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28 Dicembre 2019
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28 Dicembre 2019L’Inizio del Duello Finale tra Enea e Turno nell’Eneide: la resa dei conti
Questi versi, tratti dal Libro XII dell’Eneide, segnano l’inizio del tanto atteso duello tra Enea e Turno, il momento culminante dell’intero poema. Dopo lunghe guerre e complesse vicende, la sorte di Troiani e Latini, e di conseguenza il futuro di Roma, viene affidata a questo scontro singolo, che si carica di un’enorme tensione e significato simbolico.
1. La Reazione di Enea all’Annuncio del Duello
Il brano si apre con la reazione di Enea all’udire il nome di Turno, un nome che evoca l’avversario finale, colui che si frappone tra lui e il compimento del suo destino:
Il padre Enea, udito il nome di Turno, lascia i muri e lascia le altissime rocce, tronca tutti gli indugi, interrompe tutte le imprese, esultando di gioia, e terribile rimbomba nell’armi: (vv. 697-700)
- “Il padre Enea”: L’epiteto “padre” sottolinea la sua pietas e il suo ruolo di guida per il popolo troiano, anche in un momento di furia bellica.
- Abbandono della Difesa: Enea abbandona immediatamente la posizione difensiva (“lascia i muri e lascia le altissime rocce”), indicando la sua determinazione a chiudere la partita di persona.
- Fine degli Indugi: “Tronca tutti gli indugi, interrompe tutte le imprese” evidenzia la sua risoluzione. Questo duello è la soluzione definitiva, e Enea non vuole più ritardi.
- Gioia e Terrore: La sua reazione è complessa: “esultando di gioia” per la possibilità di chiudere il conflitto, ma anche “terribile rimbomba nell’armi”, suggerendo la sua potenza e la paura che incute. È la gioia del guerriero che finalmente si confronta con il suo degno avversario.
2. La Similitudine con i Monti: Potenza e Grandezza
Virgilio utilizza una potente similitudine per descrivere la maestosità e la forza di Enea che si prepara al duello:
quale l’Athos, o l’Erice, o lo stesso padre Appennino possente quando freme di elci ondeggianti, e gode levandosi con la vetta nevosa al cielo. (vv. 701-703)
- Montagne Sacre e Imponenti: Vengono evocati tre monti significativi:
- Athos: Monte sacro in Grecia, simbolo di grandezza.
- Erice: Monte in Sicilia, legato al culto di Venere (madre di Enea) e ad Ercole.
- Appennino: La spina dorsale dell’Italia, qui personificato come “padre Appennino”, che “freme di elci ondeggianti” e “gode levandosi con la vetta nevosa al cielo”. Questa personificazione conferisce al monte una vitalità quasi divina.
- Paragone con Enea: Enea è paragonato a queste maestose formazioni naturali, suggerendo la sua grandezza, la sua immobilità e la sua forza inarrestabile. Come i monti si ergono imponenti e immutabili, così Enea si erge come figura centrale e inamovibile del destino. Il “rimbombo nell’armi” si lega al “fremere” degli elci, creando un’immagine di potenza primordiale.
3. L’Attesa e la Reazione dei Popoli
L’annuncio del duello cattura l’attenzione di tutti i presenti, sia Troiani che Latini:
E già i Rutuli a gara e i Teucri e tutti gli Italici rivolsero lo sguardo, che stavano sugli alti bastioni, e quelli che percuotevano con l’ariete la base delle mura, e deposero le armi dalle spalle. (vv. 704-708)
- Sguardo Universale: “Rutuli a gara e i Teucri e tutti gli Italici” indica che tutti gli occhi sono puntati sui due eroi. Il conflitto si concentra su di loro.
- Cessazione delle Ostilità: L’intera battaglia si ferma. Sia chi difendeva i bastioni sia chi attaccava con gli arieti depone le armi. Questo sottolinea l’importanza e la sacralità del duello singolo come risoluzione del conflitto.
