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2 Giugno 2025Traccia e svolgimento di un tema argomentativo sui Vecchi invisibili di Valentino Bompiani
ESAMI DI STATO DI ISTRUZIONE SECONDARIA SUPERIORE PRIMA PROVA SCRITTA – PROVA DI ITALIANO – Sessione Suppletiva 2019
TRACCIA
TIPOLOGIA B – ANALISI E PRODUZIONE DI UN TESTO ARGOMENTATIVO
PROPOSTA B1 – Valentino Bompiani, “I vecchi invisibili”
Contesto: Valentino Bompiani, editore, drammaturgo e scrittore italiano, nel 1929 fondò la casa editrice che porta il suo nome. Le riflessioni seguenti sono state pubblicate sul quotidiano “La Stampa” il 5 marzo 1982 quando Bompiani era ottantaquattrenne e sono state poi ripubblicate nel 2004 con altri saggi per “Nottetempo”.
Testo: «Passati gli ottant’anni, ti dicono: “Come li porti bene, sembri un giovanotto”. Parole dolci per chi le dice ma a chi le ascolta aprono la voragine del tempo in cui si affonda come nelle sabbie mobili. La vecchiaia avanza al buio col passo felpato dei sintomi, squadre di guastatori addestrati che aprono l’inattesa, inaccettabile e crescente somiglianza con gli estranei. Su una fitta ai reni o per l’udito ridotto, anche il nemico diventa parente. Lo spazio e le cose si riducono: la vecchiaia è zingaresca, vive di elemosine.
Poeti, scrittori e filosofi che hanno parlato della aborrita vecchiaia, i più non l’hanno mai raggiunta; parlavano dunque della vecchiaia altrui, che è tutt’altra cosa. Niente offende più dei coetanei tossicolosi, che perdono tempo sulle panchine. Impazienti, vogliono essere serviti per primi, mangiano guardando di sottecchi il piatto degli altri, tirano fuori continuamente l’orologio, un conto alla rovescia. Per la strada, a un incrocio, alzano il braccio col bastone anche quando non lo hanno, stolida affermazione di una capacità perduta. Scambiano per conquistata saggezza la paura e tendono all’ovvio, che li uccide.
Nelle ore vuote telefonano. A chi? A chi li precede di un anno o due, che è la dimensione del possibile. Rifiutano i segni della decadenza ma non della peggiore di tutte che è la speranza delle circostanze, le quali nelle mani dei vecchi diventano gocce di mercurio nel piatto, si uniscono, si dividono o si ingrossano, ignorandoli. Neppure i giovani possono dominarle, ma credono di poterlo fare.
Capita di sentirsi domandare: “Se potessi tornare indietro, che cosa faresti di più o di meno?” Non vorrei tornare indietro: mi mancherebbe la sorpresa delle circostanze e sarei saggio senza recuperi. La vecchiaia è la scoperta del provvisorio quale Provvidenza. L’unità di misura è cambiata: una malattia non è quello che è, ma quello che non è e la speranza ha sempre il segno del meno. La provvisorietà della vita esce dal catechismo per entrare in casa, accanto al letto. Quando il medico amico batte sulla spalla brontolando: “Dài ogni tanto un’occhiata all’anagrafe”, gli rispondo che no, a invecchiare si invecchia e dài e dài, va a finire male. Bisogna resistere alla tentazione delle premure e dei privilegi. Ricordo Montale, a Firenze, durante la guerra; non aveva cinquant’anni e faceva il vecchio col plaid sulle ginocchia e i passettini. Si proteggeva con “l’antichità” dalle bombe.
[…] Da vecchi si diventa invisibili: in una sala d’aspetto, tutti in fila, entra una ragazza che cerca qualcuno. Fa il giro con gli occhi e quando arriva a te, ti salta come un paracarro. La vecchiaia comincia allora. Si entra, già da allora, in quella azienda a orario continuato, qual è il calendario; il risveglio al mattino diventa uno scarto metafisico; il movimento nella strada si aggiunge come l’avvertimento che per gli altri il tempo è scandito dagli orari.
Bisogna, per prima cosa, mettere in sospetto le proprie opinioni, comprese quelle più radicate, per rendere disponibile qualche casella del cervello. È faticoso perché i punti di realtà si vanno rarefacendo e le opinioni rappresentano l’ultima parvenza della verità. Come a guardare controluce il negativo di una vecchia fotografia: quel giorno in cui facevo, dicevo, guardavo… Il bianco e nero invertiti stravolgono la realtà, che si allontana. La vecchiaia è la scoperta del piccolo quale dimensione sovrumana. Chi pensi alla fortuna o alla Provvidenza, sempre s’inchina alla vita che domani farà a meno di lui. Non è un pensiero sconsolato, ma di conforto: la memoria, estrema forma di sopravvivenza.»
