
I bambini e le donne nel romanzo Cio’ che inferno non e’ di Alessandro…
28 Dicembre 2019
Le proposizioni comparative e comparative ipotetiche
28 Dicembre 2019Testo, traduzione e analisi del brano del VII libro dell’Eneide, in cui Giunone evoca la Furia Aletto per seminare la discordia
Testo e Traduzione
Testo di Virgilio:
Haec ubi dicta dedit, terras horrenda petiuit;
luctificam Allecto dirarum ab sede dearum infernisque ciet tenebris, cui tristia bella 325 iraeque insidiaeque et crimina noxia cordi. odit et ipse pater Pluton, odere sorores Tartareae monstrum: tot sese uertit in ora, tam saeuae facies, tot pullulat atra colubris. quam Iuno his acuit uerbis ac talia fatur: 330 ‘hunc mihi da proprium, uirgo sata Nocte, laborem, hanc operam, ne noster honos infractaue cedat fama loco, neu conubiis ambire Latinum Aeneadae possint Italosue obsidere finis. tu potes unanimos armare in proelia fratres 335 atque odiis uersare domos, tu uerbera tectis funereasque inferre faces, tibi nomina mille, mille nocendi artes. fecundum concute pectus, dissice compositam pacem, sere crimina belli; arma uelit poscatque simul rapiatque iuuentus.’ 340Exim Gorgoneis Allecto infecta uenenis principio Latium et Laurentis tecta tyranni celsa petit, tacitumque obsedit limen Amatae, quam super aduentu Teucrum Turnique hymenaeis femineae ardentem curaeque iraeque coquebant. 345 huic dea caeruleis unum de crinibus anguem conicit, inque sinum praecordia ad intima subdit, quo furibunda domum monstro permisceat omnem. ille inter uestis et leuia pectora lapsus uoluitur attactu nullo, fallitque furentem 350 uipeream inspirans animam; fit tortile collo aurum ingens coluber, fit longae taenia uittae innectitque comas et membris lubricus errat. ac dum prima lues udo sublapsa ueneno pertemptat sensus atque ossibus implicat ignem 355 necdum animus toto percepit pectore flammam, mollius et solito matrum de more locuta est, multa super natae lacrimans Phrygiisque hymenaeis: ‘exsulibusne datur ducenda Lauinia Teucris, o genitor, nec te miseret nataeque tuique? 360 nec matris miseret, quam primo Aquilone relinquet perfidus alta petens abducta uirgine praedo? at non sic Phrygius penetrat Lacedaemona pastor, Ledaeamque Helenam Troianas uexit ad urbes? quid tua sancta fides? quid cura antiqua tuorum 365 et consanguineo totiens data dextera Turno? si gener externa petitur de gente Latinis, idque sedet, Faunique premunt te iussa parentis, omnem equidem sceptris terram quae libera nostris dissidet externam reor et sic dicere diuos. 370 et Turno, si prima domus repetatur origo, Inachus Acrisiusque patres mediaeque Mycenae.’
