Il tema centrale di questo canto è la discussione sulla libertà umana, il libero arbitrio e il conflitto tra potere temporale e spirituale.
Introduzione
Nel Purgatorio Canto XVI, Dante e Virgilio si trovano nella cornice degli iracondi, dove le anime sono immerse in una densa nebbia. Durante il dialogo, Dante chiede a Marco Lombardo di spiegare la causa della corruzione e del disordine morale nel mondo. La risposta di Marco è profonda e filosofica: il problema non risiede nelle stelle o nella natura umana, ma nella cattiva condotta, e in particolare nella mancanza di un’adeguata distinzione tra potere temporale e spirituale. Questa riflessione tocca uno dei temi centrali della Divina Commedia: la necessità di una separazione tra il potere papale e quello imperiale, secondo il concetto di due soli.
Analisi
Il discorso di Marco Lombardo inizia con una distinzione fondamentale: i cieli influenzano i movimenti umani, ma non li determinano completamente. Dante aveva chiesto se il disordine nel mondo fosse causato dalle influenze astrali, ma Marco risponde chiaramente che, sebbene i movimenti celesti diano inizio agli eventi terreni, all’uomo è dato “libero voler”, la capacità di scegliere tra il bene e il male. Il libero arbitrio, infatti, è ciò che rende l’uomo responsabile delle sue azioni, e se correttamente nutrito e sviluppato, esso può vincere anche l’influenza degli astri.
Marco prosegue dicendo che gli uomini sono soggetti a una “maggior forza” e a una “miglior natura”, ossia a Dio, che crea l’anima umana libera, dotata di ragione e di volontà. Perciò, se il mondo presente è deviato, la colpa non è del cielo né della natura, ma dell’uomo stesso. L’anima, quando esce dalle mani del Creatore, è come una bambina innocente, che ancora non conosce il bene e il male. Essa è attratta da piccoli piaceri, ma può essere ingannata, se non viene correttamente guidata da leggi e da governanti saggi.
Per questa ragione, dice Marco, furono necessarie le leggi e un “rege” (un governante), che fosse capace di discernere almeno il vertice della “vera cittade”, cioè lo scopo ultimo della vita umana. Ma purtroppo, lamenta Marco, le leggi ci sono, ma nessuno le fa rispettare, poiché i pastori (i papi e i vescovi) non esercitano il loro dovere di guida morale. I capi spirituali si preoccupano solo dei loro beni terreni, lasciando che la società segua il suo corso di corruzione.
Marco continua il suo discorso con una critica all’unione del potere temporale con quello spirituale: una volta Roma aveva due soli, il papa e l’imperatore, che guidavano rispettivamente la via religiosa e quella civile. Ma ora i due poteri sono mescolati, e la “spada” (il potere temporale) si è unita al “pasturale” (il potere spirituale). Questa unione forzata ha corrotto entrambi i poteri, rendendo impossibile un governo giusto.
Nella parte finale del discorso, Marco lamenta la perdita di virtù in Italia, in particolare nella regione compresa tra i fiumi Adige e Po, una volta famosa per il suo valore e la sua cortesia. Ora, dice Marco, chiunque può attraversare quella terra senza vergognarsi di non avere buoni rapporti con i giusti. Solo pochi uomini anziani conservano ancora l’antica virtù, e tra questi cita Currado da Palazzo, il buon Gherardo e Guido da Castel.
Quando Dante chiede chi sia il Gherardo di cui Marco parla, questi esprime sorpresa che Dante non lo conosca, dato che è meglio noto come “il semplice Lombardo”. Marco conclude il suo discorso con un addio, segnalando l’arrivo dell’angelo che lo chiama via.
Commento
Questo passo è uno dei più importanti della Divina Commedia per la sua trattazione del libero arbitrio e della distinzione tra potere spirituale e temporale. Dante, tramite Marco Lombardo, ribadisce che l’uomo è dotato di una libertà interiore che gli consente di scegliere tra il bene e il male, e che la responsabilità del disordine nel mondo risiede nell’uso sbagliato di questa libertà. L’influenza delle stelle può iniziare i movimenti umani, ma non determina le azioni degli uomini. Questo concetto si oppone a una visione deterministica della vita, in cui gli eventi sarebbero interamente predestinati dagli astri.
