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9 Giugno 2025Traccia e svolgimento di un Tema argomentativo sul modo di viaggiare con lentezza
TRACCIA
ESAMI DI STATO DI ISTRUZIONE SECONDARIA SUPERIORE PRIMA PROVA SCRITTA – PROVA DI ITALIANO – Sessione Suppletiva 2022
TIPOLOGIA B ESAME DI STATO 2022 – PRIMA PROVA SCRITTA – ITALIANO
PROPOSTA B3
Testo tratto da: Philippe Daverio, Grand tour d’Italia a piccoli passi, Rizzoli, Milano, 2018, pp. 18-19.
Il testo
Lo slow food ha conquistato da tempo i palati più intelligenti. Lo Slow Tour è ancora da inventare; o meglio è pratica da riscoprire, poiché una volta molti degli eminenti viaggiatori qui citati si spostavano in modo assai lento e talora a piedi. È struggente la narrazione che fa Goethe del suo arrivo a vela in Sicilia. A pochi di noi potrà capitare una simile scomoda fortuna.
Il viaggio un tempo si faceva con i piedi e con la testa; oggi sfortunatamente lo fanno i popoli bulimici d’estremo Oriente con un salto di tre giorni fra Venezia, Firenze, Roma e Pompei, e la massima loro attenzione viene spesso dedicata all’outlet dove non comperano più il Colosseo o la Torre di Pisa in pressato di plastica (tanto sono loro stessi a produrli a casa) ma le griffe del Made in Italy a prezzo scontato (che spesso anche queste vengono prodotte da loro). È l’Italia destinata a diventare solo un grande magazzino dove al fast trip si aggiunge anche il fast food, e dove i rigatoni all’amatriciana diventeranno un mistero iniziatico riservato a pochi eletti?
La velocità porta agli stereotipi e fa ricercare soltanto ciò che si è già visto su un giornaletto o ha ottenuto più “like” su Internet: fa confondere Colosseo e Torre di Pisa e porta alcuni americani a pensare che San Sebastiano trafitto dalle frecce sia stato vittima dei cheyenne.
La questione va ripensata. Girare il Bel Paese richiede tempo. Esige una anarchica disorganizzazione, foriera di poetici approfondimenti.
I treni veloci sono oggi eccellenti ma consentono solo il passare da una metropoli all’altra, mentre le aree del museo diffuso d’Italia sono attraversate da linee così obsolete e antiche da togliere ogni voglia d’uso. Rimane sempre una soluzione, quella del festina lente latino, cioè del “Fai in fretta, ma andando piano”.
Ci sono due modi opposti per affrontare il viaggio, il primo è veloce e quindi necessariamente bulimico: il più possibile nel minor tempo possibile. Lascia nella mente umana una sensazione mista nella quale il falso legionario romano venditore d’acqua minerale si confonde e si fonde con l’autentico monaco benedettino che canta il gregoriano nella chiesa di Sant’Antimo. […]
All’opposto, il viaggio lento non percorre grandi distanze, ma offre l’opportunità di densi approfondimenti. Aveva proprio ragione Giacomo Leopardi quando […] sosteneva che in un Paese “dove tanti sanno poco si sa poco”. E allora, che pochi si sentano destinati a saper tanto, e per saper tanto non serve saper tutto ma aver visto poche cose e averle percepite, averle indagate e averle assimilate. Talvolta basta un piccolo museo, apparentemente innocuo, per aprire la testa a un cosmo di sensazioni che diventeranno percezioni. E poi, come si dice delle ciliegie, anche queste sensazioni finiranno l’una col tirare l’altra e lasciare un segno stabile e utile nella mente.
da Philippe Daverio, Grand tour d’Italia a piccoli passi, Rizzoli, Milano, 2018, pp. 18-19.
Comprensione e Analisi
Puoi rispondere punto for punto oppure costruire un unico discorso che comprenda le risposte a tutte le domande proposte.
- Sintetizza le argomentazioni espresse dall’autore in merito alle caratteristiche di un diffuso modo contemporaneo di viaggiare.
- Illustra le critiche di Daverio rispetto al fast trip e inseriscile nella disamina più ampia che chiama in causa altri aspetti del vivere attuale.
- Individua cosa provoca confusione nei turisti che visitano il nostro Paese in maniera frettolosa e spiega il collegamento tra la tematica proposta e l’espressione latina ‘festina lente‘.
- Nel testo l’autore fa esplicito riferimento a due eminenti scrittori vissuti tra il XVIII e il XIX secolo: spiega i motivi di tale scelta.
