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Elogio dell’imperfezione
15 Giugno 2025📘Riscoprire il silenzio è fondamentale per l’arte, la musica, la poesia, la natura, l’ascolto, la comunicazione e la meditazione✨
TRACCIA
Prima prova scritta – Sessione ordinaria 2024 –Â Ministero dell’istruzione e del merito –ESAME DI STATO CONCLUSIVO DEL SECONDO CICLO DI ISTRUZIONE – PROVA DI ITALIANO
📚 TIPOLOGIA B – ANALISI E PRODUZIONE DI UN TESTO ARGOMENTATIVO
PROPOSTA B3
Testo di riferimento
Autore: Nicoletta Polla-Mattiot
Titolo: Riscoprire il silenzio. Arte, musica, poesia, natura fra ascolto e comunicazione
Editore: BCDe, Milano, 2013
Pagine: 16-17
Brano
«Concentrarsi sul silenzio significa, in primo luogo, mettere l’attenzione sulla discrezionalità del parlare. Chi sceglie di usare delle parole fa un atto volontario e si assume dunque tutta la responsabilità del rompere il silenzio. Qualsiasi professionista della comunicazione studia quando è il momento opportuno per spingersi nell’agone verbale: la scelta di «smettere di tacere» è un atto rituale di riconoscimento dell’altro. […]
Si parla perché esiste un pubblico, un ascoltatore. Si parla per impostare uno scambio. Per questo lavorare sull’autenticità del silenzio e, in particolare, sul silenzio voluto e deliberatamente scelto, porta una parallela rivalutazione del linguaggio, la sua rifondazione sul terreno della reciprocità . Dal dire come getto verbale univoco, logorrea autoreferenziale, al dialogo come scambio contrappuntistico di parole e silenzi.
Ma il silenzio è anche pausa che dà vita alla parola. La cesura del flusso ininterrotto, spazio mentale prima che acustico. […] Nell’intercapedine silenziosa che si pone tra una parola e l’altra, germina la possibilità di comprensione. Il pensiero ha bisogno non solo di tempo, ma di spazi e, come il linguaggio, prende forma secondo un ritmo scandito da pieni e vuoti. È questo respiro a renderlo intelligibile e condivisibile con altri.
Il silenzio è poi condizione dell’ascolto. Non soltanto l’ascolto professionale dell’analista (o dell’esaminatore, o del prete-pastore), ma della quotidianità dialogica. Perché esista una conversazione occorre una scansione del dire e tacere, un’alternanza spontanea oppure regolata (come nei talk show o nei dibattiti pubblici), comunque riconosciuta da entrambe le parti. L’arte salottiera e colta dell’intrattenimento verbale riguarda non solo l’acuta scelta dei contenuti, ma la disinvoltura strutturale, l’abile dosaggio di pause accoglienti e pause significanti, intensità di parola e rarefazione, esplicito e sottinteso, attesa e riconoscimento. Si parla «a turno», si tace «a turno».»
Nicoletta Polla-Mattiot, Riscoprire il silenzio. Arte, musica, poesia, natura fra ascolto e comunicazione,, BCDe, Milano, 2013, pp. 16-17
Comprensione e analisi
Puoi rispondere punto per punto oppure costruire un unico discorso che comprenda le risposte a tutte le domande proposte.
- Riassumi il contenuto del brano e individua la tesi con le argomentazioni a supporto.
- Perché “la scelta di «smettere di tacere» è un atto rituale di riconoscimento dell’altro”? Illustra il significato di questa frase nel contesto del ragionamento dell’autrice.
- Quali sono le funzioni peculiari del silenzio e i benefici che esso fornisce alla comunicazione?
- La relazione tra parola, silenzio e pensiero è riconosciuta nell’espressione “spazio mentale prima che acustico”: illustra questa osservazione.
Produzione
Commenta il brano proposto, elaborando una tua riflessione sull’argomento come delineato criticamente da Nicoletta Polla-Mattiot. Condividi le considerazioni contenute nel brano? Elabora un testo in cui esprimi le tue opinioni organizzando la tua tesi e le argomentazioni a supporto in un discorso coerente e coeso.
SVOLGIMENTO
Il Silenzio Consapevole: Un Atto di Fondazione per la Parola e la Comprensione
Il testo di Nicoletta Polla-Mattiot, “Riscoprire il silenzio. Arte, musica, poesia, natura fra ascolto e comunicazione”, offre una riflessione profonda e quanto mai necessaria sul valore del silenzio in un’epoca dominata dal rumore, dalla frenesia comunicativa e dalla logorrea. L’autrice non intende il silenzio come mera assenza di suono, ma come un elemento attivo, una condizione essenziale per l’autenticità del linguaggio, la comprensione del pensiero e la reciprocità nel dialogo. Condivido pienamente le sue considerazioni: riscoprire e valorizzare il silenzio consapevole è, a mio avviso, un atto di resistenza nella società del “tempo reale” e una risorsa fondamentale per migliorare la qualità della nostra comunicazione e, in ultima analisi, della nostra esistenza.
Il Silenzio come Atto di Responsabilità e Riconoscimento
La prima e più illuminante intuizione di Polla-Mattiot è che “concentrarsi sul silenzio significa, in primo luogo, mettere l’attenzione sulla discrezionalità del parlare”. Questo implica che rompere il silenzio è un atto volontario e, perciò, responsabile. In un’epoca in cui siamo costantemente sollecitati a esprimere un’opinione, a commentare, a reagire (“botta e risposta” tipica di WhatsApp, come descritto da Belpoliti), il parlare diventa spesso un “getto verbale univoco, logorrea autoreferenziale”. Invece, la scelta consapevole di “smettere di tacere” assume il valore di un “atto rituale di riconoscimento dell’altro”.
