
Declinazioni particolari, antecedente pronominale e prolessi del relativo latino
28 Dicembre 2019
La morte di Palinuro Eneide, V, vv. 816-871
28 Dicembre 2019Testo latino, traduzione e analisi del brano di Virgilio – Eneide (I secolo a.C.) – Libro VI, Deifobo (vv. 494-547)
Questo passaggio del Libro VI dell’Eneide descrive l’incontro di Enea nell’Ade con l’ombra straziata di Deifobo, figlio di Priamo e marito di Elena dopo la morte di Paride. L’episodio è un potente ritratto della brutalità della guerra e del tradimento, e fornisce un’ulteriore prospettiva sulla caduta di Troia.
Testo Latino e Traduzione Italiana
Testo Latino
Atque hic Priamiden laniatum corpore toto ‘Deiphobe armipotens, genus alto a sanguine Teucri, 500 cui tantum de te licuit? mihi fama suprema tunc egomet tumulum Rhoeteo in litore inanem 505 nomen et arma locum seruant; te, amice, nequiui sed me fata mea et scelus exitiale Lacaenae cum fatalis equus saltu super ardua uenit 515 tum me confectum curis somnoque grauatum 520 egregia interea coniunx arma omnia tectis quid moror? inrumpunt thalamo, comes additus una sed te qui uiuum casus, age fare uicissim, Hac uice sermonum roseis Aurora quadrigis 535 i decus, i, nostrum; melioribus utere fatis.’ |
Traduzione Italiana
Ed ecco, qui vede Deifobo, figlio di Priamo, il volto e entrambe le mani, e le tempie spogliate delle orecchie ‘Deifobo, potente in armi, stirpe dal nobile sangue Teucro, 500 A chi fu concesso tanto potere su di te? A me la fama nell’ultima Allora io stesso eressi un tumulo vuoto sulla spiaggia Retea 505 Il nome e le armi conservano il luogo; te, amico, non potei Ma il mio destino e il delitto esiziale della Lacedemone [Elena] Quando il cavallo fatale giunse con un balzo sull’alta 515 Allora me, sfinito dalle preoccupazioni e oppresso dal sonno, 520 L’egregia sposa intanto rimuoveva tutte le armi dalla casa, Che indugio? Irrompono nel talamo, aggiunto a loro un compagno, Ma a te quali casi ti hanno portato qui vivo, orsù, racconta a tua volta. A questo scambio di discorsi, Aurora con i suoi rosee quadrighe 535 Questo è il luogo dove la via si biforca in due direzioni: 540 Deifobo rispose: ‘Non infuriarti, grande sacerdotessa; |
Struttura del testo
L’incontro con Deifobo è uno degli episodi più vividi e drammatici del Libro VI dell’Eneide, che si svolge mentre Enea attraversa il regno dei morti. Questo passaggio serve a rafforzare il tema della caduta di Troia e a evidenziare la perfidia di Elena, offrendo una prospettiva unica e raccapricciante sulla fine della guerra.
1. La Visione Orribile di Deifobo (vv. 494-498)
Enea incontra Deifobo, figlio di Priamo, in uno stato di orribile mutilazione. La descrizione delle sue ferite è estremamente grafica e brutale, quasi un catalogo di atrocità: “dilaniato in tutto il corpo”, “crudelmente sfigurato nel volto”, con “entrambe le mani” e “le tempie spogliate delle orecchie strappate e le narici mutilate da una ferita ignobile”. Questa visione è così sconvolgente che Enea lo riconosce a stento, mentre Deifobo cerca di nascondere i suoi “terribili supplizi”.
2. Le Domande di Enea e il Suo Dolore (vv. 499-507)
Enea è sconvolto e interroga Deifobo con affetto e orrore, chiedendo chi gli abbia inflitto pene così crudeli. Il suo tono è di profonda pietas e compassione. Ricorda la fama che gli era giunta, secondo cui Deifobo era caduto in battaglia tra i Pelasgi, e racconta di avergli eretto un cenotafio (un tumulo vuoto) sulla spiaggia di Reteo, invocando i suoi Mani. Questo gesto di rispetto per i morti è un’ulteriore dimostrazione della pietas di Enea.
