
Le valenze del verbo
28 Dicembre 2019
Il carnevale: una triste commedia da Senilità di Italo Svevo
28 Dicembre 2019Introduzione e commento analitico al brano “I sogni di Emilio Brentani e l’utopia socialista” tratto da Senilità di Italo Svevo.
Introduzione
Il decimo capitolo di Senilità (1898), romanzo di Italo Svevo, rappresenta uno dei momenti più emblematici della crisi del protagonista, Emilio Brentani. Intellettuale piccolo-borghese, inetto e inadatto all’azione, Emilio incarna l’uomo moderno schiacciato tra ideali astratti e realtà opaca. In questo brano si delinea chiaramente l’incapacità di Emilio di rapportarsi autenticamente alla realtà e agli altri, in particolare alla donna, sostituita da sogni, proiezioni, ideologie deformate. Il momento in cui egli immagina una società socialista che possa risolvere la sua infelicità sentimentale e sociale non è tanto un’adesione al socialismo quanto l’espressione di un bisogno di fuga, un’illusione che si scontra con il pragmatismo disarmante di Angiolina.
Commento e analisi
1. Il sogno come evasione
Il passo si apre con la constatazione del fallimento del possesso: Emilio sperava che la relazione carnale con Angiolina placasse la sua passione tormentosa, ma questa si ripresenta ogni volta “con la medesima violenza di desiderio”. Il corpo non risolve l’ambivalenza interiore. Anzi, la passione si intreccia con la frustrazione: Angiolina, amata e insieme svilita, viene idealizzata nella figura dell’infermiera, segno del bisogno di cura da parte di un uomo fragile e dipendente. Il sogno erotico e il sogno sociale si sovrappongono: entrambi sono strumenti per trasformare Angiolina in ciò che Emilio vorrebbe che fosse. Ma entrambi sono destinati a infrangersi contro la realtà.
2. La rêverie socialista
Il cuore del brano è rappresentato dal sogno di un mondo migliore, in cui la miseria che spingerebbe Angiolina a concedersi ad altri uomini venga superata da una rivoluzione sociale. Emilio immagina un’utopia socialista come cornice ideale per l’amore: senza classi, senza povertà, senza obblighi. Ma è un’utopia strumentale, un sogno individuale travestito da ideologia collettiva. Egli “faceva proprie anche le menzogne di Angiolina” pur di tenere viva l’illusione. È un socialismo sentimentale, inefficace, fondato non su coscienza politica ma su un bisogno di giustificare la propria impotenza.
3. Il fallimento del dialogo
La disillusione è inevitabile. Angiolina, “figlia del popolo”, esprime un pensiero sorprendentemente reazionario: crede che la divisione delle ricchezze non servirebbe a nessuno e che gli operai siano invidiosi e fannulloni. Il sogno si dissolve sotto il peso del senso comune, del realismo popolare. Emilio, invece di opporsi con forza, “rinunciò”: ancora una volta, egli abdica all’azione, rivelando la sua passività. La scena si conclude con un rovesciamento grottesco: la donna del popolo parteggia per i ricchi, e l’intellettuale che vorrebbe emanciparla è incapace di difendere la propria posizione.
4. Un’utopia borghese e maschilista
È interessante notare che l’utopia socialista immaginata da Emilio è profondamente personale e maschile. Non ha nulla di rivoluzionario: è un tentativo di riassorbire la realtà dentro la sua visione del mondo. Persino l’uguaglianza dei sessi viene ridotta a una formula romantica: “la donna uguale all’uomo e l’amore un dono reciproco”. In verità, Emilio non vuole una donna libera, ma una donna docile, pacificata, conforme al suo sogno. Angiolina, invece, sfugge continuamente a ogni definizione. Il fallimento non è solo politico, ma umano.
Conclusione
Questo brano rappresenta uno dei momenti centrali di Senilità, in cui si chiarisce la natura profonda dell’inettitudine sveviana: non una semplice incapacità di agire, ma un rifugio nei sogni e nelle astrazioni, un’incapacità di confrontarsi con la realtà nella sua concretezza. Emilio è l’emblema di una crisi intellettuale e sentimentale che anticipa il Novecento: egli sogna il socialismo come sogna l’amore, ma non riesce né a pensare politicamente né ad amare davvero. Svevo, con fine ironia, mostra la distanza tra l’intellettuale e il popolo, tra l’ideologia e la vita, tra il sogno e il reale.
📘Testo del brano “I sogni di Emilio Brentani e l’utopia socialista” (da Senilità di Italo Svevo)
X – Egli sperava ancora sempre che il possesso così pieno avrebbe finito col togliere violenza al suo sentimento. Invece egli andava ai ritrovi sempre con la medesima violenza di desiderio e nella sua mente non s’acquietava la tendenza a ricostruire l’Ange che veniva distrutto ogni giorno. Il malcontento lo spingeva a rifugiarsi nei sogni più dolci. Angiolina quindi gli dava tutto: il possesso della sua carne e – essendone essa l’origine – anche il sogno del poeta.
Tanto di frequente la sognò infermiera che tentò di continuare il sogno anche accanto a lei. Stringendosela fra le braccia col violento desiderio del sognatore, le disse, – Vorrei ammalarmi per essere curato da te. – Oh, sarebbe bellissimo! – disse ella che in certe ore si sarebbe prestata a tutti i suoi desiderÓ. Naturalmente bastò quella frase per annullare qualunque sogno.
Una sera, trovandosi con Angiolina, egli ebbe un’idea che per quella sera alleviò potentemente il suo stato d’animo. Fu un sogno ch’egli ebbe e sviluppò accanto ad Angiolina e ad onta di questa vicinanza. Essi erano tanto infelici causa il turpe stato sociale vigente. Egli ne era tanto convinto che poté pensare di essere persino capace di un’azione eroica pel trionfo del socialismo. Tutta la loro sventura era originata dalla loro povertà. Il suo discorso presupponeva ch’ella si vendesse e ch’era spinta a farlo dalla povertà della sua famiglia Ma essa non se ne accorse e le sue parole le sembravano una carezza eppoi pareva egli volesse biasimare solo se stesso.
In una società differente egli avrebbe potuto farla sua, pubblicamente, subito, senza imporle prima di darsi al sarto. Faceva proprie anche le menzogne di Angiolina, pur di renderla dolce e indurla a entrare in quelle idee, per sognare in due. Ella volle delle spiegazioni ed egli gliele diede beato di poter dar voce al sogno. Le raccontò quale lotta immane fosse scoppiata fra poveri e ricchi, i più e i meno. Non v’era da dubitare dell’esito della lotta il quale avrebbe apportato la libertà a tutti, anche a loro. Le parlò dell’annientamento del capitale e del mite breve lavoro che sarebbe stato l’obbligo d’ognuno. La donna uguale all’uomo e l’amore un dono reciproco.
Ella chiese delle altre spiegazioni che già turbarono il sogno, e poi concluse: – Se tutto venisse diviso, non ci sarebbe niente per nessuno. Gli operai sono degl’invidiosi, dei fannulloni, e non riusciranno a niente. – Egli tentò di discutere ma poi vi rinunziò. La figlia del popolo teneva dalla parte dei ricchi.