
Pinacoteca ambrosiana
28 Dicembre 2019
E poi fate l’amore di Alda Merini
28 Dicembre 2019“Dio è morto” è una delle canzoni più iconiche e controverse di Francesco Guccini, scritta nel 1965 e resa celebre dall’interpretazione dei Nomadi.
Analisi del Testo
Il testo è una potente riflessione sul disagio e sulla disillusione della gioventù degli anni ’60, ma anche sulla sua intrinseca speranza e desiderio di cambiamento. La canzone è divisa in tre strofe principali, ciascuna delle quali esplora un aspetto diverso della “morte di Dio” e della rinascita della fede in nuovi valori.
- Prima Strofa: La Disillusione e la Ribellione Giovanile La prima parte descrive una generazione che si sente smarrita (“andare via / Lungo le strade che non portano mai a niente”), alla ricerca di qualcosa di autentico in un mondo che percepisce come vuoto e superficiale. I giovani si rifugiano in evasione (“vino”, “pastiglie”, “fumo”) ma al contempo esprimono un desiderio di “essere contro ad ingoiare la nostra stanca civiltà”. Il “dio che è morto” qui simboleggia la fine dei valori tradizionali e delle certezze consumistiche: “Ai bordi delle strade”, “Nelle auto prese a rate”, “Nei miti dell’estate”. È il dio di una società materialista e superficiale che ha perso il suo significato.
- Seconda Strofa: La Critica alle False Fedi e all’Ipocrisia Nella seconda strofa, la critica si fa più esplicita e amara. La generazione di Guccini non crede più nelle “fedi fatte di abitudine e paura”, nelle “fedi fatte di abitudine e paura”, nei “miti eterni della patria o dell’eroe”. Vengono denunciate la politica opportunista (“che è solo far carriera”), il “perbenismo interessato”, la “dignità fatta di vuoto” e l'”ipocrisia di chi sta sempre con la ragione e mai col torto”. Qui, il “dio che è morto” assume un significato più cupo, legato agli orrori della storia: “Nei campi di sterminio”, “Coi miti della razza”, “Con gli odi di partito”. È il dio strumentalizzato da ideologie e violenze, che ha perso la sua essenza spirituale.
- Terza Strofa: La Speranza e la Rinascita di un Nuovo Dio La conclusione, tuttavia, è sorprendentemente ottimista e propositiva. La generazione di Guccini è “preparata / A un mondo nuovo e a una speranza appena nata”. Si parla di una “rivolta senza armi”, suggerendo un cambiamento basato su ideali e non sulla violenza. La frase chiave è: “se dio muore è per tre giorni e poi risorge”. Questa potente analogia cristologica indica che, se i vecchi idoli e le false fedi sono caduti, un nuovo “dio” (inteso come insieme di valori, speranza, ideali) può rinascere. Il “dio è risorto” in “ciò che noi crediamo”, in “ciò che noi vogliamo”, “Nel mondo che faremo”. Qui, Dio non è una divinità trascendente e dogmatica, ma è incarnato nella coscienza collettiva, nelle azioni e nelle aspirazioni di una generazione che costruisce un futuro migliore basato sulla libertà, l’autenticità e la giustizia sociale.
Contesto e Impatto
“Dio è morto” fu scritta in un periodo di forte fermento culturale e sociale. Le proteste giovanili, il pacifismo, le critiche al consumismo e alle istituzioni tradizionali stavano prendendo piede. La canzone di Guccini divenne un manifesto per molti giovani che si riconoscevano in quel sentimento di disillusione ma anche di forte desiderio di rinnovamento. La sua forza risiede nella capacità di aver dato voce a un malessere diffuso e di aver proposto una visione di speranza attiva, in cui il futuro è nelle mani di chi crede in nuovi valori.
Nonostante le iniziali difficoltà con la censura (il riferimento alla “morte di Dio” era molto provocatorio per l’epoca), la canzone è diventata un classico intramontabile della musica d’autore italiana, simbolo di una generazione e della sua ricerca di significato.