Il richiamo al “buon mondo” di Roma, con i suoi due soli, è una chiara allusione alla teoria politica dantesca della separazione tra il potere temporale e quello spirituale. Dante credeva che l’umanità dovesse essere governata da due poteri distinti: il papa, responsabile della guida spirituale, e l’imperatore, responsabile della guida politica. Quando i due poteri si fondono, come nel caso del papato che cerca di esercitare l’autorità temporale, entrambe le funzioni vengono compromesse.
Il canto contiene anche una riflessione sulla decadenza morale dell’Italia contemporanea a Dante, in particolare nella Lombardia. Marco lamenta la perdita delle virtù antiche, e riconosce solo pochi uomini rimasti fedeli agli ideali del passato.
Parafrasi
Lo cielo i vostri movimenti inizia;
non dico tutti, ma, posto ch’i’ ’l dica,
lume v’è dato a bene e a malizia,
Il cielo inizia i vostri movimenti; non dico che li determini tutti, ma anche se così fosse, vi è data la luce per discernere il bene e il male.
e libero voler; che, se fatica
ne le prime battaglie col ciel dura,
poi vince tutto, se ben si notrica.
E vi è dato il libero arbitrio; e se inizialmente lottare contro le influenze del cielo è difficile, alla fine il libero arbitrio vince tutto, se viene ben nutrito.
A maggior forza e a miglior natura
liberi soggiacete; e quella cria
la mente in voi, che ’l ciel non ha in sua cura.
Siete soggetti, in libertà, a una forza più grande e a una natura superiore; ed è quella che crea in voi la mente, che il cielo non governa.
Però, se ’l mondo presente disvia,
in voi è la cagione, in voi si cheggia;
e io te ne sarò or vera spia.
Dunque, se il mondo attuale è deviato, la causa è in voi, ed è in voi che va cercata; e io ora te ne sarò il testimone veritiero.
Esce di mano a lui che la vagheggia
prima che sia, a guisa di fanciulla
che piangendo e ridendo pargoleggia,
L’anima esce dalle mani di Dio, che la contempla amorevolmente, come una fanciulla che piange e ride, infantile e innocente,
l’anima semplicetta che sa nulla,
salvo che, mossa da lieto fattore,
volontier torna a ciò che la trastulla.
l’anima semplice, che non sa nulla, tranne che, spinta dal suo Creatore gioioso, si volge volentieri a ciò che la diletta.
Di picciol bene in pria sente sapore;
quivi s’inganna, e dietro ad esso corre,
se guida o fren non torce suo amore.
Inizialmente prova piacere in piccoli beni; qui si inganna e li insegue, se una guida o un freno non indirizzano il suo amore.
Onde convenne legge per fren porre;
convenne rege aver, che discernesse
de la vera cittade almen la torre.
Per questo fu necessario stabilire leggi come freno; fu necessario avere un re che sapesse distinguere almeno la torre della vera città.
Le leggi son, ma chi pon mano ad esse?
Nullo, però che ‘l pastor che procede,
rugumar può, ma non ha l’unghie fesse;
Le leggi ci sono, ma chi le applica? Nessuno, poiché il pastore (il papa), che dovrebbe guidare, può solo masticare (riflettere), ma non ha gli zoccoli divisi (simbolo della capacità di discernere).
per che la gente, che sua guida vede
pur a quel ben fedire ond’ella è ghiotta,
di quel si pasce, e più oltre non chiede.
Perciò la gente, vedendo che il suo pastore si dirige solo verso quei beni terreni di cui è ghiotta, si nutre di quelli e non chiede di più.
Ben puoi veder che la mala condotta
è la cagion che ’l mondo ha fatto reo,
e non natura che ’n voi sia corrotta.
