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Il 4 agosto 2025 si sono celebrate a Ronchi dei Legionari (GO) le solenni esequie di Mario Candotto, 99 anni, ultimo sopravvissuto italiano al Lager di sterminio nazista di Dachau.
L’evento ha avuto risonanza nazionale, diventando occasione di memoria collettiva, di riflessione sulla Resistenza, sulla deportazione politica, e sul valore civile della testimonianza.
Interventi e messaggi commemorativi
Ha preso la parola Gianni Peteani, presidente del Comitato permanente Ondina Peteani, che ha ricordato la figura di Mario Candotto come “gigante della memoria e della dignità umana”, sottolineando il suo ruolo attivo fino all’ultimo giorno nella difesa della verità storica e della Costituzione nata dalla Resistenza.
Commovente e denso di significato il messaggio inviato da Andra e Tatiana Bucci, sopravvissute ad Auschwitz:
“Grazie al sacrificio di tanti come te, possiamo dirlo a gran voce, anche se non direttamente, mia sorella Tatiana ed io (Andra) e con noi altri sopravvissuti siamo tornate a casa.
Abbiamo conosciuto la tua storia solamente ora che sei andato via, peccato. Ma soprattutto conoscere la tragedia della tua famiglia deportata ad Auschwitz/Birkenau ci lega ancora di più.
Che la terra ti sia lieve, caro Mario. Un abbraccio gigante a chi gigante è stato nella vita!”
Anche la scrittrice Edith Bruck, anch’essa sopravvissuta ad Auschwitz, ha inviato un pensiero intenso:
“Mi addolora l’assenza di Mario. Noi non dovremmo mai morire.
Temo che senza la nostra voce subentrerà presto il comodo grande silenzio.
Ci mancherà la tua voce. Siamo sempre più soli.”
Il ricordo del professor Mauro Barberis
Di grande spessore anche l’intervento di Mauro Barberis, ordinario di filosofia del diritto all’Università di Trieste e direttore scientifico del convegno “Convivere con Auschwitz”:
“Mario è venuto ancora quest’anno, a 99 anni, per le celebrazioni del 25 aprile a Genova.
Ha fatto in tempo a scrivere al Presidente Mattarella per invitarlo all’intitolazione di un parco alla memoria di Ondina Peteani.
Lo chiamavano ‘il deportato allegro’, ancora innamorato della vita.
Lavoratore precoce, staffetta partigiana a 17 anni, deportato con il numero 69610 a Dachau, ha poi dedicato la vita al racconto della verità nelle scuole, come Liliana Segre.
Negli ultimi mesi, anche su di lui si era allungata l’ombra di Gaza. Non si compara un orrore a un altro, ma Mario ci insegna a riconoscere l’orrore ovunque si verifichi.”
Un’eredità che interpella
Mario Candotto non è solo un nome nella lista dei deportati. È memoria attiva, azione civile, impegno educativo. La sua testimonianza ha attraversato decenni di silenzio, per poi riemergere come luce guida nelle scuole, nei convegni, nelle piazze.
Oggi ci lascia un’eredità non retorica, ma concreta: difendere la memoria, interrogare il presente, parlare ai giovani con verità e coraggio.
Foto dell’evento