
Complemento di fine
28 Dicembre 2019
Introduzione alla raccolta La bufera e altro
28 Dicembre 2019Gian dei Brughi è uno dei personaggi più affascinanti e singolari del romanzo Il Barone rampante di Italo Calvino.
Si tratta di un famoso bandito che vive nei boschi, un fuorilegge temuto, ma con una passione inaspettata per la lettura. Viene descritto come una figura rozza, un uomo di poche parole, che ha condotto una vita violenta e ribelle, derubando i ricchi viaggiatori, ma che ha un lato umano e sorprendentemente sensibile.
Il giovane Cosimo Piovasco di Rondò, protagonista del romanzo, che vive sugli alberi, fa amicizia con Gian dei Brughi in modo insolito. Il bandito si avvicina a Cosimo per la curiosità suscitata dalla sua vita sugli alberi, ma ciò che lega i due personaggi è la comune passione per i libri. Gian dei Brughi, infatti, scopre attraverso Cosimo il piacere della lettura e se ne innamora a tal punto da lasciare temporaneamente la sua vita da bandito per dedicarsi esclusivamente ai libri che Cosimo gli fornisce.
Questa trasformazione da rude criminale a lettore appassionato è uno degli elementi più ironici e affascinanti del personaggio. Gian dei Brughi si ritira dai suoi affari di bandito, nascondendosi nei boschi solo per leggere senza interruzioni, vivendo una sorta di seconda vita intellettuale. Tuttavia, nonostante il suo tentativo di cambiare, viene catturato e giustiziato per i suoi crimini passati, anche se l’unica cosa che gli interessa fino all’ultimo momento è sapere come finiscono i libri che stava leggendo.
Il personaggio di Gian dei Brughi, con la sua dualità tra criminalità e amore per la letteratura, rappresenta uno dei temi centrali de Il Barone rampante: il contrasto tra la vita selvaggia e quella civile, tra la libertà individuale e le regole della società. Gian è anche un simbolo dell’influenza positiva che la cultura e i libri possono avere anche su una persona apparentemente distante dal mondo intellettuale, trasformandola profondamente.
Ma leggiamo ora il testo di Calvino, in cui il brigante Gian de Brughi giunge nel folto dei rami per nascondersi dagli sbirri che lo stanno inseguendo, un brigante un po’ strano, perché si appassionerà alle letture e alle conversazioni con Cosimo.
Brano tratto dal dodicesimo capitolo del Barone rampante di Italo Calvino
Dunque leggeva il Gil Blas di Lesage, tenendo con una mano il libro e con l’altra il fucile. Ottimo Massimo, cui non piaceva che il padrone leggesse, girava intorno cercando pretesti per distrarlo: ab-baiando per esempio a una farfalla, per vedere se riusciva a fargli puntare il fucile.
Ed ecco, giù dalla montagna, per il sentiero, veniva correndo e ansando un uomo barbuto e malmesso, disarmato, e dietro aveva due sbirri a sciabole sguainate che gridavano: – Fermatelo! È Gian dei Brughi! L’abbiamo stanato, finalmente!
Ora il brigante aveva preso un po’ di distacco dagli sbirri, ma se continuava a muoversi impacciato come chi ha paura di sbagliare strada o di cadere in qualche trappola, li avrebbe riavuti presto alle calcagna. Il noce di Cosimo non offriva appiglio a chi volesse arrampicarcisi, ma egli aveva lì sul ramo una fune di quelle che si portava sempre dietro per superare i passi difficili. Ne buttò un capo a terra e legò l’altro al ramo. Il brigante si vide cadere quella corda quasi sul naso, si torse le mani un momento nell’incertezza, poi s’attaccò alla corda e s’arrampicò rapidissimo, rivelandosi uno di quegli incerti impulsivi o impulsivi incerti che sembra sempre non sappiano cogliere il momento giusto e invece l’azzeccano ogni volta.
Arrivarono gli sbirri. La corda era già stata tirata su e Gian dei Brughi era accanto a Cosimo tra le fronde del noce. C’era un bivio. Gli sbirri presero uno di qua e uno di là, poi si ritrovarono, e non sapevano più dove andare. Ed ecco che s’imbatterono in Ottimo Massimo che scodinzolava nei paraggi.
- Ehi, – disse uno degli sbirri all’altro, – questo non è il cane del figlio del Barone, quello che sta sulle piante? Se il ragazzo è qua intorno potrà dirci qualcosa.