Comprensione e analisi
- Riassumi il contenuto del testo dell’autore, indicando gli snodi del suo ragionamento.
- Evidenzia e spiega la sua tesi della vecchiaia “come scoperta del provvisorio” (righe 17-18).
- Cosa intende l’autore dicendo che il poeta Montale “si proteggeva con ‘l’antichità’ dalle bombe”? (riga 26)
- Esamina con cura lo stile dell’autore e la densità della sua scrittura: attraverso quali tecniche retoriche e quali scelte lessicali riesce ad avvicinare il lettore al suo particolare punto di vista? Con quale effetto?
Produzione
Sulla base delle conoscenze acquisite, delle tue letture personali e della tua sensibilità, elabora un testo nel quale sviluppi il tuo ragionamento sul tema dell’età matura e del complesso rapporto, che può essere di scontro o di continuità, tra “giovani e vecchi”. Argomenta in modo tale che gli snodi del tuo ragionamento siano organizzati in un testo coerente e coeso.
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Durata massima della prova: 6 ore.
È consentito l’uso del dizionario italiano e del dizionario bilingue (italiano-lingua del paese di provenienza) per i candidati
di madrelingua non italiana.
Non è consentito lasciare l’Istituto prima che siano trascorse 3 ore dalla consegna delle tracce.
SVOLGIMENTO del tema argomentativo basato sul testo di Valentino Bompiani “I vecchi invisibili”.
TIPOLOGIA B – ANALISI E PRODUZIONE DI UN TESTO ARGOMENTATIVO
PROPOSTA B1 – Valentino Bompiani, “I vecchi invisibili”
Comprensione e Analisi
1. Riassumi il contenuto del testo dell’autore, indicando gli snodi del suo ragionamento.
Il testo di Valentino Bompiani, scritto a 84 anni, è una profonda e disincantata riflessione sulla vecchiaia, vissuta in prima persona. L’autore inizia con la constatazione che i complimenti sull’aspetto giovanile (“sembri un giovanotto”) sono in realtà crudeli, poiché rivelano la “voragine del tempo” che inghiotte l’anziano. Descrive la vecchiaia come un processo subdolo (“passo felpato dei sintomi”) che porta a una crescente e inaccettabile somiglianza con l’estraneo, rendendo persino il nemico un “parente” per via delle comuni afflizioni fisiche. Lo spazio e le cose si riducono, in un’esistenza quasi “zingaresca”, fatta di piccole elemosine.
Il secondo snodo critica la rappresentazione della vecchiaia fatta da chi non l’ha vissuta, definendola “altra cosa”. Bompiani stigmatizza i “coetanei tossicolosi” che si lamentano, chiedono privilegi e vivono ossessionati dal tempo che passa (“un conto alla rovescia”), scambiando la paura per saggezza e arrendendosi all’ovvio che li consuma.
Successivamente, l’autore si concentra sulla solitudine e sulle relazioni interpersonali dei vecchi, che telefonano a chi li precede di poco, vivendo in una dimensione limitata del possibile. Rifiutano la decadenza ma si illudono di poter controllare le “circostanze”, che invece li ignorano, trasformandosi in “gocce di mercurio”.
Un passaggio cruciale è il rifiuto di Bompiani di “tornare indietro” nel tempo, affermando che gli mancherebbe “la sorpresa delle circostanze”. Qui introduce la sua tesi centrale: la vecchiaia come “scoperta del provvisorio quale Provvidenza”. La malattia non è definita da ciò che è, ma da ciò che non è, e la speranza assume un “segno del meno”. La precarietà della vita esce dal catechismo per entrare nella quotidianità, accanto al letto. Ricorda poi l’esempio di Montale che, pur non anziano, “faceva il vecchio” per proteggersi dalla guerra, evidenziando come la “finzione” di vecchiaia possa essere una difesa.