4. Lo Stupore di Latino e l’Inizio dello Scontro
Anche il re Latino, figura di autorità e saggezza, è colpito dalla scena:
Stupisce lo stesso Latino che quei gloriosi guerrieri, generati in parti diverse del mondo, si scontrino tra loro e decidano la sorte col ferro. (vv. 708-710)
- Meraviglia e Riconoscimento: Latino è stupito e ammirato dalla grandezza dei due guerrieri, provenienti da “parti diverse del mondo” (Enea da Troia, Turno dal Lazio), che si affrontano per decidere il destino con le armi. C’è un senso di riconoscimento della loro statura eroica.
Infine, il duello ha inizio:
Quelli, appena il terreno si liberò in un’ampia distesa, con rapido assalto, scagliate da lontano le aste, cominciano il duello con gli scudi di bronzo sonoro. (vv. 710-713)
- Spazio Libero: Il terreno viene liberato, creando un’arena per il confronto.
- Inizio con le Aste: Il duello inizia con il lancio delle aste, una pratica comune negli scontri epici.
- “Scudi di bronzo sonoro”: Questo dettaglio sensoriale enfatizza il fragore della battaglia e la potenza degli impatti, immergendo il lettore nell’azione.
Conclusione
Questi versi non solo introducono il duello finale, ma ne caricano il significato. La reazione di Enea, la maestosa similitudine con i monti, la sospensione della battaglia e lo stupore di Latino contribuiscono a creare un’atmosfera di solennità e inevitabilità. È il momento in cui il destino si manifesta attraverso lo scontro tra due figure eroiche, un preludio al compimento del fatum e alla nascita di una nuova era, quella di Roma.

Testo del Duello Finale tra Enea e Turno nell’Eneide, XII, 697-745 e 843-895
lascia i muri e lascia le altissime rocche,
tronca tutti gli indugi, interrompe tutte le imprese,
esultando di gioia, e terribile rimbomba nell’armi: 700
quale l’Athos, o l’Erice, o lo stesso padre
Appennino possente quando freme di elci ondeggianti,
e gode levandosi con la vetta nevosa al cielo.
E già i Rutuli a gara e i Teucri e tutti gli Italici
rivolsero lo sguardo, quelli che stavano sugli alti bastioni, 705
e quelli che percuotevano con l’ariete la base delle mura,
e deposero le armi dalle spalle. Stupisce lo stesso Latino
che quei gloriosi guerrieri, generati in parti diverse
del mondo, si scontrino tra loro e decidano la sorte col ferro.
Quelli, appena il terreno si liberò in un’ampia distesa, 710
con rapido assalto, scagliate da lontano le aste,
cominciano il duello con gli scudi di bronzo sonoro.
Geme la terra, e con le spade raddoppiano i colpi
frequenti; il caso e il valore si mischiano insieme.
E come quando, sull’immensa Sila o in vetta al Taburno, 715
due tori cozzano a testa bassa in aspra battaglia;
arretrano atterriti i pastori: tutto l’armento
ammutolisce per il timore, e le giovenche non intendono
a chi obbedisca la selva o tutta si accodi la mandria;
quelli si scambiano colpi con grande violenza 720
e forzando infiggono le corna, e bagnano il collo e le spalle
di fiotti di sangue; tutta la selva risuona d’un mugghìo:
così il troiano Enea e l’eroe daunio cozzano
con gli scudi, e un grande fragore riempie il cielo.
Giove, equilibrato l’ago, sostiene i due piatti 725
della bilancia, e vi pone i diversi destini dei due,
chi lo scontro condanni, dove col peso inclini la morte.
Balza, senza pensare al pericolo, Turno, e alto
si leva su tutto il corpo sorgendo con la spada,
e colpisce: urlano i Teucri e i trepidi Latini, 730
tese le schiere di entrambi. Ma la perfida spada
s’infrange e abbandona l’ardente a metà del colpo,
se non lo aiutasse la fuga. Fugge più veloce dell’Euro,
Atena vede l’elsa ignota e la destra inerme.
