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ESAMI DI STATO DI ISTRUZIONE SECONDARIA SUPERIORE PRIMA PROVA SCRITTA – PROVA DI ITALIANO – Sessione Ordinaria 2019
TRACCIA PROPOSTA B3
L’EREDITÀ DEL NOVECENTO
Il brano che segue è tratto dall’introduzione alla raccolta di saggi “La cultura italiana del Novecento” (Laterza 1996); in tale introduzione, Corrado Stajano, giornalista e scrittore, commenta affermazioni di alcuni protagonisti del XX secolo.
C’è un po’ tutto quanto è accaduto durante il secolo in questi brandelli di memoria dei grandi vecchi del Novecento: le due guerre mondiali e il massacro, i campi di sterminio e l’annientamento, la bomba atomica, gli infiniti conflitti e la violenza diffusa, il mutare della carta geografica d’Europa e del mondo (almeno tre volte in cento anni), e poi il progresso tecnologico, la conquista della luna, la mutata condizione umana, sociale, civile, la fine delle ideologie, lo smarrimento delle certezze e dei valori consolidati, la sconfitta delle utopie.
Sono caduti imperi, altri sono nati e si sono dissolti, l’Europa ha affievolito la sua influenza e il suo potere, la costruzione del “villaggio globale”, definizione inventata da Marshall McLuhan nel 1962, ha trasformato i comportamenti umani. Nessuna previsione si è avverata, le strutture sociali si sono modificate nel profondo, le invenzioni materiali hanno modificato la vita, il mondo contadino identico nei suoi caratteri sociali dall’anno Mille si è sfaldato alla metà del Novecento e al posto delle fabbriche dal nome famoso che furono vanto e merito dei ceti imprenditoriali e della fatica della classe operaia ci sono ora immense aree abbandonate concupite dalla speculazione edilizia che diventeranno città della scienza e della tecnica, quartieri residenziali, sobborghi che allargheranno le periferie delle metropoli. In una o due generazioni, milioni di uomini e donne hanno dovuto mutare del tutto i loro caratteri e il loro modo di vivere passando in pochi decenni dalla campana della chiesa che ha segnato il tempo per secoli alla sirena della fabbrica. Al brontolio dell’ufficio e del laboratorio, alle icone luminose che affiorano e spariscono sugli schermi del computer.
Se si divide il secolo in ampi periodi – fino alla prima guerra mondiale; gli anni tra le due guerre, il fascismo, il nazismo; la seconda guerra mondiale e l’alleanza antifascista tra il capitalismo e il comunismo; il lungo tempo che dal 1945 arriva al 1989, data della caduta del muro di Berlino – si capisce come adesso siamo nell’era del post. Viviamo in una sorta di ricominciamento generale perché in effetti il mondo andato in frantumi alla fine degli anni Ottanta è (con le varianti dei paesi dell’Est europeo divenute satelliti dell’Unione Sovietica dopo il 1945) lo stesso nato ai tempi della rivoluzione russa del 1917.
Dopo la caduta del muro di Berlino le reazioni sono state singolari. Più che un sentimento di liberazione e di gioia per la fine di una fosca storia, ha preso gli uomini uno stravagante smarrimento. Gli equilibri del terrore che per quasi mezzo secolo hanno tenuto in piedi il mondo erano infatti protettivi, offrivano sicurezze passive ma consolidate. Le possibili smisurate libertà creano invece incertezze e sgomenti. Più che la consapevolezza delle enormi energie che possono essere adoperate per risolvere i problemi irrisolti, pesano i problemi aperti nelle nuove società dell’economia planetaria transnazionale, nelle quali si agitano, mescolati nazionalismi e localismi, pericoli di guerre religiose, balcanizzazioni, ondate migratorie, ferocie razzistiche, conflitti etnici, spiriti di violenza, minacce secessionistiche delle unità nazionali.
Nasce di qui l’insicurezza, lo sconcerto. I nuovi problemi sembrano ancora più nuovi, caduti in un mondo vergine. Anche per questo è difficile capire oggi quale sarà il destino umano dopo il lungo arco attraversato dagli uomini in questo secolo.