- Sono quassù! – gridò Cosimo. Ma lo gridò non dal noce dov’era prima e dov’era nascosto il brigante: s’era rapidamente spostato su un castagno lì di fronte, cosicché gli sbirri alzarono subito il capo in quella direzione senza mettersi a guardare sugli alberi intorno.
- Bondì, Signoria, – fecero, – non avrebbe per caso visto correre il brigante Gian dei Brughi?
- Chi fosse non so, – rispose Cosimo, – ma se cercate un omino che correva, ha preso di là verso il torrente…
- Un omino? È un tronco d’uomo che mette paura…
- Be’, di quassù sembrate tutti piccoli…
- Grazie, Signoria! – e tagliarono giù verso il torrente.
Cosimo tornò sul noce e riprese a leggere il Gil Blas. Gian dei Brughi era sempre abbracciato al ramo, pallido in mezzo ai capelli e alla barba ispidi e rossi proprio come brughi, con impigliati foglie sec-che, ricci di castagna e aghi di pino. Squadrava Cosimo con due occhi verdi, tondi e smarriti; brutto, era brutto.
- Sono andati? – si decise a domandare.
- Sì, sì, – disse Cosimo, affabile. – Lei è il brigante Gian dei Brughi?
- Come mi conosce?
- Eh, così, di fama.
- E lei è quello che non scende mai dagli alberi?
- Sì. Come lo sa?
- – Be’, anch’io, la fama corre.
Si guardarono con cortesia, come due persone di riguardo che s’incontrano per caso e sono contente di non essere sconosciute l’una all’altra.
Cosimo non sapeva cos’altro dire, e si rimise a leggere.
- Cosa legge di bello?
- Il Gil Blas di Lesage.
- È bello?
- Eh sì.
- Le manca tanto a finirlo?
- Perché? Be’, una ventina di pagine.
- Perché quando l’aveva finito volevo chiederle se me lo prestava, – sorrise, un po’ confuso. – Sa, passo le giornate nascosto, non si sa mai cosa fare. Avessi un libro ogni tanto, dico. Una volta ho fermato una carrozza, poca roba, ma c’era un libro e l’ho preso. Me lo sono portato su, nascosto sotto la giubba; tutto il resto del bottino avrei dato, pur di tenermi quel libro. La sera, accendo la lanterna, vado per leggere… era in latino! Non ci capivo una parola… – Scosse il capo. – Vede, io il latino non lo so…
- E be’, latino, caspita, è duro, – disse Cosimo, e sentì che suo malgrado stava prendendo un’aria protettiva. – Questo qui è in francese…
- Francese, toscano, provenzale, castigliano, lì capisco tutti, – disse Gian dei Brughi. – Anche un po’ il catalano: Bon dia! Bona nit! Està la mar mòlt alborotada.
In mezz’ora Cosimo finì il libro e lo prestò a Gian dei Brughi.
Così cominciarono i rapporti tra mio fratello e il brigante. Appena Gian dei Brughi aveva finito un libro, correva a restituirlo a Cosimo, ne prendeva in prestito un altro, scappava a rintanarsi nel suo rifugio segreto, e sprofondava nella lettura.
A Cosimo i libri li procuravo io, dalla biblioteca di casa, e quando li aveva letti me li ridava. Ora cominciò a tenerli più a lungo, perché dopo letti li passava a Gian dei Brughi, e spesso tornavano spelacchiati nelle rilegature, con macchie di muffa, striature di lumaca, perché il brigante chissà dove li teneva.
In giorni stabiliti Cosimo e Gian dei Brughi si davano convegno su di un certo albero, si scambiavano il libro e via, perché il bosco era sempre battuto dagli sbirri. Quest’operazione così semplice era molto pericolosa per entrambi: anche per mio fratello, che non avrebbe potuto certo giustificare la sua amicizia con quel criminale! Ma a Gian dei Brughi era presa una tal furia di letture, che divorava romanzi su romanzi e, stando tutto il giorno nascosto a leggere, in una giornata mandava giù certi tomi che mio fratello ci aveva messo una settimana, e allora non c’era verso, ne voleva un altro, e se non era il giorno stabilito si buttava per le campagne alla ricerca di Cosimo, spaventando le famiglie nei casolari e facendo muovere sulle sue tracce tutta la forza pubblica d’Ombrosa.
Adesso a Cosimo, sempre pressato dalle richieste del brigante, i libri che riuscivo a procurargli io non bastavano, e dovette andare a cercarsi altri fornitori. Conobbe un mercante di libri ebreo, tale Orbecche, che gli procurava anche opere in più tomi. Cosimo gli andava a bussare alla finestra dai rami d’un carrubo portandogli lepri, tordi e starne appena cacciati in cambio di volumi.