Ora puoi ben vedere che è la cattiva guida la causa della corruzione del mondo, e non una natura corrotta in voi.
Soleva Roma, che ’l buon mondo feo,
due soli aver, che l’una e l’altra strada
facean vedere, e del mondo e di Deo.
Un tempo Roma, che fece buono il mondo, aveva due soli, che mostravano la via, sia per il mondo terreno sia per quello divino.
L’un l’altro ha spento; ed è giunta la spada
col pasturale, e l’un con l’altro insieme
per viva forza mal convien che vada;
Ora l’uno ha spento l’altro; e la spada (il potere temporale) si è unita al pastorale (il potere spirituale), e forzatamente camminano insieme, ma male si accordano.
però che, giunti, l’un l’altro non teme:
se non mi credi, pon mente a la spiga,
ch’ogn’erba si conosce per lo seme.
Poiché, una volta uniti, non si temono a vicenda; se non mi credi, osserva la spiga, perché ogni erba si riconosce dal seme.
In sul paese ch’Adice e Po riga,
solea valore e cortesia trovarsi,
prima che Federigo avesse briga;
Nella regione irrigata dall’Adige e dal Po, un tempo si trovavano valore e cortesia, prima che Federico II portasse discordia.
or può sicuramente indi passarsi
per qualunque lasciasse, per vergogna,
di ragionar coi buoni o d’appressarsi.
Ora si può attraversare quella terra senza vergogna, per chiunque abbia smesso di parlare con i giusti o di avvicinarsi a loro.
Ben v’èn tre vecchi ancora in cui rampogna
l’antica età la nova, e par lor tardo
che Dio a miglior vita li ripogna:
Ci sono ancora tre vecchi nei quali l’antica età rimprovera la nuova, e a loro sembra che Dio tardi troppo a portarli a una vita migliore.
Currado da Palazzo e ’l buon Gherardo
e Guido da Castel, che mei si noma,
francescamente, il semplice Lombardo.
Currado da Palazzo, il buon Gherardo e Guido da Castel, che è meglio conosciuto con il nome di “il semplice Lombardo”, per il suo stile di vita francescano.
Dì oggimai che la Chiesa di Roma,
per confondere in sé due reggimenti,
cade nel fango, e sé brutta e la soma”.
Ora puoi dire che la Chiesa di Roma, per aver confuso in sé i due poteri (spirituale e temporale), è caduta nel fango, e ha sporcato se stessa e il suo carico.
“O Marco mio”, diss’io, “bene argomenti;
e or discerno perché dal retaggio
li figli di Levì furono essenti.
“Oh, Marco mio”, dissi, “argomenti bene; ora capisco perché i figli di Levi (i sacerdoti) erano esentati dall’eredità terrena.”
Ma qual Gherardo è quel che tu per saggio
di’ ch’è rimaso de la gente spenta,
in rimprovèro del secol selvaggio?”.
Ma chi è quel Gherardo che tu citi come esempio di virtù rimasto tra la gente ormai decaduta, in rimprovero alla generazione corrotta?”
“O tuo parlar m’inganna, o el mi tenta”,
rispuose a me; “ché, parlandomi tosco,
par che del buon Gherardo nulla senta.
“O il tuo discorso mi inganna o mi provoca”, rispose; “poiché, parlandomi in toscano, sembra che tu non sappia nulla del buon Gherardo.
Per altro sopranome io nol conosco,
s’io nol togliessi da sua figlia Gaia.
Dio sia con voi, ché più non vegno vosco.
Non lo conosco con altro nome, se non quello che deriva da sua figlia Gaia. Dio sia con voi, perché non camminerò più con voi.
Vedi l’albor che per lo fummo raia
già biancheggiare, e me convien partirmi
(l’angelo è ivi) prima ch’io li paia”.
Vedi l’alba che comincia a fendere il fumo e biancheggiare, e io devo andarmene (l’angelo è lì) prima che io appaia davanti a lui.”