Produzione
La società contemporanea si contraddistingue per la velocità dei ritmi lavorativi, di vita e di svago: rifletti su questo aspetto e sulle tematiche proposte da Daverio nel brano. Esprimi le tue opinioni al riguardo elaborando un testo argomentativo in cui tesi ed argomenti siano organizzati in un discorso coerente e coeso, anche facendo riferimento al tuo percorso di studi, alle tue conoscenze e alle tue esperienze personali.
SVOLGIMENTO
Analisi di “Grand tour d’Italia a piccoli passi” di Philippe Daverio
L’articolo di Philippe Daverio, “Grand tour d’Italia a piccoli passi”, si configura come una vibrante critica al modo frenetico e superficiale di viaggiare nella società contemporanea, proponendo in alternativa un approccio più lento e meditativo al godimento del patrimonio culturale e paesaggistico italiano. Daverio contrappone il “fast trip” bulimico a un “viaggio lento” che permette approfondimenti poetici e un’autentica assimilazione della conoscenza.
Comprensione e Analisi
1. Sintetizza le argomentazioni espresse dall’autore in merito alle caratteristiche di un diffuso modo contemporaneo di viaggiare.
L’autore critica un diffuso modo contemporaneo di viaggiare, definito “fast trip” o “bulimico”, che si caratterizza per l’eccessiva velocità e la superficialità. Questo approccio è tipico dei “popoli bulimici d’estremo Oriente” (ma per estensione applicabile a chiunque viaggi in tal modo) che compiono “un salto di tre giorni fra Venezia, Firenze, Roma e Pompei”. Tale velocità impedisce un’autentica assimilazione e comprensione dei luoghi, portando a una “sensazione mista” nella mente del viaggiatore. La massima attenzione di questi turisti non è rivolta alla profondità culturale, ma spesso all’acquisto di “griffe del Made in Italy a prezzo scontato”, o di souvenir prodotti altrove. Il viaggio bulimico mira a vedere “il più possibile nel minor tempo possibile”, lasciando nella mente una confusione tra l’autentico e il kitsch. L’Italia, in questa visione, rischia di trasformarsi in un mero “grande magazzino” per un turismo consumistico.
2. Illustra le critiche di Daverio rispetto al fast trip e inseriscile nella disamina più ampia che chiama in causa altri aspetti del vivere attuale.
Le critiche di Daverio al “fast trip” sono severe e si inseriscono in una disamina più ampia che chiama in causa la velocità e la superficialità del vivere attuale.
- Superficialità e stereotipi: La velocità del viaggio “porta agli stereotipi e fa ricercare soltanto ciò che si è già visto su un giornaletto o ha ottenuto più ‘like’ su Internet”. Questo significa che il turista non cerca un’esperienza autentica, ma una conferma di immagini preconcette o di celebrità social. L’autore lamenta che la velocità “fa confondere Colosseo e Torre di Pisa” e porta a gaffe culturali come pensare che San Sebastiano sia stato vittima dei cheyenne.
- Mercificazione del patrimonio: Il “fast trip” trasforma l’Italia in un “grande magazzino”, dove il patrimonio culturale stesso è ridotto a una merce, simile ai prodotti d’outlet. Si predilige l’acquisto di beni materiali scontati rispetto all’immersione culturale.
- Perdita di profondità: La velocità impedisce un’autentica “anarchica disorganizzazione, foriera di poetici approfondimenti”, necessaria per “girare il Bel Paese”. Il viaggio veloce non permette di “percepire, indagare e assimilare” le poche cose che contano davvero, lasciando solo una “sensazione mista” e confusa tra autenticità e imitazione.
- Inadeguatezza delle infrastrutture: Le critiche si estendono alle infrastrutture, dove i treni veloci collegano solo le metropoli, mentre le aree del “museo diffuso d’Italia” (le zone meno battute) sono servite da linee “obsolete e antiche”, scoraggiando un viaggio più lento e capillare.
- Bulimia del consumo: Il “fast trip” è un’estensione della bulimia del consumo, tipica della società contemporanea, dove si cerca di accumulare il più possibile nel minor tempo possibile, sia in termini di esperienze che di beni materiali.
3. Individua cosa provoca confusione nei turisti che visitano il nostro Paese in maniera frettolosa e spiega il collegamento tra la tematica proposta e l’espressione latina ‘festina lente’.
Nei turisti che visitano l’Italia in maniera frettolosa, la confusione è provocata dalla mancanza di tempo e di predisposizione alla profondità che impedisce loro di distinguere l’autentico dal superficiale, il significativo dal meramente rappresentato. Questa velocità porta a una conoscenza superficiale e stereotipata. Esempi specifici di tale confusione sono:
- La confusione tra “Colosseo e Torre di Pisa” (r. 13), emblemi di città e periodi storici diversi, ma ridotti a mere icone intercambiabili.
