri storici) e i beni ambientali (ovverosìa sistemi paesistici, coste, catene montuose, fiumi, laghi, aree naturalistiche protette) non sono destinati ad aumentare come gli altri prodotti della società post-industriale: ma tutto induce a temere che siano destinati a ridursi o a degradarsi.
La loro specifica natura è tale che, essendo di numero finito ed essendo irriproducibili (nonostante le più sofisticate tecnologie che l’uomo s’è inventato e inventerà) essi costituiscono allo stesso tempo un insieme prezioso che da un lato testimonia del talento e della creatività umana; una riserva preziosa – dall’altro – di risorse naturali senza la quale il futuro si configura come una sconfinata e inquietante galleria di merci.
Anzi, per larga esperienza, si può dire che i beni appena elencati sono destinati ad assottigliarsi. Non è certo una novità osservare che ogni anno centinaia di metri quadri di affreschi spariscono sotto l’azione del tempo, che migliaia di metri quadri di superfici scolpite finiscono corrose dallo smog, che milioni di metri cubi o di ettari dell’ambiente storico e naturale sono fagocitati dall’invadenza delle trasformazioni che investono le città e il territorio.
Questi beni culturali e ambientali, questo sistema integrato di Artificio e Natura sarà considerato un patrimonio essenziale da preservare per le generazioni venture? È un interrogativo sul quale ci sarebbe molto da discutere, un interrogativo che rimanda a quello ancora più complesso sul destino dell’uomo, sull’etica e sui valori che l’umanità vorrà scegliersi e costruirsi nel suo prossimo futuro.
La mia personale risposta è che a questo patrimonio l’uomo d’oggi deve dedicare un’attenzione ben maggiore e, probabilmente, assai diversa da quella che attualmente gli riserva. Ma cosa farà la società di domani alla fin fine non mi interessa, perché non saprei come agire sulle scelte che si andranno a compiere soltanto fra trent’anni: piuttosto è più utile sapere con chiarezza cosa fare oggi al fine di garantire un futuro a questo patrimonio. […]
Contrariamente a quanto accade per le merci tout-court, per preservare, tutelare, restaurare e più semplicemente trasmettere ai propri figli e nipoti i beni culturali e ambientali che possediamo, gli addetti a questo diversissimo patrimonio di oggetti e di ambienti debbono crescere in numero esponenziale. Infatti il tempo è nemico degli affreschi, dei codici miniati, delle ville e dei centri storici, e domani, anzi oggi stesso, bisogna attrezzare un esercito di addetti che, con le più diverse qualifiche professionali e con gli strumenti più avanzati messi a disposizione dalle scienze, attendano alla tutela e alla gestione di questi beni; così come botanici, naturalisti, geologi, restauratori, architetti, paesaggisti parimenti si dovranno moltiplicare se si vogliono preservare aree protette, boschi, fiumi, laghi e centri storici.
Si dovrà dunque qualificare e moltiplicare il numero di addetti a questi servizi […]: in una società che è stata indicata come post-materialista, i valori della cultura, del patrimonio storico-artistico, dell’ambiente artificiale e naturale sono considerati preminente interesse della collettività.
Cesare de Seta, “Perché insegnare la storia dell’arte”, Donzelli, Roma, 2008, pp. 71-74.
COMPRENSIONE E ANALISI
Puoi rispondere punto per punto oppure costruire un unico discorso che comprenda le risposte a tutte le domande proposte.
- Riassumi il contenuto del testo, mettendone in evidenza gli snodi argomentativi.
- Spiega, nella visione dell’autore, le caratteristiche del sistema integrato Artificio-Natura e le insidie/opportunità che esso presenta.
- Nel testo viene presentato un piano d’azione sistemico per contrastare il degrado dei beni artistici e culturali e per tutelarli: individua le proposte e gli strumenti ritenuti efficaci in tal senso dall’autore.
- Illustra i motivi per i quali il patrimonio artistico e culturale vive in una condizione di perenne pericolo che ne pregiudica l’esistenza stessa.
PRODUZIONE
Elabora un testo coerente e coeso in cui illustri il tuo punto di vista rispetto a quello espresso da de Seta. In particolare, spiega se condividi l’affermazione secondo cui “in una società che è stata indicata come post-materialista, i valori della cultura, del patrimonio storico-artistico, dell’ambiente artificiale e naturale sono considerati preminente interesse della collettività” ed argomenta il tuo ragionamento in maniera organizzata.
