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TRACCIA
ESAME DI STATO 2023 – PRIMA PROVA SCRITTA
Ministero dell’Istruzione e del Merito – Sessione Suppletiva
PROPOSTA B3
Testo tratto da Gian Paolo Terravecchia: Uomo e intelligenza artificiale: le prossime sfide dell’onlife, intervista a Luciano Floridi in La ricerca, n. 18 – settembre 2020.
Gian Paolo Terravecchia: «Si parla tanto di smartphone, di smartwatch, di sistemi intelligenti, insomma il tema dell’intelligenza artificiale è fondamentale per capire il mondo in cui viviamo. Quanto sono intelligenti le così dette “macchine intelligenti”? Soprattutto, la loro crescente intelligenza creerà in noi nuove forme di responsabilità ?»
Luciano Floridi: «L’Intelligenza Artificiale (IA) è un ossimoro¹. Tutto ciò che è veramente intelligente non è mai artificiale e tutto ciò che è artificiale non è mai intelligente. La verità è che grazie a straordinarie invenzioni e scoperte, a sofisticate tecniche statistiche, al crollo del costo della computazione e all’immensa quantità di dati disponibili, oggi, per la prima volta nella storia dell’umanità , siamo riusciti a realizzare su scala industriale artefatti in grado di risolvere problemi o svolgere compiti con successo, senza la necessità di essere intelligenti. Questo scollamento è la vera rivoluzione. Il mio cellulare gioca a scacchi come un grande campione, ma ha l’intelligenza del frigorifero di mia nonna. Questo scollamento epocale tra la capacità di agire (l’inglese ha una parola utile qui: agency) con successo nel mondo, e la necessità di essere intelligenti nel farlo, ha spalancato le porte all’IA. Per dirla con von Clausewitz, l’IA è la continuazione dell’intelligenza umana con mezzi stupidi. Parliamo di IA e altre cose come il machine learning perché ci manca ancora il vocabolario giusto per trattare questo scollamento. L’unica agency che abbiamo mai conosciuto è sempre stata un po’ intelligente perché è come minimo quella del nostro cane. Oggi che ne abbiamo una del tutto artificiale, è naturale antropomorfizzarla. Ma credo che in futuro ci abitueremo. E quando si dirà “smart”, “deep”, “learning” sarà come dire “il sole sorge”: sappiamo bene che il sole non va da nessuna parte, è un vecchio modo di dire che non inganna nessuno. Resta un rischio, tra i molti, che vorrei sottolineare. Ho appena accennato ad alcuni dei fattori che hanno determinato e continueranno a promuovere l’IA. Ma il fatto che l’IA abbia successo oggi è anche dovuto a una ulteriore trasformazione in corso. Viviamo sempre più onlife² e nell’infosfera. Questo è l’habitat in cui il software e l’IA sono di casa. Sono gli algoritmi i veri nativi, non noi, che resteremo sempre esseri anfibi, legati al mondo fisico e analogico. Si pensi alle raccomandazioni sulle piattaforme. Tutto è già digitale, e agenti digitali hanno la vita facile a processare dati, azioni, stati di cose altrettanto digitali, per suggerirci il prossimo film che potrebbe piacerci. Tutto questo non è affatto un problema, anzi, è un vantaggio. Ma il rischio è che per far funzionare sempre meglio l’IA si trasformi il mondo a sua dimensione. Basti pensare all’attuale discussione su come modificare l’architettura delle strade, della circolazione, e delle città per rendere possibile il successo delle auto a guida autonoma. Tanto più il mondo è “amichevole” (friendly) nei confronti della tecnologia digitale, tanto meglio questa funziona, tanto più saremo tentati di renderlo maggiormente friendly, fino al punto in cui potremmo essere noi a doverci adattare alle nostre tecnologie e non viceversa. Questo sarebbe un disastro […].»
Gian Paolo Terravecchia: Uomo e intelligenza artificiale: le prossime sfide dell’onlife, intervista a Luciano Floridi in La ricerca, n. 18 – settembre 2020.
Note esplicative:
- Ossimoro: Figura retorica che consiste nell’accostamento di due termini di senso contrario o comunque in forte antitesi tra loro.
- Onlife: Il vocabolario online Treccani definisce l’onlife “neologismo d’autore, creato dal filosofo italiano Luciano Floridi giocando sui termini online (‘in linea’) e offline (‘non in linea’): onlife è quanto accade e si fa mentre la vita scorre, restando collegati a dispositivi interattivi (on + life).”
Comprensione e Analisi
Puoi rispondere punto per punto oppure costruire un unico discorso che comprenda le risposte a tutte le domande proposte.
- Riassumi il brano proposto nei suoi snodi tematici essenziali.