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Traduzione
323-329 Non appena ebbe detto queste parole, la spaventosa (Giunone) si diresse verso la terra; e dalla sede delle Dee Orrende e dalle tenebre infernali smuove Aletto, portatrice di lutti, cui sono a cuore le tristi guerre, le ire, gli inganni e i crimini nocivi. La odiano anche lo stesso padre Plutone, la odiano le sorelle Tartaree, la mostruosa: in tanti volti si trasforma, tante facce spaventose, tanti neri serpenti pullulano. 330-340 Giunone la incalza con queste parole e così le parla: “Concedimi, o vergine nata dalla Notte, questa mia specifica fatica, questo incarico, affinché il nostro onore non ceda o la nostra fama sia infangata, e affinché gli Eneadi non possano circuire Latino con nozze né assediare i confini italici. Tu puoi armare in battaglia fratelli unanimi e sconvolgere le case con gli odi, tu puoi portare nelle dimore flagelli e fiaccole funebri, per te mille nomi, mille arti di nuocere. Scuoti il tuo fecondo petto, dissipa la pace stabilita, semina i crimini della guerra; la gioventù voglia le armi e le chieda subito e le afferri.” 341-356 Subito Aletto, infetta di veleni gorgonei, per prima cosa si dirige verso il Lazio e l’alta reggia del tiranno Laurentino, e si insedia sulla tacita soglia di Amata, che ansie femminili e ire facevano ribollire per l’arrivo dei Teucri e le nozze di Turno. A questa la dea (Aletto) scaglia un serpente dai suoi cerulei capelli, e glielo infila nel petto fino alle più intime viscere, affinché con quel mostro sconvolga in furore tutta la casa. Quello, scivolato tra le vesti e il liscio petto, si snoda senza alcun contatto, e inganna la furente inspirandole un’anima viperina; il grande serpente diventa un monile d’oro attorcigliato al collo, diventa la fascia di una lunga benda, le si annoda tra i capelli e le scivola tra le membra. E mentre la prima peste, scivolata con veleno umido, scuote i sensi e le lega il fuoco nelle ossa, e l’animo non ha ancora percepito la fiamma in tutto il petto, 357-372 Amata parlò più dolcemente e secondo il solito modo delle madri, piangendo molto sulla figlia e sulle nozze frigie (troiane): “Viene data in sposa Lavinia a esuli Teucri, o padre, e non hai compassione né della figlia né di te stesso? Né hai compassione della madre, che il perfido predone abbandonerà al primo Aquilone, portando via la vergine e dirigendosi verso l’alto mare? Ma non così il pastore frigio (Paride) penetrò a Sparta, e condusse Elena, figlia di Leda, alle città troiane? Dov’è la tua santa fede? Dov’è l’antica cura dei tuoi e la mano tante volte data al consanguineo Turno? Se si cerca un genero da gente straniera per i Latini, e ciò è deciso, e gli ordini di tuo padre Fauno ti stringono, io ritengo in verità che ogni terra che libera dai nostri scettri è distante sia straniera e così dicendo gli dèi. E Turno, se si risale alla prima origine della sua casa, ha Inaco e Acrisio come padri e la stessa Micene nel mezzo.” |
Analisi del Brano
Questo brano è un momento di svolta cruciale nel VII libro dell’Eneide. Dopo l’arrivo pacifico di Enea nel Lazio e i buoni auspici, Giunone, eterna nemica dei Troiani, interviene per scatenare la guerra, agendo in contrasto con il Fato. La sua scelta di evocare la Furia Aletto sottolinea la sua determinazione a usare mezzi estremi per ostacolare il destino di Enea e la fondazione di Roma.
1. L’evocazione di Aletto (vv. 323-329)
- La furia Aletto: Virgilio introduce Aletto con un’aura di terrore e repulsione. È una delle Furie (o Erinni), dee vendicatrici nate dalle tenebre infernali, personificazioni di mali come la guerra, l’ira, l’inganno e il crimine (“cui tristia bella iraeque insidiaeque et crimina noxia cordi”).
- Repulsione universale: La sua natura mostruosa è tale che persino Plutone, il dio degli Inferi, e le sue stesse “sorelle Tartaree” la detestano. La descrizione della sua metamorfosi (“tot sese uertit in ora, tam saeuae facies, tot pullulat atra colubris”) enfatizza il suo carattere orrendo e multiforme, capace di assumere innumerevoli aspetti terrificanti e di pullulare di serpenti, simbolo di veleno e insidia.
2. Il discorso di Giunone ad Aletto (vv. 330-340)
- La motivazione di Giunone: Il discorso di Giunone rivela la sua motivazione: impedire che il suo “onore” e la sua “fama” siano “infangati” (“ne noster honos infractaue cedat fama loco”). Vuole impedire le nozze tra Enea e Lavinia e che i Troiani (“Aeneadae”) si insedino nel Lazio. È una lotta personale e ostinata contro il destino.