Corrado Stajano, Introduzione alla raccolta di saggi “La cultura italiana del Novecento” (Laterza 1996)
Comprensione e analisi
1. Riassumi il contenuto essenziale del testo, mettendone in evidenza gli snodi argomentativi.
2. A che cosa si riferisce l’autore quando scrive: «passando in pochi decenni dalla campana della chiesa che ha segnato il tempo per secoli alla sirena della fabbrica»? (righe 14-15)
3. Perché l’autore, che scrive nel 1996, dice che: «adesso siamo nell’era del post»? (riga 19)
4. In che senso l’autore definisce «stravagante smarrimento» uno dei sentimenti che «ha preso gli uomini» dopo la caduta del muro di Berlino?
Produzione
Dopo aver analizzato i principali temi storico-sociali del XX secolo, Corrado Stajano fa riferimento all’insicurezza e allo sconcerto che dominano la vita delle donne e degli uomini e che non lasciano presagire «quale sarà il destino umano dopo il lungo arco attraversato dagli uomini in questo secolo».
Ritieni di poter condividere tale analisi, che descrive una pesante eredità lasciata alle nuove generazioni? A distanza di oltre venti anni dalla pubblicazione del saggio di Stajano, pensi che i nodi da risolvere nell’Europa di oggi siano mutati?
Illustra i tuoi giudizi con riferimenti alle tue conoscenze, alle tue letture, alla tua esperienza personale e scrivi un testo in cui tesi e argomenti siano organizzati in un discorso coerente e coeso.
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Durata massima della prova: 6 ore.
È consentito l’uso del dizionario italiano e del dizionario bilingue (italiano-lingua del paese di provenienza) per i candidati di madrelingua non italiana.
SVOLGIMENTO
L’eredità del novecento
TIPOLOGIA B – ANALISI E PRODUZIONE DI UN TESTO ARGOMENTATIVO PROPOSTA B3 L’EREDITÀ DEL NOVECENTO
Comprensione e analisi
1. Riassumi il contenuto essenziale del testo, mettendone in evidenza gli snodi argomentativi.
Il testo di Corrado Stajano è una riflessione sull’eredità complessa e spesso contraddittoria del Novecento. L’autore parte dall’idea che il secolo sia stato un’epoca di profonde trasformazioni, caratterizzata da eventi devastanti come le due guerre mondiali, i campi di sterminio, la bomba atomica e numerosi conflitti, ma anche da un incredibile progresso tecnologico e mutamenti sociali epocali (righe 1-5).
Gli snodi argomentativi principali sono:
- Il superamento delle certezze e la fine delle ideologie (righe 5-16): Stajano sottolinea come il Novecento abbia visto la caduta di imperi, l’affievolirsi dell’influenza europea e la costruzione del “villaggio globale” di McLuhan, che ha modificato i comportamenti umani. Nessuna previsione si è avverata, le strutture sociali sono mutate radicalmente, in particolare con lo sfaldamento del mondo contadino e la trasformazione delle fabbriche in aree dismesse. Milioni di persone hanno dovuto adattarsi a ritmi di vita completamente nuovi, passando dalla scansione del tempo della “campana della chiesa” a quella della “sirena della fabbrica” e, infine, agli “schermi del computer”.
- La periodizzazione del secolo e l’era del “post” (righe 17-22): L’autore propone una scansione del Novecento (fino alla prima guerra mondiale; tra le due guerre; la seconda guerra mondiale; dal 1945 al 1989) per affermare che, dopo la caduta del Muro di Berlino, si è entrati nell’era del “post”, ovvero in una sorta di “ricominciamento generale”. Questo perché il mondo andato in frantumi alla fine degli anni Ottanta era, in fondo, lo stesso nato con la rivoluzione russa del 1917, segnando la fine di un’epoca.