- Per quale motivo l’autore afferma ‘il mio cellulare gioca a scacchi come un grande campione, ma ha l’intelligenza del frigorifero di mia nonna’?
- Secondo Luciano Floridi, ‘il rischio è che per far funzionare sempre meglio l’IA si trasformi il mondo a sua dimensione’. Su che basi si fonda tale affermazione?
- Quali conseguenze ha, secondo l’autore, il fatto di vivere ‘sempre più onlife e nell’infosfera’?
Produzione
L’autore afferma che ‘l’Intelligenza Artificiale (IA) è un ossimoro. Tutto ciò che è veramente intelligente non è mai artificiale e tutto ciò che è artificiale non è mai intelligente’. Sulla base del tuo percorso di studi e delle tue conoscenze personali, esprimi le tue opinioni al riguardo, soffermandoti sulle differenze tra intelligenza umana e “Intelligenza Artificiale”. Elabora un testo in cui tesi e argomenti siano organizzati in un discorso coerente e coeso.
– Sessione suppletiva 2023 – Prima prova scritta – Ministero dell’Istruzione e del Merito
SVOLGIMENTO
L’Intelligenza Artificiale: Un Ossimoro che Ridefinisce la Nostra RealtÃ
L’intervista a Luciano Floridi, filosofo di spicco nell’etica dell’informazione, ci introduce a una riflessione cruciale sul tema dell’Intelligenza Artificiale (IA), definendola provocatoriamente un “ossimoro”. In un’era dominata da smartphone, smartwatch e sistemi “intelligenti”, Floridi ci invita a distinguere la capacità di agire con successo dalla vera intelligenza umana, evidenziando le profonde trasformazioni che il vivere “onlife” sta imprimendo alla nostra realtà e i rischi di un mondo che potrebbe, paradossalmente, adattarsi alla macchina anziché il contrario.
Comprensione e Analisi
1. Riassumi il brano proposto nei suoi snodi tematici essenziali.
Il brano si apre con l’affermazione di Luciano Floridi secondo cui l’Intelligenza Artificiale (IA) è un ossimoro, poiché ciò che è realmente intelligente non è artificiale e ciò che è artificiale non è intelligente. Spiega che, grazie a progressi tecnologici, alla disponibilità di dati e al basso costo della computazione, l’umanità ha raggiunto la capacità di creare artefatti che risolvono problemi e svolgono compiti con successo (agency), senza essere dotati di vera intelligenza. Questa “scollamento” tra azione e intelligenza, che Floridi paragona a una “continuazione dell’intelligenza umana con mezzi stupidi”, rappresenta la vera rivoluzione. L’autore attribuisce la tendenza ad antropomorfizzare l’IA alla mancanza di un vocabolario adeguato, ma prevede che in futuro ci si abituerà a distinguere le due cose. Floridi sottolinea un rischio fondamentale: il fatto che viviamo sempre più “onlife” e nell'”infosfera” rende l’IA un “nativo” di questo habitat digitale. Se da un lato ciò offre vantaggi (es. raccomandazioni personalizzate), il pericolo è che, per ottimizzare il funzionamento dell’IA, si tenda a “trasformare il mondo a sua dimensione”, arrivando al punto in cui l’uomo debba adattarsi alla tecnologia anziché il contrario, il che sarebbe un “disastro”.
2. Per quale motivo l’autore afferma ‘il mio cellulare gioca a scacchi come un grande campione, ma ha l’intelligenza del frigorifero di mia nonna’?
L’autore afferma che “il mio cellulare gioca a scacchi come un grande campione, ma ha l’intelligenza del frigorifero di mia nonna” per spiegare in modo efficace e paradossale il concetto di “scollamento epocale tra la capacità di agire (agency) con successo nel mondo, e la necessità di essere intelligenti nel farlo”.
Il paragone serve a dimostrare che un sistema di IA (il cellulare che gioca a scacchi) può eccellere in compiti complessi che tradizionalmente associamo all’intelligenza umana (come la strategia di gioco di un campione di scacchi), ma lo fa attraverso algoritmi, calcoli statistici e una potenza di computazione enorme, senza possedere una vera intelligenza nel senso umano del termine. L'”intelligenza del frigorifero di mia nonna” è una metafora che indica una funzionalità basilare, meccanica, priva di autocoscienza, comprensione, pensiero astratto o emozioni. Il frigorifero svolge il suo compito (raffreddare) in modo efficace, ma non “capisce” perché lo fa o cosa significhi. Allo stesso modo, l’IA esegue compiti complessi senza la comprensione, la coscienza o la capacità di pensiero creativo che caratterizzano l’intelligenza umana.
3. Secondo Luciano Floridi, ‘il rischio è che per far funzionare sempre meglio l’IA si trasformi il mondo a sua dimensione’. Su che basi si fonda tale affermazione?