‘Deiphobe armipotens, genus alto a sanguine Teucri,
quis tam crudelis optauit sumere poenas?
cui tantum de te licuit? mihi fama suprema
nocte tulit fessum uasta te caede Pelasgum
procubuisse super confusae stragis aceruum.
tunc egomet tumulum Rhoeteo in litore inanem
constitui et magna manis ter uoce uocavi.
nomen et arma locum seruant; te, amice, nequiui
conspicere et patria decedens ponere terra.’
(vv. 499-507)
3. La Rivelazione di Deifobo: Il Tradimento di Elena (vv. 508-529)
Deifobo conferma che Enea ha compiuto tutti i riti funebri necessari. Poi rivela la vera causa della sua morte: non è caduto in battaglia, ma è stato vittima del suo “destino” e del “delitto esiziale della Lacedemone” (Elena). Questa è la parte più scioccante del suo racconto. Deifobo descrive la notte finale di Troia, quando il cavallo fatale era già entrato nella città. Elena, con un’astuzia diabolica, aveva simulato di condurre un coro di Baccanti intorno alla città, ma in realtà teneva una fiamma e chiamava i Greci dalla cima della rocca, segnalando loro il momento di attaccare. La sua “egregia” (ironico) sposa aveva rimosso tutte le armi dalla camera da letto di Deifobo e gli aveva sottratto la spada mentre dormiva. Poi aveva chiamato Menelao (il suo primo marito) e gli aveva aperto le porte, sperando che questo atto di tradimento le avrebbe garantito il perdono e avrebbe cancellato la sua fama di traditrice. Deifobo conclude con un’invocazione agli dèi, chiedendo che tali pene siano inflitte ai Greci, se la sua richiesta di vendetta è “pia” (giusta). Questo desiderio di vendetta è un tema ricorrente nell’epos.
‘sed me fata mea et scelus exitiale Lacaenae
his mersere malis; illa haec monimenta reliquit.
namque ut supremam falsa inter gaudia noctem
egerimus, nosti: et nimium meminisse necesse est.
cum fatalis equus saltu super ardua uenit
Pergama et armatum peditem grauis attulit aluo,
illa chorum simulans euhantis orgia circum
ducebat Phrygias; flammam media ipsa tenebat
ingentem et summa Danaos ex arce uocabat.
tum me confectum curis somnoque grauatum
infelix habuit thalamus, pressitque iacentem
dulcis et alta quies placidaeque simillima morti.
egregia interea coniunx arma omnia tectis
emouet, et fidum capiti subduxerat ensem:
intra tecta uocat Menelaum et limina pandit,
scilicet id magnum sperans fore munus amanti,
et famam exstingui ueterum sic posse malorum.
quid moror? inrumpunt thalamo, comes additus una
hortator scelerum Aeolides. di, talia Grais
instaurate, pio si poenas ore reposco.’
(vv. 510-530)
4. Il Dialogo Interrotto e la Partenza di Deifobo (vv. 531-547)
Deifobo, dopo aver raccontato la sua tragica fine, chiede a Enea a sua volta quale sorte lo abbia portato vivo nell’Ade.
‘sed te qui uiuum casus, age fare uicissim,
attulerint. pelagine uenis erroribus actus
an monitu diuum? an quae te fortuna fatigat,
ut tristis sine sole domos, loca turbida, adires?’
(vv. 531-534)
Il dialogo è interrotto dall’arrivo dell’Aurora e dall’ammonimento della Sibilla, che ricorda a Enea la fuga del tempo e la necessità di proseguire il viaggio. La Sibilla indica le due vie: quella per l’Elisio (a destra) e quella per il Tartaro (a sinistra).
Hac uice sermonum roseis Aurora quadrigis
iam medium aetherio cursu traiecerat axem;
et fors omne datum traherent per talia tempus,
sed comes admonuit breuiterque adfata Sibylla est:
‘nox ruit, Aenea; nos flendo ducimus horas.
hic locus est, partis ubi se uia findit in ambas:
dextera quae Ditis magni sub moenia tendit,
hac iter Elysium nobis; at laeua malorum
exercet poenas et ad impia Tartara mittit.’