- Lo smarrimento post-1989 e le nuove incertezze (righe 23-32): Invece di gioia e liberazione, la fine della Guerra Fredda ha generato uno “stravagante smarrimento”. Gli “equilibri del terrore” della Guerra Fredda, pur pericolosi, offrivano “sicurezze passive ma consolidate”. Le “smisurate libertà” post-1989 hanno invece creato incertezze e sgomenti, facendo emergere nuovi e complessi problemi come nazionalismi, localismi, guerre religiose, balcanizzazioni, ondate migratorie, ferocie razzistiche, conflitti etnici e minacce secessionistiche. Questi problemi, apparentemente “nuovi”, lasciano un senso di insicurezza e sconcerto, rendendo difficile prevedere il destino umano.
In sintesi, Stajano descrive il Novecento come un secolo di rotture e trasformazioni profonde che, culminate con la fine delle ideologie e degli equilibri bipolari, hanno lasciato un’eredità di smarrimento e nuove, complesse problematiche irrisolte.
2. A che cosa si riferisce l’autore quando scrive: «passando in pochi decenni dalla campana della chiesa che ha segnato il tempo per secoli alla sirena della fabbrica»? (righe 14-15)
Quando l’autore scrive «passando in pochi decenni dalla campana della chiesa che ha segnato il tempo per secoli alla sirena della fabbrica», si riferisce alla radicale e rapidissima trasformazione socio-economica e culturale che ha investito milioni di persone in Italia (e non solo) a partire dalla metà del Novecento, con il passaggio da una società prevalentemente agricola e rurale a una società industriale e urbana.
La “campana della chiesa” simboleggia il tempo della vita contadina, scandito dai ritmi naturali, dalle stagioni, dalle festività religiose e dalla vita comunitaria del borgo. Era un tempo lento, ciclico, ancorato a tradizioni secolari e a valori consolidati. La “sirena della fabbrica”, al contrario, rappresenta l’avvento della modernità industriale. Simboleggia il tempo meccanizzato, lineare, dettato dalle esigenze della produzione, con orari fissi e turni di lavoro. Indica il passaggio dalla campagna alla città, dall’autoconsumo al salario, dalla comunità tradizionale all’anonimato della metropoli e all’organizzazione sociale della fabbrica.
Questa immagine rende vivida la portata delle trasformazioni che hanno costretto “milioni di uomini e donne” (r. 13) a mutare “del tutto i loro caratteri e il loro modo di vivere” (r. 14) in un lasso di tempo estremamente breve, subendo un vero e proprio sradicamento culturale e sociale. Il riferimento successivo al “brontolio dell’ufficio e del laboratorio” e alle “icone luminose che affiorano e spariscono sugli schermi del computer” (r. 15-16) estende il concetto, mostrando l’ulteriore evoluzione verso la società terziaria e digitale, sottolineando una progressione sempre più rapida nei mutamenti del tempo e delle condizioni di vita.
3. Perché l’autore, che scrive nel 1996, dice che: «adesso siamo nell’era del post»? (riga 19)
L’autore, scrivendo nel 1996, afferma che «adesso siamo nell’era del post» perché la caduta del Muro di Berlino nel 1989 ha rappresentato un evento spartiacque che ha segnato la fine di un’epoca storica e l’inizio di una nuova fase caratterizzata dalla dissoluzione degli equilibri e delle ideologie che avevano dominato il XX secolo.
Il “post” si riferisce a ciò che viene “dopo”:
- Dopo le grandi ideologie: Il comunismo, in particolare, aveva rappresentato uno dei due blocchi ideologici che avevano modellato la Guerra Fredda. La sua caduta ha segnato la fine del confronto bipolare tra capitalismo e comunismo, che aveva strutturato le relazioni internazionali e influenzato le politiche interne di molti paesi.
- Dopo un mondo frammentato: Stajano spiega che il mondo “andato in frantumi alla fine degli anni Ottanta” era lo stesso nato dalla Rivoluzione russa del 1917, suggerendo che un intero ciclo storico si era concluso. L’era del “post” è quindi una fase di “ricominciamento generale” in cui le vecchie certezze e i vecchi equilibri sono venuti meno.
- Dopo le sicurezze consolidate: Gli “equilibri del terrore” della Guerra Fredda, pur pericolosi, offrivano “sicurezze passive ma consolidate” (r. 25). La loro fine ha generato un vuoto, uno “smarrimento” che precede la definizione di nuovi paradigmi.