- I poteri di Aletto: Giunone elenca le capacità di Aletto: scatenare guerre tra fratelli, sconvolgere le famiglie con l’odio, portare distruzione e morte (“funereasque inferre faces”). La frase “tibi nomina mille, mille nocendi artes” (“per te mille nomi, mille arti di nuocere”) sottolinea la sua infinita capacità di seminare il male.
- L’obiettivo: L’ordine finale di Giunone è chiaro e brutale: “dissipe la pace stabilita, semina i crimini della guerra; la gioventù voglia le armi e le chieda subito e le afferri” (“dissice compositam pacem, sere crimina belli; arma uelit poscatque simul rapiatque iuuentus”). Giunone desidera una rottura immediata della pace e l’insorgere della violenza.
3. Aletto e Amata (vv. 341-356)
- Il bersaglio: Aletto si dirige subito verso la reggia di Latino e il suo primo bersaglio è Amata, la regina, moglie di Latino e madre di Lavinia. Amata è già predisposta all’ira e all’ansia (“femineae ardentem curaeque iraeque coquebant”) a causa dell’arrivo dei Troiani e del fidanzamento sfumato di Turno con Lavinia, per il quale lei parteggiava.
- L’infestazione di Aletto: Il modo in cui Aletto infetta Amata è particolarmente vivido e simbolico. La Furia scaglia un serpente dai suoi capelli cerulei, che le penetra nel petto “fino alle più intime viscere”. Il serpente è un simbolo di veleno, inganno e corruzione. La sua azione è subdola (“fallitque furentem uipeream inspirans animam”): il serpente non si vede ma il suo “veleno umido” si diffonde nei sensi e nelle ossa di Amata, accendendole un fuoco interiore. Il serpente che si trasforma in gioielli (“monile d’oro”, “fascia”) sottolinea la natura insidiosa del male che si cela sotto apparenze innocue.
4. Il lamento e la protesta di Amata (vv. 357-372)
- Il cambiamento di Amata: Inizialmente Amata parla “più dolcemente e secondo il solito modo delle madri”, piangendo sulla sorte della figlia. Questo sottolinea la transizione graduale dall’affetto materno al furore indotto da Aletto.
- Il confronto con Paride ed Elena: Il lamento di Amata si trasforma presto in una veemente protesta contro la decisione di Latino. Ella evoca il precedente di Paride ed Elena (“non sic Phrygius penetrat Lacedaemona pastor, Ledaeamque Helenam Troianas uexit ad urbes?”). Questo paragone è significativo: Amata accusa Enea di essere un “perfido predone” (“perfidus… praedo”) che, come Paride, porterebbe solo distruzione, e teme che Lavinia, come Elena, sia sottratta alla sua terra, abbandonando la madre. È una distorsione della realtà, in quanto Enea è guidato dal Fato, non dalla passione.
- La difesa di Turno e l’interpretazione del Fato: Amata mette in discussione la “santa fede” e l'”antica cura” di Latino verso i suoi e la “mano tante volte data” a Turno. Il suo argomento più astuto riguarda l’interpretazione dell’oracolo di Fauno. Se gli dèi hanno detto che Lavinia deve sposare uno straniero, Amata ribatte che “ogni terra che libera dai nostri scettri” può essere considerata straniera. E per dare forza alla sua tesi, arriva ad affermare che Turno, risalendo alla sua più antica origine (“si prima domus repetatur origo”), ha antenati come Inaco e Acrisio (re di Argo e Micene) e quindi Micene stessa, suggerendo che anche lui possa essere considerato “straniero” se si guarda alle radici più remote, o almeno che le origini comuni lo rendano comunque accettabile nonostante l’oracolo. Questa è una chiara manipolazione e distorsione del responso divino per favorire il suo desiderio e contrastare il volere del Fato, prefigurando il conflitto.
Questo brano mostra la forza distruttiva dell’odio e dell’inganno, personificati da Giunone e Aletto, che si oppongono al destino divino. L’azione di Aletto su Amata è il primo passo per scatenare la guerra nel Lazio, dimostrando come le passioni umane, se manipolate da forze oscure, possano portare a conseguenze devastanti.