La responsabilità penale dei dirigenti scolastici
Scuola Oggi – 16 ottobre 2009
di Federico Niccoli
Ho partecipato, insieme al collega Roberto Proietto ed ai magistrati Franco Ghezzi (procuratore aggiunto presso la Procura della Repubblica di Milano) ed Annamaria Gatto (magistrato presso il Tribunale di Milano) ad una interessante tavola rotonda sul tema delle responsabilità penali dei dirigenti scolastici con particolare riferimento alla gestione delle notizie di reato.
Gli organizzatori del Convegno (Loredana Leoni per lAndis e Raffaele Ciuffreda per la CGIL scuola) si dichiarano giustamente soddisfatti dell’esito del convegno , perché si sono ampliate le conoscenze sui problemi relativi alle responsabilità penali dei dirigenti scolastici attraverso la lettura approfondita delle norme e si è avviato un confronto franco tra gli attori coinvolti sul tema (principalmente magistrati e dirigenti scolastici).
Condivido le dichiarazioni dei colleghi. In effetti, a parte qualche pregiudizio di troppo del dott. Ghezzi (i dirigenti non denunciano i reati perché, in buona sostanza, preferiscono lavare i panni sporchi in famiglia” o hanno paura di querele per calunnia ed altro da parte dei soggetti denunciati), nel convegno è emersa nitida l’esigenza che un qualunque pubblico ufficiale – e tale è il dirigente scolastico- denunci senza indugi alla Procura della Repubblica (non al Provveditorato o ai servizi sociali) soprattutto le ipotesi di abuso (sessuale e non) sui minori e non svolga indagini preventive, che non gli competono : la rapidità -in questi casi- è essenziale per evitare la reiterazione dei reati ipotizzati con i mezzi investigativi che solo i magistrati possiedono. Il dirigente scolastico, salvo i casi eccezionalissimi di notizie fantasiose e palesemente inattendibili, è tenuto ad un solo comportamento : denunciare i fatti appresi, senza commenti e giudizi di valore.
Credo personalmente che la tipologia di comportamento suggerita dagli avvocati e dai magistrati presenti al convegno sia ineccepibile.
Alcuni colleghi presenti in sala rumoreggiavano comprensibilmente quando il procuratore Ghezzi lanciava qualche sottile provocazione e soprattutto quando ha affermato avete voluto la bicicletta, ora pedalate!” .
Al di là del tono , bisogna però riconoscere che non pochi colleghi , nelle occasioni difficili, cercano consigli/conforto presso presunti organi superiori (?) , che , per altro, non sono in grado di dare suggerimenti : la responsabilità delle azioni/omissioni è inequivocabilmente del responsabile dell’istituzione scolastica, che ha ottenuto la bicicletta (la dirigenza) e deve pedalare (agire sempre e comunque in prima persona).
Nel merito delle questioni affrontate dal Convegno, mi pare, però, che le certezze incrollabili degli avvocati e magistrati siano da sottoporre a qualche ulteriore riflessione, perché gli operatori del diritto (che dovrebbero essere maestri dell’individuazione delle aggravanti , delle attenuanti e dei contesti entro i quali si svolgono i fatti) in qualche caso sottovalutano la complessità del contesto scolastico e non tengono conto che, anche a norma di Costituzione, si deve sempre partire da un approccio giuridico nell’applicazione delle norme, senza, però, restarne prigionieri perché entrano contestualmente in gioco approcci di natura psicopedagogica e sociologica.
Più esplicitamente: i magistrati ci hanno spiegato che non importa stabilire se il dirigente scolastico abbia mantenuto una condotta omissiva (nei casi in cui si tratti di un reato perseguibile d’ufficio e non a querela di parte) per insipienza, per disinteresse, per tentare di tutelare il buon nome dell’istituto o per altre ragioni. Rileverebbe soltanto l’avere volontariamente non adempiuto all’obbligo di legge -la denuncia tempestiva – che configurerebbe un reato doloso e non una negligenza colposa. Si tratterebbe (si veda l’articolo 40 del codice penale) di una causalità normativa(non impedire l’evento che si ha l’obbligo giuridico di impedire, equivale a cagionarlo) in tutti i casi in cui il dirigente non compia l’azione possibile, che ha il dovere di compiere nell’ottica funzionale alla tutela dei beni giuridici protetti.
Ho obiettato, ringraziando comunque i magistrati per la esaurientissima illustrazione delle norme, che aiutano i dirigenti scolastici a non commettere errori, che esiste , come ha detto opportunamente il collega Proietto, una zona grigia che non consente automatismi (ricevo la notizia, denuncio!) nell’agire del dirigente scolastico.
Se è vero che il codice prevede la cosiddetta causalità normativa(vedi sopra) non è altrettanto pacifico che un dirigente scolastico possa individuare con certezza la qualificazione delle notizie che gli arrivano” come reati perseguibili d’ufficio, in quanto anche i magistrati non poche volte sbagliano tale qualificazione. E soprattutto non si può sempre e comunque qualificare lomissione come concorso con o favoreggiamento del colpevole del reato”. Esiste, sicuramente, la negligenza colposa, che va valutata come tale senza arrivare a pesanti provvedimenti giudiziali che possono distruggere la vita e la personalità di un dirigente scolastico, che magari ha speso tutta la sua vita professionale in difesa dei minori in generale e dei minori portatori di bisogni educativi speciali in particolare.
Ho citato l’esempio di una pesante condanna inflitta dal Tribunale di Milano e poi dalla Corte di Appello al dirigente dell’epoca dell’Istituto Majorana di Rho. In quel caso la Corte di Cassazione, ha annullato , senza rinvio (caso raro) , le sentenze milanesi proprio perché i giudici di merito non avevano imbroccato” la qualificazione giuridica del reato ascritto a quel Preside.
La Cassazione ha riaffermato un canone, che ha sempre contraddistinto la civiltà giuridica della legislazione italiana, secondo il quale perché si configuri l’elemento soggettivo del dolo (ai fini dell’integrazione dell’elemento soggettivo), anche nella forma omissiva, è necessario che il soggetto agisca con la coscienza e la volontà di agevolare” con la sua condotta l’uso di sostanze stupefacenti ( – era di questo che si parlava in quel caso).
Questa massima contraddice con tutta evidenza le certezze ostentate dai nostri interlocutori al convegno, in quanto importano ed hanno rilevanza le cause delle condotte omissive:
una cosa è linsipienza e/o la sottovalutazione altra cosa è la volontà di agevolare il colpevole !
Per concludere, dirò che a me, ma senz’altro anche agli organizzatori del convegno, non piacciono i dirigenti scolastici passivi-prudenti (quelli che non assumono rischi, che evitano i conflitti, quelli che attuano meccanismi di fuga dai problemi) ma tifiamo” esplicitamente per quelli che lavorano come animatori culturali, organizzatori e valorizzatori delle risorse umane e professionali, sensori e garanti dei rapporti con il territorio e difensori dei diritti degli alunni ad una vita serena, equilibrata e protesa al successo formativo in tutte le circostanze.
Siamo felici di avere suggerimenti che evitino pericolosi comportamenti omissivi dei dirigenti, che, però, non possiamo e non vogliamo trasformare in agenti di polizia giudiziaria.
Vogliamo comportamenti attenti e responsabili dei dirigenti scolastici, che sono sufficienti ad evitare ipotesi di responsabilità penali sempre e comunque.
Federico Niccoli