
Scoutismo. Un faro educativo attraverso le discipline
30 Giugno 2025
Kant e Hannah Arendt
5 Luglio 2025La personalizzazione del servizio scolastico è tra gli enunciati del Ministero dell’Istruzione e del Merito.
L’organizzazione didattica, insensibile a tale problematica, muove in direzione opposta.
Il voto è la barriera eretta: misura il valore delle prestazioni degli studenti. La competizione è la naturale, perfino auspicabile, conseguenza. Si gareggia per emergere, per ottenere riconoscimenti, per “costruire il proprio io”.
Ma cosa accade a chi, in questa gara, perde e si sente inadeguato? Se si pone l’accento sul confronto, sul giudizio altrui, sul superamento degli altri si perde il senso e la valorizzazione del proprio io e la vergogna è in agguato. Ogni caduta si trasforma in umiliazione quando l’identità si costruisce sullo sguardo esterno.
L’educazione dovrebbe fare esattamente il contrario. Educare significa far emergere, non uniformare. Educare significa partire da ciò che ciascuno è: dai talenti individuali, dalle potenzialità personali, dalla capacità di sviluppare autonomia e senso di sé. Solo così si può costruire un apprendimento con radici profonde e significative.
Il giudizio sociale è fuorviante: impone modelli esterni e criteri impersonali, spinge verso l’adattamento, non verso la fioritura. L’educazione dovrebbe aiutare ciascuno a riconoscere il proprio valore, prima di cercare l’approvazione altrui.
Per questo, il compito della scuola e della società non è creare vincitori, ma persone consapevoli del contributo che possono dare all’armonia sociale.
Lo stimolo all’impegno e allo studio deve essere intrinseco, cioè legato al risultato . In questo caso il termine “errore” deve riacquistare l’origine etimologica: errare, andare di qua e di là, sbandare e, conseguentemente, essere fonte di informazione per rientrare sul percorso risolutivo.
Ogni talento è un seme: la scuola può soffocarlo giudicando o nutrirlo dando fiducia.