L’ultimo snodo introduce il concetto chiave dell’“invisibilità” dei vecchi. In situazioni sociali, l’anziano viene ignorato, “saltato come un paracarro”. Questa invisibilità segna l’inizio di una nuova percezione del tempo, non più scandito da orari, ma da un “calendario” continuo. Il risveglio mattutino è uno “scarto metafisico”, il movimento per strada un promemoria che per gli altri il tempo scorre diversamente. Bompiani conclude sottolineando la necessità di mettere in discussione le proprie opinioni radicate per fare spazio a nuove consapevolezze, poiché i “punti di realtà” si rarefanno. La vecchiaia diventa la “scoperta del piccolo quale dimensione sovrumana” e un accettazione della vita che proseguirà senza di lui. La memoria è presentata come “estrema forma di sopravvivenza”, un conforto finale.
2. Evidenzia e spiega la sua tesi della vecchiaia “come scoperta del provvisorio” (righe 17-18).
La tesi centrale di Bompiani sulla vecchiaia come “scoperta del provvisorio quale Provvidenza” è profonda e controintuitiva. Generalmente, la provvisorietà è associata alla giovinezza, alla fase di costruzione e cambiamento; la vecchiaia, al contrario, è vista come il culmine di una vita, la stabilità della memoria. Bompiani ribalta questa prospettiva.
Per l’autore, la vecchiaia non è un tempo di certezze consolidate, ma la fase in cui si prende coscienza più acuta della precarietà intrinseca dell’esistenza. Il “provvisorio” non è più un concetto filosofico o una clausola contrattuale, ma una realtà tangibile e quotidiana che “esce dal catechismo per entrare in casa, accanto al letto”. Ogni giorno, ogni momento, ogni condizione fisica è effimera e può essere l’ultima. Una malattia non è semplicemente una patologia, ma assume un significato esistenziale: “non è quello che è, ma quello che non è”, cioè ciò che sottrae, che limita, che annuncia una perdita. La speranza stessa ha il “segno del meno”, perché le attese si riducono, le prospettive future diminuiscono e la vita si concentra sul “qui e ora”, nella consapevolezza della sua fuggevolezza.
Il termine “Provvidenza” accanto a “provvisorio” è particolarmente significativo. Non è una rassegnazione disperata, ma un’accettazione consapevole. La provvisorietà non è una condanna, ma quasi un disegno superiore, una forza che, pur portando alla fine, offre una nuova dimensione di esistenza. È una saggezza acquisita non per scelta razionale, ma per necessità imposta dalla condizione. Non si tratta di desiderare di tornare indietro, poiché il valore della vecchiaia risiede proprio in questa “scoperta” della caducità, che rende ogni istante prezioso e rivela una nuova prospettiva sulla vita. La capacità di accettare il provvisorio come una forma di ordine superiore (Provvidenza) è il vero guadagno della vecchiaia, una saggezza che non è frutto di una “conquistata saggezza” (come quella stolida degli altri vecchi), ma di una rivelazione esistenziale.
3. Cosa intende l’autore dicendo che il poeta Montale “si proteggeva con ‘l’antichità’ dalle bombe”? (riga 26)
Quando Bompiani afferma che Montale, a meno di cinquant’anni e durante la guerra, “faceva il vecchio col plaid sulle ginocchia e i passettini”, e che “si proteggeva con ‘l’antichità’ dalle bombe”, intende che Montale utilizzava l’atteggiamento e i manierismi tipici della vecchiaia come una strategia di difesa psicologica ed esistenziale.
In un contesto di guerra, dove la vita è costantemente minacciata e la paura è onnipresente, Montale avrebbe adottato la “maschera” dell’anzianità per:
- Creare una distanza dal pericolo: Agire da vecchio, lento, meno coinvolto fisicamente e mentalmente nella frenesia della vita, può avergli permesso di sentire un senso di distacco dagli orrori e dalla violenza circostante. Come se la “vecchiaia” fosse una condizione già oltre la battaglia, un rifugio dall’urgenza del presente.
- Evocare un senso di fragilità e innocenza: L’atteggiamento del vecchio può suscitare protezione o almeno non aggressività da parte degli altri, rendendolo meno un bersaglio. È una forma di mimetismo per evitare i pericoli.
- Simbolizzare una saggezza stoica: L’età avanzata è spesso associata alla saggezza, alla rassegnazione, alla capacità di accettare il destino. Montale potrebbe aver assunto quest’aura per affrontare la catastrofe bellica con una sorta di distacco filosofico, come se il mondo esterno e le sue violenze fossero già fuori dalla sua portata o dalla sua preoccupazione.
