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28 Dicembre 2019📘 Eugenio Montale: gli anni della formazione di un poeta inquieto
Eugenio Montale nasce a Genova il 12 ottobre 1896, in una famiglia borghese benestante. Il padre, commerciante di prodotti chimici, lo avvia verso studi tecnici, pensando a un futuro concreto per il figlio, lontano dalle “illusioni” della letteratura. Ma in Montale, fin da giovane, pulsa una vocazione diversa, silenziosa e ostinata: quella della parola poetica come strumento per leggere il mistero della vita.
1. Una formazione non accademica, ma profondissima
Montale non segue il classico percorso universitario letterario. Si diploma in ragioneria nel 1915, e solo più tardi frequenterà corsi privati di canto lirico: per un periodo sogna di diventare baritono. In realtà, sarà autodidatta nella sua formazione poetica e intellettuale.
Nella biblioteca di famiglia, esplora la grande cultura europea: Dante, Petrarca, Leopardi, ma anche Nietzsche, Schopenhauer, Pascal, e soprattutto i simbolisti francesi. Cruciale sarà la lettura di T. S. Eliot, che influenzerà profondamente la sua visione disillusa e “moderna” della poesia.
2. La guerra come iniziazione al disincanto
Nel 1917 viene arruolato nella Prima guerra mondiale e assegnato come sottotenente alla fanteria. L’esperienza al fronte, in Trentino, non lo lascia indifferente. Anche se non ne scriverà molto direttamente, questa guerra silenziosa e sofferta contribuirà a forgiare il suo sguardo scettico e tragico sulla storia.
Montale non sarà mai poeta della retorica patriottica: al contrario, nei suoi versi si sentirà spesso l’eco della solitudine, del vuoto che resta quando ogni certezza sembra franare. In questo, è fratello di un’intera generazione segnata dal trauma del conflitto.
3. La Liguria come patria dell’anima
Durante l’infanzia e l’adolescenza, Montale trascorre lunghi periodi estivi a Monterosso, nelle Cinque Terre. Quelle scogliere aspre, quelle marine aguzze e luminose, lasceranno un’impronta indelebile nella sua immaginazione.
Sarà proprio quel paesaggio a diventare lo sfondo simbolico di “Ossi di seppia” (1925), la sua prima raccolta poetica. In quei versi non c’è solo descrizione, ma meditazione esistenziale: la natura è specchio dell’animo umano, luogo del silenzio e della rivelazione.
4. Gli anni Venti: letteratura e libertà
Dopo la guerra, Montale inizia a frequentare l’ambiente intellettuale italiano: si avvicina alla rivista “Primo Tempo”, poi “Solaria”. Ma resta sempre un irregolare, un uomo schivo e indipendente. Rifiuta ogni ideologia, ogni adesione acritica. La sua poesia nasce dalla fedeltà a se stesso, da una ricerca interiore che rifugge il clamore e le mode.
Nel 1927 si trasferisce a Firenze, dove diventa direttore del Gabinetto Vieusseux. Sarà questo uno dei periodi più fecondi della sua vita, ma anche il più difficile sul piano politico, per via del suo dissenso nei confronti del fascismo, che gli costerà il posto nel 1938.
Un poeta nato per contrasto
I primi anni di Eugenio Montale non sono quelli di un “poeta predestinato” nel senso classico. Non ci sono salotti, accademie o premi giovanili. C’è piuttosto un’inquietudine di fondo, una resistenza interiore al conformismo, un amore per la solitudine e la verità.
Montale diventa poeta quasi per necessità: perché la realtà lo interroga e lo ferisce, e lui risponde con versi asciutti, scabri, profondi.
Così nasce una delle voci più alte della poesia italiana del Novecento.
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