(vv. 535-543)
Deifobo, con dignità, accetta il richiamo della Sibilla e si congeda da Enea, esortandolo a godere di un destino migliore. Le sue ultime parole sono un misto di rassegnazione e nobiltà.
Deiphobus contra: ‘ne saeui, magna sacerdos;
discedam, explebo numerum reddarque tenebris.
i decus, i, nostrum; melioribus utere fatis.’
tantum effatus, et in uerbo uestigia torsit.
(vv. 544-547)
Analisi Generale
- Orrore e Pathos: La descrizione delle mutilazioni di Deifobo è tra le più raccapriccianti dell’Eneide. Virgilio usa un linguaggio crudo per evocare orrore e pietà, sottolineando la brutalità della guerra e la sofferenza delle sue vittime.
- Il Tradimento di Elena: L’episodio è una forte condanna di Elena, presentata come una figura diabolica e traditrice. La sua astuzia e la sua perfidia sono la causa diretta della morte di Deifobo e un fattore chiave nella caduta di Troia. Questa visione di Elena è più negativa che in Omero, riflettendo forse una sensibilità romana più incline a condannare il tradimento.
- La Caduta di Troia: Il racconto di Deifobo aggiunge un altro tassello al quadro della caduta di Troia, mostrando come la città sia stata vinta non solo dalla forza, ma anche dall’inganno e dal tradimento interno.
- Pietas di Enea: La reazione di Enea, il suo dolore e il suo gesto di aver eretto un cenotafio, evidenziano ancora una volta la sua pietas, la sua devozione verso i suoi cari e i doveri religiosi. È un eroe che prova compassione anche per chi, in vita, era un nemico.
- Vendetta e Giustizia: Il desiderio di vendetta di Deifobo contro i Greci, in particolare contro Ulisse e Menelao, è un tema classico dell’epos, ma qui è espresso con un tono di giustizia divina, invocando gli dèi a “rinnovare” tali pene.
- Il Mondo dei Morti: L’incontro si svolge nell’Ade, un luogo di sofferenza e di verità. Le anime dei morti portano i segni delle loro vite e delle loro morti. La distinzione tra le vie per l’Elisio e il Tartaro ribadisce la giustizia divina nell’oltretomba.
- Simbolismo: Le ferite di Deifobo non sono solo fisiche, ma simboleggiano la profonda ferita morale inflitta dal tradimento.
Stile e Linguaggio
- Linguaggio Grafico: La descrizione delle ferite è caratterizzata da un linguaggio estremamente visivo e crudo (“laniatum”, “lacerum crudeliter”, “populata”, “truncas”).
- Apostrofe: L’apostrofe di Enea a Deifobo (“Deiphobe armipotens…”) è carica di emozione e rispetto.
- Flashback: Il racconto di Deifobo è un flashback che interrompe la narrazione principale di Enea nell’Ade, aggiungendo profondità e drammaticità.
- Ironia: L’uso di “egregia coniunx” per riferirsi a Elena è un esempio di ironia virgiliana, che sottolinea la sua perfidia.
- Tono Solenne e Patetico: Il tono generale del passaggio è solenne, ma anche profondamente patetico, soprattutto nel lamento di Deifobo.
- Interruzione Drammatica: L’intervento della Sibilla, che interrompe il dialogo, crea un senso di urgenza e ricorda la natura transitoria dell’incontro nell’Ade.
- Uso del Latino: L’uso del latino contribuisce alla solennità e all’aura epica del testo.
Conclusione
L’episodio di Deifobo nel Libro VI dell’Eneide è un momento di grande impatto emotivo e tematico. Attraverso la figura straziata di Deifobo, Virgilio non solo aggiunge un’altra testimonianza della brutalità della guerra di Troia, ma condanna con forza la perfidia di Elena e il tradimento che ha portato alla distruzione della città. L’incontro rafforza la pietas di Enea e la sua missione, mentre la dignità finale di Deifobo, nonostante le sue sofferenze, eleva il personaggio a simbolo delle vittime innocenti e tradite. Questo passaggio è essenziale per comprendere la visione virgiliana della guerra, del destino e della giustizia divina.