- Fuggire la responsabilità dell’azione: Durante la guerra, la giovinezza è spesso associata all’impegno, al combattimento, alla partecipazione attiva. Assumere i modi del vecchio permetteva forse di sottrarsi, anche solo simbolicamente, a queste attese, rifugiandosi in una dimensione di passività e contemplazione.
In sintesi, l’ “antichità” di Montale non era un’età anagrafica, ma una corazza emotiva e una strategia di sopravvivenza in un tempo di profonda crisi, quasi un auto-inganno per trovare rifugio dalla brutalità della realtà.
4. Esamina con cura lo stile dell’autore e la densità della sua scrittura: attraverso quali tecniche retoriche e quali scelte lessicali riesce ad avvicinare il lettore al suo particolare punto di vista? Con quale effetto?
Lo stile di Valentino Bompiani in “I vecchi invisibili” è caratterizzato da una notevole densità e una scrittura incisiva, capace di comunicare un punto di vista originale e intimo sulla vecchiaia. Le tecniche retoriche e le scelte lessicali sono fondamentali per avvicinare il lettore a questa prospettiva.
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Linguaggio Figurato e Metafore Originali: Bompiani ricorre a metafore potenti e spesso sorprendenti, che attingono a immagini concrete per esprimere concetti astratti:
- “La voragine del tempo in cui si affonda come nelle sabbie mobili”: rende l’idea di un processo inesorabile e soffocante.
- “La vecchiaia avanza al buio col passo felpato dei sintomi, squadre di guastatori addestrati”: la vecchiaia è personificata come un nemico subdolo e organizzato che demolisce dall’interno.
- “La vecchiaia è zingaresca, vive di elemosine”: evoca un’immagine di marginalità, precarietà e povertà, non solo economica.
- “Speranza delle circostanze, le quali nelle mani dei vecchi diventano gocce di mercurio nel piatto, si uniscono, si dividono o si ingrossano, ignorandoli”: una metafora vivida che esprime l’imprevedibilità e l’incontrollabilità del futuro per l’anziano.
- “Ti salta come un paracarro”: un’immagine quotidiana e brutale per rendere l’idea dell’invisibilità. Queste metafore non sono decorative, ma essenziali per la sua argomentazione, rendendo tangibile la sua esperienza e il suo pensiero.
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Ossimoro e Antitesi: L’autore utilizza spesso accostamenti di termini contrastanti per evidenziare la complessità e le contraddizioni della vecchiaia:
- “Parole dolci… aprono la voragine”: il contrasto tra lusinga e realtà.
- “Capita di sentirsi domandare… Non vorrei tornare indietro”: l’antitesi tra l’auspicio comune e la sua scelta.
- “La paura e tendono all’ovvio, che li uccide”: il paradosso di una “saggezza” che porta alla fine. Questo uso crea un effetto di disvelamento, mostrando al lettore una verità più profonda e meno rassicurante.
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Aforismi e Sentenze: La scrittura è densa di frasi brevi e lapidarie che suonano come massime di saggezza:
- “Anche il nemico diventa parente.”
- “La vecchiaia è la scoperta del provvisorio quale Provvidenza.”
- “La memoria, estrema forma di sopravvivenza.” Queste sentenze, spesso poste alla fine di un paragrafo o di una riflessione, conferiscono autorevolezza al suo pensiero e invitano il lettore alla meditazione.
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Tono Disincantato e Realistico: Il tono è privo di retorica o autocommiserazione. Bompiani non edulcora la realtà della vecchiaia, ma la descrive con onestà intellettuale, a volte con una certa crudezza che tuttavia non sfocia mai nel cinismo puro, ma in una forma di accettazione stoica. L’effetto è quello di un dialogo intimo e franco con il lettore, che si sente coinvolto in una riflessione autentica.
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Lessico Preciso e Incisivo: Il lessico è scelto con cura per la sua efficacia espressiva. Accanto a termini comuni, si trovano vocaboli che evocano sensazioni fisiche (“fitta ai reni”, “udito ridotto”) o stati d’animo (“inattesa, inaccettabile”, “tossicolosi”, “stolida”). La precisione terminologica, unita alla sobrietà, conferisce autorevolezza alla voce dell’autore.
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Uso della Prima Persona e Interpellazione del Lettore: L’uso costante della prima persona (“ti dicono”, “a chi le ascolta”, “mi mancherebbe”, “mi ricordo”) crea un senso di immediatezza e confidenzialità. Il lettore è direttamente coinvolto, quasi interpellato da un’esperienza condivisa, anche se non direttamente vissuta.