- L’equivoco sull’immagine di “San Sebastiano trafitto dalle frecce”, interpretato erroneamente come vittima dei cheyenne (r. 14-15), un errore che rivela una totale disconnessione tra l’iconografia religiosa occidentale e la conoscenza storica o culturale del turista.
- La fusione del “falso legionario romano venditore d’acqua minerale” con l'”autentico monaco benedettino che canta il gregoriano nella chiesa di Sant’Antimo” (r. 24-25), a indicare come la superficialità e la velocità appiattiscano la percezione, annullando la distinzione tra l’autenticità storica e il folklore turistico o la pura finzione.
L’espressione latina ‘festina lente’ (“Fai in fretta, ma andando piano”, r. 19), si collega perfettamente alla tematica proposta come soluzione al problema del “fast trip”. Essa incarna il concetto di efficienza unita alla profondità. Non si tratta di eliminare la velocità (i treni veloci sono “eccellenti”), ma di modulare l’approccio: fare le cose con impegno e riflessione, anche se si procede a passo svelto. Nel contesto del viaggio, ‘festina lente’ suggerisce di selezionare poche mete, ma di dedicare a esse il tempo e l’attenzione necessari per una vera “assimilazione” e “percezione” profonda, piuttosto che cercare di vedere “il più possibile nel minor tempo possibile” con risultati bulimici e superficiali. È un invito a privilegiare la qualità dell’esperienza sulla quantità.
4. Nel testo l’autore fa esplicito riferimento a due eminenti scrittori vissuti tra il XVIII e il XIX secolo: spiega i motivi di tale scelta.
Daverio fa esplicito riferimento a due eminenti scrittori vissuti tra il XVIII e il XIX secolo, Goethe e Giacomo Leopardi, per diversi motivi:
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Goethe (1749-1832): Viene citato per la “struggente narrazione che fa del suo arrivo a vela in Sicilia” (r. 4). Il motivo è duplice:
- Simbolo del Grand Tour originale: Goethe fu uno dei più celebri viaggiatori del “Grand Tour” settecentesco e ottocentesco, un viaggio formativo in Italia intrapreso con tempi lunghi e mezzi di trasporto lenti (come la vela), che permettevano un’immersione profonda nella cultura e nel paesaggio. La sua esperienza contrasta nettamente con il “fast trip” contemporaneo.
- Enfatizzare la bellezza del viaggio lento e la “scomoda fortuna”: L’autore definisce l’esperienza di Goethe come una “simile scomoda fortuna” (r. 5). Questa espressione ossimorica suggerisce che la bellezza e la profondità dell’esperienza di viaggio sono spesso legate a un certo disagio, a un tempo non ottimizzato, che però rende l’assimilazione più vera. Goethe incarna il viaggiatore che si prende il tempo necessario per percepire e interiorizzare.
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Giacomo Leopardi (1798-1837): Viene citato per l’affermazione “in un Paese ‘dove tanti sanno poco si sa poco’” (r. 28-29). Il motivo è:
- Sottolineare l’importanza dell’approfondimento: L’autore riprende Leopardi per rafforzare l’idea che la vera conoscenza (il “saper tanto”) non deriva dal sapere tutto superficialmente, ma dall’aver “visto poche cose e averle percepite, averle indagate e averle assimilate” (r. 30-31). Leopardi, pur essendo un erudito, valorizzava la profondità della riflessione sulla mera accumulazione di nozioni.
- Contrasto con l’ignoranza diffusa: L’aforisma leopardiano evidenzia come la superficialità e la mancanza di approfondimento (il “saper poco” di tanti) portino a una generale scarsità di vera conoscenza. Questa critica all’ignoranza si sposa bene con la critica di Daverio alla superficialità del turismo bulimico, che non porta a vera conoscenza.
La scelta di questi due autori, dunque, serve a Daverio per dare autorevolezza storica e intellettuale alla sua tesi sul valore del viaggio lento e della conoscenza profonda, contrapponendola alle derive superficiali del turismo e della cultura contemporanea.
Produzione
Il Tempo Necessario: Riflessioni sulla Velocità e il Viaggio nella Società Contemporanea
La società contemporanea è indiscutibilmente scandita dal ritmo della velocità. Dai ritmi lavorativi sempre più serrati all’immediatezza delle comunicazioni digitali, dalla ricerca del multitasking alla fruizione bulimica di contenuti, sembra che ogni aspetto della nostra esistenza sia compresso in un tempo sempre più ristretto. L’articolo di Philippe Daverio, “Grand tour d’Italia a piccoli passi”, si inserisce con acuta lucidità in questa riflessione, criticando un modo di viaggiare che è sintomo di un malessere più ampio: la superficialità che deriva dall’incapacità di “fermarsi” e “assimilare”. Condivido pienamente le preoccupazioni di Daverio, ritenendo che la velocità, pur portando indubbi vantaggi, rischi di impoverire l’esperienza umana, trasformando la conoscenza in un’accumulazione di dati e il godimento in un consumo effimero.