Ma Gian dei Brughi aveva i suoi gusti, non gli si poteva dare un libro a caso, se no l’indomani tornava da Cosimo a farselo cambiare. Mio fratello era nell’età in cui si comincia a prendere piacere alle letture più sostanziose, ma era costretto ad andarci piano, da quando Gian dei Brughi gli portò indietro Le avventure di Telemaco avvertendolo che se un’altra volta gli dava un libro così noioso, lui gli segava l’albero di sotto.
Cosimo a questo punto avrebbe voluto separare i libri che voleva leggersi per conto suo con tutta calma da quelli che si procurava solo per prestarli al brigante. Macché: almeno una scorsa doveva darla anche a questi, perché Gian dei Brughi si faceva sempre più esigente e diffidente, e prima di prendere un libro voleva che lui gli raccontasse un po’ la trama, e guai se lo coglieva in fallo. Mio fratello provò a passargli dei romanzetti d’amore: e il brigante arrivava furioso chiedendo se l’aveva preso per una donnicciola. Non si riusciva mai a indovinare quello che gli andava.
Insomma, con Gian dei Brughi sempre alle costole, la lettura per Cosimo, dallo svago di qualche mezz’oretta, diventò l’occupazione principale, lo scopo di tutta la giornata. E a furia di maneggiar volumi, di giudicarli e compararli, di doverne conoscere sempre di più e di nuovi, tra letture per Gian dei Brughi e il crescente bisogno di letture sue, a Cosimo venne una tale passione per le lettere e per tutto lo scibile umano che non gli bastavano le ore dall’alba al tramonto per quel che avrebbe voluto leggere, e continuava anche a buio a lume di lanterna.
Finalmente, scoperse i romanzi di Richardson. A Gian dei Brughi piacquero. Finito uno, ne voleva subito un altro. Orbecche gli procurò una pila di volumi. Il brigante aveva da leggere per un mese. Cosimo, ritrovata la pace, si buttò a leggere le vite di Plutarco.
Gian dei Brughi, intanto, sdraiato sul suo giaciglio, gli ispidi capelli rossi pieni di foglie secche sulla fronte corrugata, gli occhi verdi che gli s’arrossavano nello sforzo della vista, leggeva leggeva muovendo la mandibola in un compitare furioso, tenendo alto un dito umido di saliva per esser pronto a voltare la pagina. Alla lettura di Richardson, una disposizione già da tempo latente nel suo animo lo andava come struggendo: un desiderio di giornate abitudinarie e casalinghe, di parentele, di sentimenti familiari, di virtù, d’avversione per i malvagi e i viziosi. Tutto quel che lo circondava non lo interessava più, o lo riempiva di disgusto. Non usciva più dalla sua tana tranne che per correre da Cosimo a farsi dare il cambio del volume, specie se era un romanzo in più tomi ed era rimasto a mezzo della storia. Viveva così, isolato, senza rendersi conto della tempesta di risentimenti che covava contro di lui anche tra gli abitanti del bosco un tempo suoi complici fidati, ma che ora s’erano stancati di tenersi tra i piedi un brigante inattivo, che si tirava dietro tutta la sbirraglia.
Nei tempi andati, s’erano stretti intorno a lui quanti nei dintorni avevano conti da regolare con la giustizia, magari poca cosa, furterelli abituali, come quei vagabondi stagnatori di pentole, o delitti veri e propri, come i suoi compagni banditi. Per ogni furto o rapina questa gente si giovava della sua autorità ed esperienza, ed anche si faceva scudo del suo nome, che correva di bocca in bocca e lasciava i loro in ombra. E anche chi non prendeva parte ai colpi, godeva in qualche modo della loro fortuna, perché il bosco si riempiva di refurtive e contrabbandi d’ogni specie, che bisognava smaltire o rivendere, e tutti quelli che bazzicavano là intorno trovavano da trafficarci sopra. Chi poi compiva rapine per conto suo, all’insaputa di Gian dei Brughi, si faceva forte di quel nome terribile per mettere paura agli aggrediti e ricavarne il massimo: la gente viveva nel terrore, in ogni malvivente vedeva Gian dei Brughi o uno della sua banda e s’affrettava a sciogliere i cordoni della borsa.
Altro materiale sul “Barone rampante” sul sito atuttasccuola:
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Il barone rampante brani scelti
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“Il barone rampante” di Italo Calvino di Riccardo Varliero
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Relazione sul libro “Il barone rampante” di Italo Calvino di Simone Gaiera
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Relazione sul libro “Il barone rampante” di Italo Calvino di Federico Galli