Così tornò, e più non volle udirmi.
Così si allontanò, e non volle più ascoltarmi.
Conclusione
In questo dialogo fondamentale, Marco Lombardo espone con chiarezza le ragioni della decadenza morale del mondo, collegando la causa alla fusione tra il potere temporale e spirituale. Spero che questa analisi e parafrasi ti abbiano aiutato a cogliere la profondità del discorso di Dante su uno dei temi centrali della Divina Commedia: la responsabilità umana e il libero arbitrio.
Solo testo dei versi 73-145 del sedicesimo canto del Purgatorio di Dante
Lo cielo i vostri movimenti inizia;
non dico tutti, ma, posto ch’i’ ’l dica,
lume v’è dato a bene e a malizia,75
e libero voler; che, se fatica
ne le prime battaglie col ciel dura,
poi vince tutto, se ben si notrica.78
A maggior forza e a miglior natura
liberi soggiacete; e quella cria
la mente in voi, che ’l ciel non ha in sua cura.81
Però, se ’l mondo presente disvia,
in voi è la cagione, in voi si cheggia;
e io te ne sarò or vera spia.84
Esce di mano a lui che la vagheggia
prima che sia, a guisa di fanciulla
che piangendo e ridendo pargoleggia,87
l’anima semplicetta che sa nulla,
salvo che, mossa da lieto fattore,
volontier torna a ciò che la trastulla.90
Di picciol bene in pria sente sapore;
quivi s’inganna, e dietro ad esso corre,
se guida o fren non torce suo amore.93
Onde convenne legge per fren porre;
convenne rege aver, che discernesse
de la vera cittade almen la torre.96
Le leggi son, ma chi pon mano ad esse?
Nullo, però che ‘l pastor che procede,
rugumar può, ma non ha l’unghie fesse;99
per che la gente, che sua guida vede
pur a quel ben fedire ond’ella è ghiotta,
di quel si pasce, e più oltre non chiede.102
Ben puoi veder che la mala condotta
è la cagion che ’l mondo ha fatto reo,
e non natura che ’n voi sia corrotta.105
Soleva Roma, che ’l buon mondo feo,
due soli aver, che l’una e l’altra strada
facean vedere, e del mondo e di Deo.108
L’un l’altro ha spento; ed è giunta la spada
col pasturale, e l’un con l’altro insieme
per viva forza mal convien che vada;111
però che, giunti, l’un l’altro non teme:
se non mi credi, pon mente a la spiga,
ch’ogn’erba si conosce per lo seme.114
In sul paese ch’Adice e Po riga,
solea valore e cortesia trovarsi,
prima che Federigo avesse briga;117
or può sicuramente indi passarsi
per qualunque lasciasse, per vergogna,
di ragionar coi buoni o d’appressarsi.120
Ben v’èn tre vecchi ancora in cui rampogna
l’antica età la nova, e par lor tardo
che Dio a miglior vita li ripogna:123
Currado da Palazzo e ’l buon Gherardo
e Guido da Castel, che mei si noma,
francescamente, il semplice Lombardo.126
Dì oggimai che la Chiesa di Roma,
per confondere in sé due reggimenti,
cade nel fango, e sé brutta e la soma”.129
“O Marco mio”, diss’io, “bene argomenti;
e or discerno perché dal retaggio
li figli di Levì furono essenti.132
Ma qual Gherardo è quel che tu per saggio
di’ ch’è rimaso de la gente spenta,
in rimprovèro del secol selvaggio?”.135
“O tuo parlar m’inganna, o el mi tenta”,
rispuose a me; “ché, parlandomi tosco,
par che del buon Gherardo nulla senta.138
Per altro sopranome io nol conosco,
s’io nol togliessi da sua figlia Gaia.
Dio sia con voi, ché più non vegno vosco.141
Vedi l’albor che per lo fummo raia
già biancheggiare, e me convien partirmi
(l’angelo è ivi) prima ch’io li paia”.144
Così tornò, e più non volle udirmi.