“Didone innamorata” è un vero canto di passione e tormento che Virgilio ha cesellato con maestria.
Ecco i versi dell’Eneide, Libro IV, 56-89, che descrivono la regina di Cartagine consumata dall’amore per Enea, seguiti da una mia versione in chiave lirica:
📚 TESTO: Eneide IV, 56-89
(Testo latino e traduzione italiana)
Testo originale di Virgilio:
At regina gravi iamdudum saucia cura
volnus alit venis et caeco carpitur igni.
multa viri virtus animo multusque recurat
gentis honos; haerent infixi pectore vultus
verbaque, nec placidam membris dat cura quietem.
postera Phoebea lustrabat lampade terras
umbras et Caelo demittebat ab alto,
cum sic insomnis secum sic fata querebatur:
“Infelix Dido, nunc te fata vocant! En hostis
ille mihi, talis illi per moenia passus
bellorum et tanto devictus gurgite ponti.
mene ille primus crudelis amoribus hausit?
mene ignarus mali, quae laesos nescia curae
corda dabam? Iam tandem sentio et scio. Quae mens
fuit illa mihi? Quid me furor ille misellis
praecipitem egit? En, iterum crudelis amorum
uror. Viden ut laedat, ut in sua vulnera vertat
ille dolus? Nec iam Iunonis praesesque severae
iussa movebant.
‘Anna soror, quae me suspensam insomnia terrent!
quis novus hic nostris successit sedibus hospes,
quem sese ore ferens, quam forti pectore et armis!
credo equidem, nec vana fides, genus esse deorum.
degeneres animos timor arguit. Heu, quibus ille
iactatus fatis! Quae bella exhausta canebat!
si mihi non animo fixum immotumque sederet
ne cui me vinclo vellem sociare iugali,
postquam primus amor deceptam morte fefellit;
si non pertaesum thalamis taedaeque fuisset,
huic uni forsan potui succumbere culpae.
Anna (fatebor enim) miseri post fata Sychaei
coniugis et sparsos fraterna caede penatis,
solus hic inflexit sensus, animumque labantem
impulit. Agnosco veteris vestigia flammae.'” |
Traduzione in italiano:
Ma la regina, da tempo ferita da un grave affanno,
nutre la piaga nelle vene e un fuoco cieco la consuma.
Molto il valore dell’uomo le torna alla mente, e molto
l’onore della sua stirpe; ma fissi nel petto restano il volto
e le parole, né l’affanno concede alle membra un placido riposo.
La successiva aurora illuminava le terre con la lampada di Febo
e dal cielo profondo lasciava cadere le ombre,
quando così insonne tra sé, così lamentava il suo destino:
“Infelice Didone, ora il fato ti chiama! Ecco il nemico
che a me, attraverso le mura, ha inflitto tali sofferenze
di guerre, e vinto da un così vasto gorgo di mare.
Dunque, fu lui il primo ad attingermi con crudeli amori?
Dunque, io ignara del male, che davo cuori ignari
di pena? Ora finalmente sento e so. Quale mente
fu quella in me? Quale follia mi spinse
precipite, infelice? Ecco, di nuovo brucio di crudeli amori.
Vedi come ferisce, come rivolge alle sue ferite
quella sua astuzia? E ormai non la muovevano i comandi
di Giunone protettrice e severa.
‘Anna, sorella, quali terrori mi agitano nel sonno!
Quale nuovo ospite è giunto nelle nostre dimore,
quale portamento del volto, quale forte petto e armi!
Credo davvero, e non è vana fede, che sia di stirpe divina.
La paura accusa gli animi degeneri. Ah, da quali
fati fu sballottato! Quali guerre logoranti narrava!
Se non mi fosse fisso e immobile nel cuore
di non volermi unire ad alcuno con vincolo nuziale,
dopo che il primo amore, ingannandomi, mi sfuggì con la morte;
se non mi fossero a noia i talami e le fiaccole nuziali,
forse a questa unica colpa potrei soccombere.
Anna (lo confesserò infatti), dopo la sorte infelice di Sicheo
mio sposo e i Penati dispersi per la strage fraterna,
solo costui ha piegato i miei sensi e ha spinto
il mio animo vacillante. Riconosco le vestigia dell’antica fiamma.'”
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✍️ Commento
In questi versi vibra l’anima di Didone, sospesa tra il ricordo del defunto sposo e la folgorante passione per Enea. Un conflitto interiore lacerante, dove la ragione vacilla di fronte alla potenza di un amore che la consuma, presagio di un tragico destino. La sua confessione ad Anna è un grido di umanità, un’ammissione di fragilità di fronte a un sentimento ineluttabile.
Resa lirica in poesia del brano in italiano
Didone, anima ferita,
nel cuore un incendio muto.
L’eroe troiano, fulgido mito,
nel suo sguardo la sorte è scritta.
Ricordi guerrieri, nobile lignaggio,
non leniscono il dardo segreto.
Parole incise, un dolce miraggio,
turbano il sonno, il giorno inquieto.
“Infelice regina! Il destino crudele
mi stringe alla gola, un nodo di pena.
Lui, giunto dal mare, con storie di vele,
nel mio petto la fiamma serena.”
“Fui forse la prima, ignara di mali,
a donare un cuore senza difesa?
Ora sento il tormento, gli oscuri richiami,
la follia che l’anima accesa.”
“Di nuovo la vampa, crudele tormento!
Vedi, sorella, l’inganno sottile?
Le sue ferite, un amaro lamento,
nel mio cuore una nuova ferita apre.”
Giunone severa, i suoi divini comandi,
non hanno più forza sul cuore infiammato.
“Anna, sorella, sogni tremandi!
Un ospite nuovo, dal cielo mandato?”
“Quale portamento, quale fulgore!
Nel suo sguardo la stirpe divina.
Le mie paure non hanno valore,
la sua storia di guerre mi china.”
“Se il giuramento antico non fosse scolpito,
nel mio cuore un voto inviolabile e forte,
dopo l’amore che la morte ha rapito,
forse a quest’unico amore darei la mia sorte.”
“Anna, lo confesso, nel pianto sommersa,
dopo Sicheo, l’ombra del mio sposo,
solo quest’uomo l’anima ha scossa,
il mio cuore incerto ha reso riposo…
Ma è un fuoco antico, una fiamma riaccesa.”