L’espressione “era del post” indica quindi un periodo di transizione e ridefinizione, in cui i riferimenti del passato sono venuti meno e i contorni del futuro sono ancora incerti, lasciando spazio a nuove sfide e a una sensazione di insicurezza.
4. In che senso l’autore definisce «stravagante smarrimento» uno dei sentimenti che «ha preso gli uomini» dopo la caduta del muro di Berlino?
L’autore definisce “stravagante smarrimento” (r. 24) il sentimento provato dagli uomini dopo la caduta del Muro di Berlino perché, contrariamente a quanto ci si sarebbe potuti aspettare (un “sentimento di liberazione e di gioia per la fine di una fosca storia” di divisione e minaccia nucleare), si è manifestata una sensazione di incertezza e disorientamento.
Lo “smarrimento” è “stravagante” per i seguenti motivi:
- Perdita di sicurezze, seppur precarie: Gli “equilibri del terrore” della Guerra Fredda, basati sulla deterrenza nucleare tra due superpotenze, avevano creato un sistema bipolare che, pur rischioso, offriva una sorta di “sicurezze passive ma consolidate” (r. 25). C’era un nemico ben definito e un’architettura internazionale, per quanto tesa, chiara. La caduta del Muro ha eliminato questo “ordine”, lasciando un vuoto.
- Emergenza di nuove e complesse problematiche: La fine del blocco sovietico non ha portato a una pace immediata e duratura, ma ha fatto riemergere e esplodere problemi sopiti o repressi dal rigido controllo ideologico e politico. Stajano elenca “nazionalismi e localismi, pericoli di guerre religiose, balcanizzazioni, ondate migratorie, ferocie razzistiche, conflitti etnici, spiriti di violenza, minacce secessionistiche delle unità nazionali” (r. 28-30). Questi problemi, che sembrano “ancora più nuovi, caduti in un mondo vergine” (r. 31), sono complessi e frammentati, rendendo difficile trovare soluzioni univoche.
- Incapacità di gestire le “smisurate libertà”: Le nuove e “smisurate libertà” (r. 26) create dalla fine del blocco orientale hanno portato non solo opportunità ma anche incertezze e sgomenti. La libertà, se non accompagnata da nuovi valori e strutture di riferimento, può generare disorientamento.
In sintesi, lo “stravagante smarrimento” riflette la sorpresa e l’ansia per un mondo che, liberatosi da un’oppressione, si è trovato a fronteggiare una miriade di nuove, frammentate e spesso violente sfide, perdendo le sicurezze (seppur illusorie) del passato.
Produzione
Dopo aver analizzato i principali temi storico-sociali del XX secolo, Corrado Stajano fa riferimento all’insicurezza e allo sconcerto che dominano la vita delle donne e degli uomini e che non lasciano presagire «quale sarà il destino umano dopo il lungo arco attraversato dagli uomini in questo secolo». Ritieni di poter condividere tale analisi, che descrive una pesante eredità lasciata alle nuove generazioni? A distanza di oltre venti anni dalla pubblicazione del saggio di Stajano, pensi che i nodi da risolvere nell’Europa di oggi siano mutati? Illustra i tuoi giudizi con riferimenti alle tue conoscenze, alle tue letture, alla tua esperienza personale e scrivi un testo in cui tesi e argomenti siano organizzati in un discorso coerente e coeso.
L’analisi di Corrado Stajano, pur risalendo al 1996, offre una lettura sorprendentemente attuale dell’eredità del Novecento e del senso di smarrimento che ha caratterizzato la fase post-Guerra Fredda. Condivido pienamente la sua tesi secondo cui il XX secolo, con le sue contraddizioni di progresso e distruzione, ha lasciato alle nuove generazioni un’eredità di incertezza e sconcerto. Anzi, a distanza di quasi trent’anni dalla pubblicazione del saggio, ritengo che molti dei “nodi” individuati da Stajano non solo non si siano sciolti, ma si siano ulteriormente complicati, assumendo nuove forme e dimensioni.