SVOLGIMENTO
Analisi di “Perché insegnare la storia dell’arte” di Cesare de Seta
L’articolo di Cesare de Seta, tratto da “Perché insegnare la storia dell’arte”, affronta la questione cruciale della natura e della vulnerabilità dei beni culturali e ambientali nella società contemporanea. L’autore ne sottolinea la specificità rispetto ai prodotti post-industriali e la crescente minaccia di degrado, proponendo un’urgenza d’azione e un cambio di prospettiva nel modo di rapportarsi a questo patrimonio unico.
Comprensione e Analisi
1. Sintetizza il contenuto del testo, mettendone in evidenza gli snodi argomentativi.
Cesare de Seta apre il suo articolo distinguendo nettamente i beni culturali e ambientali (statue, dipinti, architetture, paesaggi, fiumi, ecc.) dai prodotti della società post-industriale. La prima argomentazione chiave è che, a differenza delle merci che aumentano, i beni culturali e ambientali sono di numero finito e irriproducibili, e sono anzi destinati a ridursi o degradarsi a causa dell’azione del tempo, dell’inquinamento (smog) e dell’invadenza delle trasformazioni urbane e territoriali (fagocitazione di aree storiche e naturali). Nonostante testimonino il talento umano e costituiscano una riserva preziosa di risorse, il loro futuro è incerto, ponendo un interrogativo sull’etica e i valori che l’umanità vorrà scegliere.
La seconda argomentazione è la sua risposta personale e pragmatica: non serve interrogarsi su cosa farà la società di domani, ma è fondamentale agire “oggi” con chiarezza per garantirne un futuro. Daverio sostiene che, a differenza delle merci tout-court, la preservazione di questo patrimonio richiede un aumento esponenziale degli “addetti” con qualifiche professionali diverse (restauratori, botanici, geologi, architetti, paesaggisti) e l’utilizzo degli “strumenti più avanzati messi a disposizione dalle scienze”. L’autore conclude affermando che in una società definita “post-materialista”, i valori della cultura, del patrimonio storico-artistico e dell’ambiente sono considerati un “preminente interesse della collettività”.
2. Spiega, nella visione dell’autore, le caratteristiche del sistema integrato Artificio-Natura e le insidie/opportunità che esso presenta.
Nella visione dell’autore, il sistema integrato Artificio-Natura è un concetto fondamentale che unisce in un unico patrimonio due categorie di beni:
- Artificio: i beni culturali, frutto della creatività e del talento umano (statue, dipinti, codici miniati, architetture, aree archeologiche, centri storici).
- Natura: i beni ambientali, che sono espressione della bellezza e delle risorse naturali (sistemi paesistici, coste, catene montuose, fiumi, laghi, aree naturalistiche protette). Questi due elementi non sono visti come entità separate, ma come un “sistema integrato” e un “patrimonio essenziale” da preservare.
Le insidie che questo sistema presenta sono molteplici e crescenti:
- Numero finito e irriproducibilità: A differenza dei prodotti industriali, questi beni non sono destinati ad aumentare, ma sono di numero limitato e non possono essere replicati nella loro autenticità, neanche con le tecnologie più sofisticate.
- Degrado naturale: Subiscono l’inesorabile “azione del tempo” (centinaia di metri quadri di affreschi spariscono ogni anno).
- Degrado antropico e inquinamento: Sono “corrosi dallo smog” (migliaia di metri quadri di superfici scolpite).
- Aggressione territoriale: Vengono “fagocitati dall’invadenza delle trasformazioni che investono le città e il territorio” (milioni di metri cubi o ettari).
- Mancanza di attenzione: La loro esistenza è pregiudicata dalla noncuranza o dall’insufficiente attenzione che la società riserva loro.
Le opportunità offerte da questo sistema integrato sono:
- Testimonianza della creatività umana: Rappresentano la prova tangibile del “talento e della creatività umana”.
- Riserva preziosa di risorse: Non solo materiali, ma anche culturali, estetiche, identitarie. Senza di esse, il futuro si configura come una “sconfinata e inquietante galleria di merci”, suggerendo che questi beni offrono un valore non mercificabile, un’alternativa a un mondo puramente consumistico.
- Riflessione etica e valoriale: La loro vulnerabilità spinge a un interrogativo “complesso sul destino dell’uomo, sull’etica e sui valori che l’umanità vorrà scegliersi e costruirsi nel suo prossimo futuro”.