Questo “atto rituale” suggerisce che il parlare non è solo un’emissione di suoni, ma un gesto di apertura verso l’interlocutore, un’impostazione di uno scambio, una dichiarazione che si parla “perché esiste un pubblico, un ascoltatore”. Il termine “rituale” eleva l’atto comunicativo al di là della sua banalità quotidiana, conferendogli un senso di sacralità e consapevolezza. Riconoscere l’altro significa attribuirgli valore come interlocutore, essere disposti a dialogare, non solo a monologare. La mia esperienza nelle discussioni online spesso mi confronta con l’assenza di questo “atto rituale”: si parla per affermare la propria tesi (come lamentato da De Rita nell’articolo sull’opinionismo), senza reale intenzione di ascoltare o comprendere, trasformando il dialogo in scontro.
Le Funzioni Vitali del Silenzio: Pausa, Spazio Mentale e Ascolto
L’autrice elenca le funzioni peculiari del silenzio, che ne svelano la sua imprescindibile utilità nella comunicazione:
In primo luogo, il silenzio è “pausa che dà vita alla parola”. È la “cesura del flusso ininterrotto”, lo spazio necessario perché la parola possa germinare e assumere significato. Il pensiero, infatti, “ha bisogno non solo di tempo, ma di spazi”, e come il linguaggio, prende forma “secondo un ritmo scandito da pieni e vuoti”. Questa “intercapedine silenziosa” non è un vuoto, ma un luogo fertile dove avviene la vera “comprensione”. La frase “spazio mentale prima che acustico” è illuminante: il silenzio non è solo assenza di rumore esterno, ma una condizione interiore che permette al pensiero di organizzarsi, di trovare la sua forma, di elaborare i concetti prima di essere espressi. Senza questo “respiro”, il pensiero rischia di essere caotico, inintelligibile e, di conseguenza, difficilmente condivisibile. L’abitudine a riempire ogni istante con rumori o stimoli digitali (il fenomeno del “non sapere attendere” di Belpoliti) ci priva di questo prezioso spazio mentale, impoverendo la nostra capacità di riflessione e di espressione.
In secondo luogo, il silenzio è la condizione necessaria dell’ascolto. Che si tratti dell’ascolto “professionale” (dell’analista, dell’esaminatore) o di quello “della quotidianità dialogica”, non può esserci vera conversazione senza un’alternanza tra il dire e il tacere, “un’alternanza spontanea oppure regolata”. L’arte del dialogo, anche quella “salottiera e colta”, non riguarda solo la scelta dei contenuti, ma un “abile dosaggio di pause accoglienti e pause significanti”. Concedere il silenzio all’altro è un atto di rispetto, un riconoscimento del suo turno di parola, un’apertura alla comprensione. Senza silenzio, la conversazione si trasforma in un duello di monologhi paralleli, dove nessuno ascolta e nessuno comprende davvero. La mia esperienza nelle discussioni di gruppo mi ha insegnato che spesso i fraintendimenti nascono proprio dalla difficoltà di tacere e di prestare vera attenzione a ciò che l’altro sta dicendo.
Il Silenzio nella Società del Rumore: Una Sfida Personale e Collettiva
Le considerazioni di Polla-Mattiot sono non solo condivisibili, ma essenziali per la società attuale. Siamo immersi in una “civiltà del rumore”, dove la comunicazione è spesso istantanea, superficiale e urlata. I social media, pur con i loro indubbi vantaggi, tendono a favorire la reazione impulsiva, la polemica facile, la brevità che sacrifica la profondità . In questo contesto, il silenzio, lungi dall’essere un vuoto, diventa un atto di resistenza e di consapevolezza.
Riscoprire il silenzio significa, per me, adottare pratiche che contrastino la frenesia quotidiana. Significa concedersi momenti di pausa dai dispositivi digitali (dal “rumore” delle notifiche), cercare spazi di tranquillità nella natura, dedicarsi alla lettura profonda che richiede concentrazione e immersione. È nel silenzio che si sviluppa il pensiero critico (come sosteneva Serianni sulla necessità di un sapere strutturato), si alimenta l’ispirazione (Szymborska elogia il “non so” che nasce dalla ricerca) e si affina la capacità di discernimento. Il silenzio è anche un antidoto all’ansia da prestazione e alla costante necessità di produrre e di essere visibili.
In ambito lavorativo e personale, il ruolo del silenzio è fondamentale per una comunicazione efficace. Un leader, un insegnante, un professionista della comunicazione, non sono tali solo per le parole che pronunciano, ma anche per la capacità di ascoltare, di ponderare, di lasciare spazi per la riflessione. Come già suggeriva il “Manifesto della comunicazione non ostile”, “anche il silenzio comunica” e “quando la scelta migliore è tacere, taccio”. Questa capacità di usare il silenzio in modo strategico e consapevole è un segno di maturità e di rispetto per l’interlocutore.
In conclusione, il testo di Nicoletta Polla-Mattiot è un elogio al silenzio non come negazione, ma come fondamento. In un mondo che corre e che urla, la riscoperta del silenzio consapevole è un atto rivoluzionario. È la chiave per una comunicazione più autentica, per un pensiero più profondo e per relazioni più significative. Riconoscere il valore del silenzio significa valorizzare la parola stessa, renderla più vera, più efficace, più capace di costruire ponti e non muri, per una società che possa davvero comunicare e comprendersi.