Stajano descrive un Novecento che ha visto la caduta delle certezze e delle ideologie, un mutamento radicale della condizione umana e sociale, e l’emergere di problemi come nazionalismi, conflitti etnici e ondate migratorie dopo la fine dei blocchi. Questa “era del post”, caratterizzata da “smisurate libertà” che generano incertezze, è una condizione che la mia generazione, cresciuta in un mondo globalizzato e interconnesso, riconosce come propria. Siamo figli di un’epoca in cui le grandi narrazioni (politiche, sociali, religiose) hanno perso la loro forza trainante, lasciando spazio a un individualismo che, se da un lato offre maggiore libertà, dall’altro può generare isolamento e un senso di precarietà. L’instabilità geopolitica che Stajano presagiva, con le “balcanizzazioni” e i “pericoli di guerre religiose”, è purtroppo una realtà quotidiana, come dimostrano i conflitti in Ucraina, in Medio Oriente e in altre aree del mondo, che continuano a generare instabilità e nuove crisi umanitarie.
Tuttavia, a mio parere, i nodi da risolvere nell’Europa e nel mondo di oggi si sono evoluti e, in alcuni casi, acuiti. Accanto ai problemi già citati da Stajano, ne sono emersi o si sono intensificati altri:
- La crisi ambientale e climatica: Questa è forse la sfida più pressante e pervasiva, quasi assente nel dibattito pubblico del 1996 come lo è oggi. L’accelerazione del cambiamento climatico, la perdita di biodiversità, l’inquinamento di aria e mari rappresentano una minaccia esistenziale che richiede risposte globali urgenti e che genera un senso di ansia e impotenza nelle nuove generazioni.
- La rivoluzione digitale e le sue implicazioni: Se Stajano accennava alle “icone luminose che affiorano e spariscono sugli schermi del computer”, oggi viviamo nell’era dell’intelligenza artificiale, dei Big Data e della pervasività dei social media. Queste innovazioni, se da un lato hanno facilitato la comunicazione e l’accesso all’informazione, dall’altro hanno sollevato nuove problematiche legate alla privacy, alla disinformazione (“fake news”), alla dipendenza tecnologica e alla polarizzazione sociale. Il “villaggio globale” di McLuhan è divenuto un luogo in cui le bolle di echo chamber e l’algoritmo possono isolare gli individui e radicalizzare le posizioni.
- Le disuguaglianze economiche e sociali crescenti: Nonostante il progresso tecnologico, il divario tra ricchi e poveri, sia all’interno dei singoli paesi che a livello globale, si è ampliato. Questo genera nuove tensioni sociali, frustrazione e sfiducia nelle istituzioni, alimentando populismi e malcontento.
- Crisi demografiche e invecchiamento della popolazione: In molte parti d’Europa, l’invecchiamento della popolazione e il calo delle nascite pongono sfide significative ai sistemi di welfare, alle pensioni e alla sostenibilità economica, incidendo sulla capacità di innovazione e di adattamento.
La mia esperienza personale, sebbene limitata, conferma questa percezione di complessità. Sono cresciuto con l’accesso a una quantità di informazioni senza precedenti, ma anche con la difficoltà di discernere la verità dalla menzogna. Vedo come le discussioni online possano degenerare in ferocia verbale, riproducendo i “conflitti etnici” e gli “spiriti di violenza” di cui parlava Stajano, ma in una dimensione virtuale. Allo stesso tempo, sono consapevole delle pressioni legate al futuro del lavoro in un’economia in rapida evoluzione e delle preoccupazioni per il destino del nostro pianeta.
In conclusione, l’eredità del Novecento, con il suo sconcerto e la sua insicurezza, è più che mai attuale. I “problemi aperti” di cui parlava Stajano si sono moltiplicati e intrecciati con nuove sfide globali. Il destino umano, lungi dall’essere chiaro, appare sempre più incerto e dipendente dalla nostra capacità di affrontare con consapevolezza e responsabilità queste complesse interconnessioni, cercando nuove certezze in un mondo che sembra rifiutarle.