3. Nel testo viene presentato un piano d’azione sistemico per contrastare il degrado dei beni artistici e culturali e per tutelarli: individua le proposte e gli strumenti ritenuti efficaci in tal senso dall’autore.
Nel testo, Cesare de Seta propone un piano d’azione sistemico e urgente per contrastare il degrado e tutelare i beni culturali e ambientali, focalizzandosi su risorse umane e tecnologiche:
- Maggiore e diversa attenzione oggi: L’autore sottolinea l’urgenza di agire nel presente (“cosa fare oggi”) con un’attenzione “ben maggiore e, probabilmente, assai diversa” rispetto a quella attuale, senza attendere il futuro.
- Aumento esponenziale degli addetti: È la proposta chiave. Per preservare, tutelare, restaurare e trasmettere il patrimonio, il numero di professionisti dedicati a questo settore deve “crescere in numero esponenziale”. De Seta usa l’immagine di un “esercito di addetti”.
- Moltiplicazione e qualificazione delle professionalità: Questi addetti devono possedere “le più diverse qualifiche professionali”, che includono specificamente: botanici, naturalisti, geologi, restauratori, architetti, paesaggisti. Ciò implica un riconoscimento della complessità della tutela, che richiede competenze diverse e integrate.
- Strumenti avanzati dalle scienze: L’autore sottolinea l’importanza di utilizzare “gli strumenti più avanzati messi a disposizione dalle scienze” per la tutela e la gestione di questi beni. Questo suggerisce l’uso di tecnologie moderne, metodi scientifici all’avanguardia per il restauro, il monitoraggio ambientale, la mappatura e la conservazione.
In sintesi, il piano d’azione di De Seta è un appello a un massiccio investimento in capitale umano altamente specializzato e in tecnologie, per affrontare la battaglia contro il degrado di un patrimonio irriproducibile.
4. Illustra i motivi per i quali il patrimonio artistico e culturale vive in una condizione di perenne pericolo che ne pregiudica l’esistenza stessa.
Il patrimonio artistico e culturale vive in una condizione di perenne pericolo per una serie di motivi interconnessi, tutti evidenziati da Cesare de Seta:
- Natura intrinseca del bene: A differenza dei prodotti industriali, i beni culturali e ambientali sono “di numero finito ed essendo irriproducibili”. Una volta persi o danneggiati, non possono essere ricreati nella loro autenticità, neanche con le tecnologie più sofisticate. Questo li rende intrinsecamente vulnerabili.
- Azione inesorabile del tempo: Il tempo è un “nemico” costante. L’autore menziona che “ogni anno centinaia di metri quadri di affreschi spariscono sotto l’azione del tempo”. Questo degrado naturale è un processo continuo che richiede manutenzione e intervento costanti.
- Inquinamento atmosferico: Lo smog e altri agenti inquinanti corrodono e danneggiano materiali delicati. “Migliaia di metri quadri di superfici scolpite finiscono corrose dallo smog”, mostrando come le attività umane moderne abbiano un impatto diretto e distruttivo.
- Invadenza delle trasformazioni urbane e territoriali: Le dinamiche di sviluppo urbano e territoriale spesso non rispettano il patrimonio esistente. Milioni di metri cubi o ettari di “ambiente storico e naturale sono fagocitati dall’invadenza delle trasformazioni che investono le città e il territorio”. Questo si riferisce alla cementificazione, alla speculazione edilizia, alla distruzione di paesaggi e centri storici per nuove costruzioni o infrastrutture.
- Mancanza di adeguata attenzione e risorse: L’autore allude al fatto che l’attenzione attualmente riservata a questi beni non è “ben maggiore e, probabilmente, assai diversa” da quella necessaria. Questo si traduce in insufficienti investimenti in manutenzione, restauro e personale qualificato, lasciando il patrimonio esposto al degrado.
In sostanza, il patrimonio vive in un pericolo costante perché è un’entità finita e fragile, soggetta sia a processi naturali di decadimento sia, e soprattutto, all’aggressione di forze antropiche (inquinamento, urbanizzazione incontrollata) e alla mancanza di una volontà politica ed economica sufficiente a garantirne la salvaguardia.
Produzione
Il Patrimonio Integrato: Un Interesse Collettivo (Ancora) da Realizzare
L’articolo di Cesare de Seta pone al centro del dibattito la peculiare vulnerabilità dei beni culturali e ambientali, interrogandosi sulla loro effettiva rilevanza nella società contemporanea. L’autore afferma che “in una società che è stata indicata come post-materialista, i valori della cultura, del patrimonio storico-artistico, dell’ambiente artificiale e naturale sono considerati preminente interesse della collettività”. Questa affermazione, a mio avviso, contiene una profonda verità sul piano della sensibilità collettiva dichiarata, ma si scontra con una realtà di attuazione ancora frammentaria e insufficiente, che rivela una contraddizione tra l’ideale e il concreto.
