
Le figure retoriche nei testi narrativi
28 Dicembre 2019
Racconti con punti di vista diversi
28 Dicembre 2019Testo e parafrasi, analisi e commento della poesia “Il Risorgimento” di Leopardi.
Analisi del Testo
1. Struttura e forma metrica
La poesia è composta da strofe di quattro versi (quaternari), con uno stile limpido e armonioso. L’uso dell’endecasillabo e della rima rende il testo musicale e scorrevole.
2. Temi principali
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La perdita delle emozioni → Leopardi descrive il momento in cui si è sentito privo di sentimenti, come se il cuore si fosse spento e la vita fosse diventata vuota e priva di significato.
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Il ritorno delle illusioni → Dopo una fase di indifferenza, il poeta riscopre il piacere e il dolore delle emozioni. Pur sapendo che sono illusioni, esse gli permettono di sentire di nuovo la vita.
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L’indifferenza della natura → Leopardi ribadisce il suo pessimismo cosmico: la natura non si cura della felicità umana, ma solo della sopravvivenza della specie.
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Il disincanto verso l’amore e il mondo → Il poeta sa che il mondo è ingiusto e che l’amore è spesso illusorio. Tuttavia, il cuore umano non può fare a meno di tornare a credere nei sentimenti.
3. Figure retoriche
- Ossimori → “dolci affanni” (contrasto tra dolcezza e dolore).
- Metafore → “la terra inaridita” per indicare la perdita delle emozioni.
- Personificazioni → la luna, le stelle e la natura sembrano parlare al poeta.
- Anastrofe → “Qual fui!” per sottolineare il cambiamento interiore.
Commento
“Il Risorgimento” è una delle poesie più intime di Leopardi, in cui descrive il suo rapporto con le emozioni e con la vita. Dopo un periodo di totale apatia e indifferenza, il poeta riscopre la capacità di provare sentimenti, sebbene sappia che sono illusioni.
Il messaggio della poesia è profondamente umano: anche chi ha sofferto e ha perso ogni speranza può ritrovare, dentro di sé, la forza di emozionarsi ancora. Tuttavia, Leopardi non è ottimista: sa che il mondo rimane ingiusto e che la natura è indifferente. Ciò che cambia è solo il modo in cui il cuore umano riesce a percepire la realtà.
Il titolo “Il Risorgimento” non si riferisce al risveglio politico dell’Italia, ma al risveglio interiore del poeta, che dopo un periodo di morte emotiva, torna a sentire, a sperare e a soffrire. La poesia è quindi un inno alla capacità del cuore di rigenerarsi, nonostante tutto.
Testo e Parafrasi
XXVII
IL RISORGIMENTO
Credei ch’al tutto fossero in me, sul fior degli anni, mancati i dolci affanni della mia prima etá: 5 i dolci affanni, i teneri moti del cor profondo, qualunque cosa al mondo grato il sentir ci fa.
10 Quante querele e lacrime sparsi nel novo stato, quando al mio cor gelato prima il dolor mancò! 15 Mancâr gli usati palpiti, l’amor mi venne meno, e irrigidito il seno di sospirar cessò!
20 Piansi spogliata, esanime fatta per me la vita; la terra inaridita, chiusa in eterno gel; 25 deserto il dí; la tacita notte piú sola e bruna; spenta per me la luna, spente le stelle in ciel.
30 Pur di quel pianto origine era l’antico affetto: nell’intimo del petto ancor viveva il cor. 35 Chiedea l’usate immagini la stanca fantasia; e la tristezza mia era dolore ancor.
40 Fra poco in me quell’ultimo dolore anco fu spento, e di piú far lamento valor non mi restò. 45 Giacqui: insensato, attonito, non dimandai conforto: quasi perduto e morto, il cor s’abbandonò.
50 Qual fui! quando dissimile da quel che tanto ardore, che sí beato errore nutrii nell’alma un dí! 55 La rondinella vigile, alle finestre intorno cantando al novo giorno, il cor non mi ferí:
60 non all’autunno pallido in solitaria villa, la vespertina squilla, il fuggitivo sol. 65 Invan brillare il vespero vidi per muto calle, invan sonò la valle del flebile usignol.
70 E voi, pupille tenere, sguardi furtivi, erranti, voi de’ gentili amanti primo, immortale amor, 75 ed alla mano offertami candida ignuda mano, foste voi pure invano al duro mio sopor.
80 D’ogni dolcezza vedovo, tristo, ma non turbato, ma placido il mio stato, il volto era seren. 85 Desiderato il termine avrei del viver mio; ma spento era il desio nello spossato sen.
90 Qual dell’etá decrepita l’avanzo ignudo e vile, io conducea l’aprile degli anni miei cosí: 95 cosí quegl’ineffabili giorni, o mio cor, traevi, che sí fugaci e brevi il cielo a noi sortí.
100 Chi dalla grave, immemore quiete or mi ridesta? che virtú nova è questa, questa che sento in me? 105 Moti soavi, immagini, palpiti, error beato, per sempre a voi negato questo mio cor non è?
110 Siete pur voi quell’unica luce de’ giorni miei? gli affetti ch’io perdei nella novella etá? 115 Se al ciel, s’ai verdi margini, ovunque il guardo mira, tutto un dolor mi spira, tutto un piacer mi dá.
120 Meco ritorna a vivere la piaggia, il bosco, il monte; parla al mio core il fonte, meco favella il mar. 125 Chi mi ridona il piangere dopo cotanto obblio? e come al guardo mio cangiato il mondo appar?
130 Forse la speme, o povero mio cor, ti volse un riso? ahi! della speme il viso io non vedrò mai piú. 135 Propri mi diede i palpiti, natura, e i dolci inganni. sopiro in me gli affanni l’ingenita virtú;
140 non l’annullâr: non vinsela il fato e la sventura; non con la vista impura l’infausta veritá. 145 Dalle mie vaghe immagini so ben ch’ella discorda; so che natura è sorda, che miserar non sa;
150 che non del ben sollecita fu, ma dell’esser solo: purché ci serbi al duolo, or d’altro, a lei non cal. 155 So che pietá fra gli uomini il misero non trova; che lui, fuggendo, a prova schernisce ogni mortal;
160 che ignora il tristo secolo gl’ingegni e le virtudi; che manca ai degni studi l’ignuda gloria ancor. 165 E voi, pupille tremule, voi, raggio sovrumano, so che splendete invano, che in voi non brilla amor.
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ParafrasiStrofa 1-2: Strofa 3-4: Strofa 5-6: Strofa 7-8: Strofa 9-10: Strofa 11-12: Strofa 13-14: Strofa 15-16: Strofa 17-18: Strofa 19-20: Strofa 21-22: Strofa 23-24: Strofa 25-26: Strofa 27-28: Strofa 29-30: |