Secondo Luciano Floridi, l’affermazione che “il rischio è che per far funzionare sempre meglio l’IA si trasformi il mondo a sua dimensione” si fonda sulla natura intrinseca dell’IA e sull’ambiente sempre più digitalizzato in cui viviamo.
Le basi di questa affermazione sono:
- L’habitat dell’IA: Floridi sottolinea che l’IA e il software sono “di casa” nel mondo “onlife” e nell'”infosfera”, dove “tutto è già digitale”. Gli algoritmi sono i “veri nativi” di questo ambiente. Per loro, è “vita facile a processare dati, azioni, stati di cose altrettanto digitali”.
- La ricerca dell’efficienza: Per far sì che l’IA (e gli agenti digitali in generale) funzionino “sempre meglio” e siano più efficaci, la tendenza è quella di rendere l’ambiente in cui operano sempre più “amichevole” (friendly) nei confronti della tecnologia digitale. Questo significa semplificare la realtà , renderla più “leggibile” e gestibile dagli algoritmi.
- L’esempio delle auto a guida autonoma: Floridi porta l’esempio concreto della discussione su “come modificare l’architettura delle strade, della circolazione, e delle città per rendere possibile il successo delle auto a guida autonoma”. Questo dimostra come l’esigenza di ottimizzare il funzionamento di una tecnologia possa portare a ridisegnare gli spazi fisici e le infrastrutture umane in funzione delle sue esigenze.
- Il ribaltamento del rapporto uomo-tecnologia: Il rischio ultimo è che, per massimizzare l’efficienza della tecnologia, si arrivi al punto in cui “saremo noi a doverci adattare alle nostre tecnologie e non viceversa”. L’uomo, da creatore e utente, diventerebbe colui che si conforma alle logiche e alle necessità delle macchine, perdendo la sua natura “anfibia” (legata sia al mondo fisico/analogico che a quello digitale). Questo ribaltamento è ciò che l’autore definisce un “disastro”.
In sintesi, il rischio deriva dall’obiettivo di massima efficienza dell’IA in un mondo digitale, che potrebbe portare a una reingegnerizzazione della realtà umana per conformarla alle esigenze algoritmiche, con l’uomo che si adatta alla macchina anziché il contrario.
4. Quali conseguenze ha, secondo l’autore, il fatto di vivere ‘sempre più onlife e nell’infosfera’?
Secondo l’autore, il fatto di vivere “sempre più onlife e nell’infosfera” ha diverse conseguenze, sia positive che negative, per l’essere umano e per il mondo:
- Vantaggi per l’IA e i servizi digitali: Per l’IA e gli “agenti digitali”, vivere in questo habitat è un vantaggio. Essendo gli algoritmi i “veri nativi” dell’infosfera, hanno “la vita facile a processare dati, azioni, stati di cose altrettanto digitali”. Questo consente loro di fornire servizi efficienti, come “raccomandazioni sulle piattaforme” o suggerimenti personalizzati (es. il prossimo film che potrebbe piacerci). Floridi stesso afferma che “Tutto questo non è affatto un problema, anzi, è un vantaggio”.
- Vulnerabilità dell’essere umano: Gli esseri umani, al contrario, sono “esseri anfibi, legati al mondo fisico e analogico”. Pur beneficiando dei servizi digitali, questa immersione costante nell’infosfera li espone a rischi specifici legati alla loro natura non nativa.
- Il rischio della trasformazione del mondo: La conseguenza più grave è la possibilità che, per ottimizzare le prestazioni dell’IA in questo ambiente digitale, il mondo venga progressivamente “trasformato a sua dimensione”.
- Adattamento forzato dell’uomo alla tecnologia: Ciò porterebbe al “disastro” di cui parla Floridi: “potremmo essere noi a doverci adattare alle nostre tecnologie e non viceversa”. Le infrastrutture, le città , e persino le nostre abitudini e percezioni potrebbero essere modellate per rendere l’ambiente più “friendly” alle macchine, compromettendo la nostra autentica esperienza umana.
In sintesi, vivere “onlife” e nell'”infosfera” facilita i processi dell’IA e offre vantaggi in termini di servizi, ma comporta anche il pericolo di una progressiva digitalizzazione della realtà che potrebbe imporre all’uomo un adattamento innaturale alle logiche e alle esigenze della tecnologia.
Produzione
L’Intelligenza Artificiale: Un’Altra Forma di Intelligenza, non Sostitutiva di Quella Umana
L’affermazione di Luciano Floridi secondo cui “l’Intelligenza Artificiale (IA) è un ossimoro. Tutto ciò che è veramente intelligente non è mai artificiale e tutto ciò che è artificiale non è mai intelligente” è una tesi provocatoria, ma fondamentale per comprendere la vera natura di queste tecnologie. Nel mio percorso di studi e nelle mie esperienze personali, ho avuto modo di riflettere a lungo sulle differenze tra intelligenza umana e “Intelligenza Artificiale”, e sono convinto che questa distinzione sia cruciale per gestire lo sviluppo dell’IA in modo etico e vantaggioso per l’umanità , evitando i “disastri” paventati da Floridi.