L’effetto complessivo di queste tecniche è quello di un discorso saggistico-filosofico che non rinuncia alla componente autobiografica e intima. Bompiani riesce a rendere un’esperienza universale (la vecchiaia) attraverso un punto di vista altamente personale, offrendo al lettore non solo una descrizione, ma un’interpretazione profonda e spesso scomoda, ma ricca di una saggezza guadagnata sul campo. La sua scrittura è un invito a guardare la vecchiaia non solo come decadenza fisica, ma come una peculiare fase di scoperta e trasformazione interiore.
Produzione
Il tema dell’età matura e del complesso rapporto tra “giovani e vecchi” è un crocevia di generazioni che si incontrano, si scontrano e, talvolta, si ignorano, come magistralmente evidenziato da Valentino Bompiani. La sua riflessione sull’invisibilità dell’anziano in una società frenetica è un punto di partenza illuminante per analizzare la dinamica, non sempre lineare, tra chi ha ancora molto da imparare e chi ha molto da raccontare.
L’invisibilità, in effetti, non è solo una condizione fisica o anagrafica, ma una percezione sociale. Se da un lato l’anziano si sente “saltato come un paracarro” in una sala d’aspetto, dall’altro lato, la società spesso non riconosce il valore intrinseco dell’esperienza e della memoria che i vecchi portano con sé. In un mondo che esalta la velocità, la novità e l’efficienza, la lentezza, la riflessione e la narrazione del passato possono apparire come un intralcio, un’eredità non sempre desiderata. Si tende a considerare la vecchiaia come un problema da gestire, anziché una risorsa da valorizzare. La cultura giovanilistica, spesso imperante, contribuisce a relegare gli anziani ai margini, ignorando la loro capacità di essere ponte tra le generazioni e custodi di un sapere non codificato nei manuali, ma vissuto sulla propria pelle.
Tuttavia, il rapporto tra giovani e anziani non è intrinsecamente uno scontro, ma può trasformarsi in una ricca continuità, a patto che entrambe le parti siano disposte a un dialogo autentico. I giovani, con la loro energia innovativa e la loro proiezione verso il futuro, possono beneficiare enormemente dalla saggezza pragmatica degli anziani. Non si tratta di una saggezza libresca, ma di quella “scoperta del provvisorio quale Provvidenza” di cui parla Bompiani, una consapevolezza della caducità della vita che porta a dare il giusto peso alle cose. I vecchi, d’altra parte, possono trovare nei giovani l’opportunità di rimanere connessi al presente, di vedere il mondo con occhi nuovi, di non arrendersi a quella “paura” che i coetanei di Bompiani scambiano per saggezza. L’entusiasmo giovanile può riaccendere la scintilla della curiosità e del desiderio di continuare a partecipare alla vita, anche se in modi diversi.
Il divario generazionale, spesso amplificato dalle differenze tecnologiche e culturali, non è una barriera insuperabile. La comunicazione è la chiave. I giovani possono cercare nei racconti dei “vecchi” non solo aneddoti, ma schemi di resilienza, modelli di adattamento ai cambiamenti, la capacità di affrontare le avversità. Gli anziani, a loro volta, possono imparare dai giovani la flessibilità, l’apertura mentale e la velocità di adattamento alle nuove sfide. È un reciproco scambio di prospettive, un arricchimento bidirezionale che trascende la mera trasmissione di informazioni. La scuola, in questo senso, potrebbe giocare un ruolo ancora più attivo nel promuovere progetti intergenerazionali, favorendo l’incontro e il dialogo tra gli studenti e gli anziani delle comunità, trasformando l’isolamento in inclusione, e l’invisibilità in riconoscimento.
In conclusione, la vecchiaia non è un destino passivo, ma una fase della vita con le sue peculiarità e, come sottolinea Bompiani, le sue scoperte. Riconoscere l’anziano non solo come una persona bisognosa di cure o attenzioni, ma come un individuo con un’esperienza preziosa e una prospettiva unica sul mondo, è il primo passo per superare l’invisibilità. Il rapporto tra giovani e anziani, quindi, non deve essere un eterno scontro tra chi corre troppo e chi si ferma, ma piuttosto una danza complessa in cui le diverse generazioni si muovono insieme, ognuna portando il proprio ritmo e la propria melodia, per comporre un’armonia più ricca e completa dell’esistenza umana. Solo così la memoria non sarà solo “estrema forma di sopravvivenza”, ma un ponte vitale che lega il passato al futuro.