Il paradigma della velocità permea ogni ambito della vita moderna. Nel mondo del lavoro, la produttività è spesso misurata dalla rapidità di esecuzione, spingendo a una costante corsa contro il tempo che può compromettere la qualità e il benessere. Nella vita quotidiana, la rapidità dei trasporti e della comunicazione ci illude di poter “fare tutto e subito”, creando un’ansia da prestazione e un’incapacità di sopportare i tempi morti. La mia esperienza, pur da studente, mi porta a notare come spesso si ricerchi la “soluzione veloce” anche nell’apprendimento, preferendo riassunti o video didattici a una lettura approfondita, con il rischio di una comprensione superficiale.
Il settore del viaggio è forse l’emblema più lampante di questa tendenza. Il “fast trip” descritto da Daverio, con i suoi “salti” tra le principali città d’arte in pochi giorni, è un esempio di come la quantità prevalga sulla qualità. Il turista bulimico, armato di selfie stick e liste di “cose da vedere”, rischia di attraversare i luoghi senza vederli davvero, riducendoli a sfondi per fotografie da “likare” sui social. Questa è una delle critiche più pertinenti di Daverio: la velocità genera “stereotipi” e porta a “confondere Colosseo e Torre di Pisa”, perché la percezione è così superficiale da non permettere una distinzione significativa. L’attenzione si sposta dall’esperienza autentica all’acquisto di “griffe del Made in Italy a prezzo scontato”, o alla riproduzione di immagini già viste sul web, trasformando il viaggio in una mera attività consumistica. Si assiste a una vera e propria mercificazione dell’esperienza e del patrimonio culturale, dove la profondità storica e artistica è sacrificata sull’altare della rapidità e del consumo.
Daverio, tuttavia, non si limita alla critica, ma propone una soluzione che risuona con la mia sensibilità: la riscoperta del “viaggio lento”, incarnata dal concetto latino di “festina lente”. Questo non significa rifiutare la modernità o i mezzi di trasporto veloci, ma usarli con saggezza, per raggiungere un luogo e poi dedicarsi a un “denso approfondimento”. È una pratica che esige “anarchica disorganizzazione”, cioè la capacità di lasciarsi sorprendere, di deviare dal percorso prestabilito, di scoprire ciò che non è nelle guide o che non ha “più like”. L’autore ha ragione nel citare Leopardi: “in un Paese ‘dove tanti sanno poco si sa poco’”. La vera conoscenza, nel viaggio come nella vita, non è l’accumulo di informazioni frammentate, ma la capacità di “percepire, indagare e assimilare” poche cose in profondità. Un piccolo museo “apparentemente innocuo” può aprire “la testa a un cosmo di sensazioni”, che poi, come le ciliegie, “finiranno l’una col tirare l’altra”.
La mia esperienza di studio, anche in ambiti diversi dalla storia dell’arte, mi ha spesso mostrato come la qualità della comprensione dipenda dal tempo e dall’attenzione dedicati. Approfondire un argomento, leggere più fonti, riflettere criticamente, richiede una “lentezza” che contrasta con la velocità delle scadenze e delle informazioni. Allo stesso modo, nei miei viaggi, anche quelli più brevi, ho imparato a privilegiare l’esplorazione di un quartiere, di un museo o di un singolo monumento, rispetto alla corsa per “vedere tutto”. Il ricordo più vivido non è legato al numero di luoghi visitati, ma alla profondità delle sensazioni provate, all’incontro inaspettato, alla percezione di un dettaglio che ha aperto un mondo.
In conclusione, la riflessione di Philippe Daverio è un monito prezioso in un’epoca ossessionata dalla velocità. Il “fast trip” è un sintomo di una cultura bulimica che rischia di impoverire la nostra esperienza del mondo e di noi stessi. La riscoperta del “viaggio lento” e, per estensione, di un approccio più misurato e consapevole alla vita, è un invito a privilegiare la profondità sulla superficialità, l’autenticità sul consumo, la conoscenza sull’informazione. È una battaglia per riappropriarci del nostro tempo e della nostra capacità di “assimilare” davvero il mondo, trasformando ogni esperienza in un “segno stabile e utile nella mente”.