Il punto di partenza è riconoscere che l’IA non è “intelligenza” nel senso umano del termine. L’esempio del cellulare che gioca a scacchi come un campione ma ha “l’intelligenza del frigorifero di mia nonna” è eloquente. Le IA eccellono in compiti specifici, spesso con una velocità e precisione che superano le capacità umane: calcolano, riconoscono pattern in set di dati immensi, eseguono operazioni ripetitive, traducono testi, generano immagini e persino testi complessi. Tutto questo è frutto di algoritmi sofisticati, di potenza computazionale e di enormi quantità di dati di addestramento (il cosiddetto machine learning o deep learning). Questa è l’ agency di cui parla Floridi: la capacità di agire con successo nel mondo.
Tuttavia, all’IA manca intrinsecamente la coscienza, l’autocoscienza e la consapevolezza. Un algoritmo non “sa” di esistere, non prova emozioni, non ha intenzioni proprie nel senso umano. Non comprende il significato profondo di ciò che elabora; si limita a identificare correlazioni statistiche nei dati. Questa è la differenza abissale con l’intelligenza umana. La nostra intelligenza non è solo logico-matematica o di elaborazione dati. È intrisa di emozioni, di empatia, di intuizione, di creatività . Un essere umano può creare un’opera d’arte non perché ha processato milioni di immagini, ma perché ha provato un’emozione, ha avuto un’intuizione, ha voluto esprimere un’esperienza interiore. L’IA può generare una composizione musicale, ma non “sente” la musica. Può scrivere un testo, ma non “capisce” veramente il significato di ogni parola, se non a livello semantico e statistico. Ho studiato in filosofia la complessità della coscienza, e la sensazione di un qualia (l’esperienza soggettiva di un colore o di un sapore) è qualcosa che un’IA, per quanto avanzata, non potrà mai provare.
Un altro aspetto fondamentale dell’intelligenza umana è la sua capacità di apprendere dal contesto sociale, culturale e morale. L’essere umano impara non solo dai dati, ma dalle esperienze, dalle interazioni sociali, dai valori che gli vengono trasmessi. Sviluppa un senso etico e morale, una capacità di discernimento che va oltre il mero calcolo utilitaristico. Le IA sono addestrate su dati prodotti dall’uomo, e quindi possono riprodurre e amplificare i bias e i pregiudizi presenti in quei dati. Non hanno un “libero arbitrio” o una “responsabilità etica” intrinseca; le loro decisioni “etiche” sono sempre il frutto di programmazione o di training su set di dati predefiniti.
Le mie esperienze quotidiane con l’IA, come gli assistenti vocali o i sistemi di raccomandazione su piattaforme di streaming, mi mostrano la loro incredibile efficacia in compiti specifici. È vantaggioso chiedere a un assistente vocale di impostare un timer o di cercare informazioni. Tuttavia, quando si tratta di un dialogo profondo, di una comprensione emotiva o di una scelta complessa che implica valori umani, la differenza è lampante. Nessuna IA, per quanto sofisticata, può sostituire l’empatia di un amico, la creatività di un artista o il giudizio morale di un essere umano.
La preoccupazione di Floridi che si possa “trasformare il mondo a sua dimensione” e che “saremo noi a doverci adattare alle nostre tecnologie e non viceversa” è un rischio reale che dobbiamo prevenire. Se l’IA diventa il metro con cui misuriamo il mondo e la nostra esistenza, e se la nostra “natura anfibia” (legata al fisico e all’analogico) viene sacrificata sull’altare dell’efficienza digitale, potremmo perdere aspetti essenziali della nostra umanità . Pensare all’uomo come un “materiale di contorno”, come temeva Fallaci, è un pericolo se le macchine diventano il fine e non il mezzo.
In conclusione, l’IA è uno strumento potente, una “continuazione dell’intelligenza umana con mezzi stupidi”, come la definisce Floridi. La sua forza risiede nella sua capacità di elaborare e agire in modi che superano le nostre prestazioni, ma la sua essenza rimane radicalmente diversa da quella dell’intelligenza umana. Comprendere questa distinzione è fondamentale per non cadere nell’antropomorfizzazione e per gestire lo sviluppo dell’IA in modo che essa serva l’uomo, potenziandone le capacità , ma senza mai minarne la coscienza, la creatività , l’etica e la profondità emotiva. Il futuro non deve vederci come servi delle nostre creazioni, ma come custodi della nostra unica e insostituibile intelligenza umana.