Condivido l’idea che la società attuale, o almeno una parte significativa di essa, si stia orientando verso valori “post-materialisti”. La crescente attenzione per le tematiche ambientali, la diffusione del turismo culturale, il successo di movimenti per la tutela del paesaggio e contro il consumo eccessivo, sono tutti segnali di una maggiore consapevolezza. Le giovani generazioni, in particolare, dimostrano una sensibilità acuta verso la crisi climatica, la sostenibilità e la conservazione della biodiversità, come dimostrano i movimenti studenteschi o le scelte di consumo più etiche. L’inserimento della tutela dell’ambiente e della biodiversità nella Costituzione italiana (Art. 9 e 41), un fatto storico recente, è la prova legislativa di questa evoluzione della coscienza collettiva. Anche il patrimonio storico-artistico gode di un rinnovato interesse, veicolato anche dalla digitalizzazione e dalla facilità di accesso alle informazioni. I siti UNESCO, i musei sempre più visitati, le mostre d’arte: tutto sembra indicare che questi valori siano effettivamente percepiti come un “preminente interesse della collettività”.
Tuttavia, la mia opinione è che questa percezione, pur diffusa, non si traduca sempre in un’azione politica e sociale coerente e sufficiente. La “preminenza” di questi interessi è spesso più retorica che fattuale. Le argomentazioni di de Seta sui motivi del degrado dei beni culturali e ambientali rimangono tristemente attuali.
Innanzitutto, la continua invasione del territorio e il consumo di suolo contraddicono l’idea di una società che tutela l’ambiente. Nonostante la consapevolezza dei rischi del cambiamento climatico e della perdita di biodiversità, la cementificazione, la costruzione di grandi opere infrastrutturali che deturpano il paesaggio, e l’espansione urbana incontrollata continuano a “fagocitare” aree naturali e storiche. Ho visto, nella mia esperienza, come aree verdi vicine alle città siano state sacrificate per la costruzione di centri commerciali o nuove zone residenziali, dimostrando che la logica del profitto e della crescita economica a breve termine spesso prevale ancora sulla tutela del bene comune.
In secondo luogo, la mancanza di risorse e di un numero adeguato di “addetti” alla tutela. De Seta invoca un “esercito” di specialisti, ma la realtà italiana, nonostante un patrimonio immenso, è spesso caratterizzata da tagli ai finanziamenti per la cultura, da carenze di personale nei musei, nelle soprintendenze, negli enti parco. La manutenzione e il restauro, che dovrebbero essere costanti, sono spesso interventi d’emergenza, tardivi e insufficienti, lasciando il patrimonio esposto all’azione del tempo e dello smog. La differenza tra la quantità e la qualità del nostro patrimonio e le risorse umane ed economiche destinate alla sua cura è ancora enorme.
Infine, la “post-materialismo” non ha eliminato le insidie del consumismo e della superficialità. Come suggerisce Daverio nel suo articolo sul “fast trip”, il turismo di massa, pur celebrando il patrimonio, può trasformarlo in un’esperienza superficiale e, paradossalmente, contribuirne al degrado. La ricerca del “like” sui social media, la fruizione rapida e non approfondita, rischiano di svuotare i beni culturali del loro significato più profondo, riducendoli a semplici location per foto, invece di vederli come testimonianze vive della storia e della creatività umana. Questo tipo di approccio rivela un interesse più per l’immagine che per l’essenza.
In conclusione, l’affermazione di Cesare de Seta secondo cui i valori della cultura, dell’ambiente e del patrimonio sono “preminente interesse della collettività” è una verità che aspira a realizzarsi. La consapevolezza è aumentata, ma la sua traduzione in azioni concrete, diffuse e prioritarie è ancora un percorso in divenire. La sfida è quella di trasformare questa consapevolezza in una responsabilità collettiva effettiva, che si traduca in scelte politiche, economiche e individuali coerenti con la tutela di un patrimonio che, come sottolinea l’autore, è finito, irriproducibile e minacciato. Dobbiamo investire non solo in parole, ma in azioni, per garantire che le generazioni future possano ancora godere della bellezza e della ricchezza di un sistema integrato di Artificio e Natura.