E fama che quando all’inizio della battaglia salì precipitoso 735
sui cavalli aggiogati, lasciata la spada del padre,
afferrò trepidante il ferro dell’auriga Metisco;
questo, mentre i Teucri volgevano le spalle dispersi,
bastò a lungo; ma poi che si venne alle armi divine
di Vulcano, la lama mortale, al pari di fragile ghiaccio, 740
si spezzò al colpo; i frammenti risplendono sul fulvo suolo.
Turno, fuori di sé, fugge in diverse parti del campo,
e intreccia di qua, di là incerti giri;
dovunque infatti i Teucri si stringono in folta corona,
e di qui lo cinge una vasta palude, di lì le erte mura. 745
[…]
Compiuto ciò, il Padre medita altro fra sé,
e si prepara ad allontanare Giuturna dalle armi del fratello.
Vi sono due pesti gemelle, che chiamano Dire: 845
la fosca Notte le generò insieme alla tartarea
Megera in un unico parto; e le cinse di uguali
spire di serpi, e aggiunse ali ventose.
Esse compaiono accanto al trono di Giove, sulla soglia del re
implacabile, e acuiscono il terrore agli affranti mortali, 850
se il re degli dei ordisce atroce morte
e morbi, o atterrisce le città colpevoli con la guerra.
Giove fece discendere una di esse veloce dal sommo
del cielo, e le ordinò di mostrarsi in presagio a Giuturna.
Quella vola, e si dirige sulla terra con rapido turbine. 855
Come, scoccata dall’arco attraverso una nube, la freccia
che un Parto o un Cidone scagliò, armata del fiele
di feroce veleno, immedicabile colpo, stridendo
attraversa senza che alcuno la veda le ombre veloci:
così la figlia della Notte viaggiò e raggiunse la terra. 860
Dopo che vide l’esercito iliaco e le schiere di Turno,
subito si raccolse nella figura del piccolo uccello
che talvolta, posato di notte sulle tombe e sui tetti deserti,
canta lugubre a lungo attraverso le ombre;
mutatasi in questa forma, la peste vola e rivola 865
gemendo sul volto di Turno e percuote lo scudo con le ali.
A lui uno strano torpore infiacchì di spavento le membra,
i capelli si drizzarono per l’orrore, e la voce s’arrestò nella gola
Come da lontano riconobbe le strida e le ali della Dira,
L’infelice Giuturna si scioglie e si strappa i capelli, 870
colpendosi il volto con le unghie e il petto coi pugni:
Come adesso, o Turno, la sorella potrà aiutarti?
che resta a me, crudele? con quali espedienti
protrarti la vita? e posso oppormi a simile mostro?
Sì, abbandono il campo. Non m’atterrite, sgomenta, 875
infausti uccelli: conosco il battito delle ali
e il mortifero suono; non mi sfuggono i duri comandi
del magnanimo Giove. Così per la verginità mi ripaga?
Perché mi diede un’eterna vita, e mi tolse la condizione
della morte? ora potrei terminare questi tormenti.
e accompagnare lo sventurato fratello tra le ombre, 880
Io immortale? Vi sarà qualcosa di dolce per me,
senza di te, o fratello? Quale profondo abisso
si aprirà precipitando me dea tra i profondi Mani?.
Detto ciò, si avvolse il capo nel glauco manto delle acque
con alti gemiti, e scomparve nelle profondità del fiume. 885
Enea di contro incalza e vibra la lancia,
enorme, simile a un tronco, e parla con animo feroce:
ora cos’è quest’indugio? Perché ti attardi, o Turno?
Non con la corsa, con l’armi crudeli si deve combattere
da presso. Trasfórmati in tutti gli aspetti, raduna quanto 890
vali con l’animo e con l’astuzia; desidera di volare
sulle alte stelle, e di racchiuderti nel cavo della terra.
Quello, scuotendo il capo:
Non le tue superbe parole mi atterriscono,
o arrogante; gli dei mi atterriscono e Giove nemico. 895