
Guerre contro i Sanniti e contro Pirro
28 Dicembre 2019
Notturno cileno di Roberto Bolano
28 Dicembre 2019Questa scena del terzo atto dell’Adelchi di Manzoni rappresenta uno dei momenti più intensi e drammaticamente efficaci dell’intera tragedia.
L’analisi della costruzione scenica rivela la maestria dell’autore nel gestire la tensione emotiva e i rapporti tra i personaggi.
Dinamiche familiari e psicologiche: Il ritorno di Ermengarda alla corte paterna dopo il ripudio da parte di Carlo Magno crea un momento di grande pathos. Manzoni costruisce abilmente il contrasto tra l’accoglienza affettuosa del padre Desiderio e del fratello Adelchi, e il profondo dolore interiore della protagonista. Il dialogo rivela come ogni personaggio reagisca diversamente al trauma: Desiderio cerca vendetta, Adelchi condivide il dolore, Ermengarda aspira solo all’oblio.
Linguaggio e stile: Il registro linguistico alterna momenti di alta tensione lirica (“Oh benedetta / Voce de’ miei!”) a passaggi di maggiore intimità familiare. L’uso dell’apostrofe alla madre morta (“Oh dolce madre!”) e l’immagine della “ghirlanda / Vagheggiata un momento” mostrano la capacità manzoniana di tradurre il dolore in immagini poetiche concrete e memorabili.
Simbolismo e temi: La richiesta di Ermengarda di ritirarsi nel convento fondato dalla madre introduce il tema della rinuncia al mondo come unica via di salvezza. Il monastero diventa simbolo di pace contrapposto alla violenza della storia politica. La metafora della “ghirlanda gittata a’ piè” sintetizza efficacemente la condizione femminile nell’epoca, oggetto di scambi politici.
Costruzione drammatica: La scena è strutturata come un crescendo emotivo che culmina nella richiesta di Ermengarda e nell’accettazione riluttante del padre. Manzoni dimostra qui la sua comprensione della drammaturgia classica, bilanciando azione e riflessione, dialogo e monologo interiore.
L’episodio anticipa il destino tragico della protagonista e conferma la visione manzoniana della storia come teatro di sofferenza per gli innocenti.
Testo del brano del ritorno di Ermengarda, tratto dalla tragedia: Adelchi, atto I, scena III
ATTO PRIMO
SCENA III
VERMONDO che precede ERMENGARDA, e detti. Donzelle che l’accompagnano.
VERMONDO
O regi, ecco Ermengarda.
DESIDERIO
Vieni, o figlia; fa cor.
(Vermondo parte; le donzelle si scostano.)
ADELCHI
Sei nelle braccia
Del fratel tuo, dinanzi al padre, in mezzo
Ai fidi antichi tuoi; sei nel palagio
De’ re, nel tuo, più riverita e cara
D’allor che ne partisti.
ERMENGARDA
Oh benedetta
Voce de’ miei! Padre, fratello, il cielo
Queste parole vi ricambi; il cielo
Sia sempre a voi, quali voi siete ad una
Vostra infelice. Oh! se per me potesse
Sorgere un lieto dì, questo sarebbe,
Questo, in cui vi riveggo — Oh dolce madre!
Qui ti lasciai: le tue parole estreme
Io non udii; tu qui morivi — ed io…
Ah! di lassù certo or ci guardi: oh! vedi;
Quella Ermengarda tua, che di tua mano
Adornavi quel dì, con tanta gioia,
Con tanta pietà, a cui tu stessa il crine
Recidesti quel dì, vedi qual torna!
E benedici i cari tuoi, che accolta
Hanno così questa reietta.
ADELCHI
Ah! nostro
È il tuo dolor, nostro l’oltraggio.
DESIDERIO
E nostro
Sarà il pensier della vendetta.
ERMENGARDA
O padre,
Tanto non chiede il mio dolor; l’obblio
Sol bramo; e il mondo volentier l’accorda
Agl’infelici; oh! basta; in me finisca
La mia sventura. D’amistà, di pace
Io la candida insegna esser dovea:
Il ciel non volle: ah! non si dica almeno
Ch’io recai meco la discordia e il pianto
Dovunque apparvi, a tutti a cui di gioia
Esser pegno dovea.
DESIDERIO
Di quell’iniquo
Forse il supplizio ti dorria? quel vile,
Tu l’ameresti ancor?
ERMENGARDA
Padre, nel fondo
Di questo cor che vai cercando? Ah! nulla
Uscir ne può che ti rallegri: io stessa
Temo d’interrogarlo: ogni passata
Cosa è nulla per me — Padre, un estremo
Favor ti chieggio: in questa corte, ov’io
Crebbi adornata di speranze, in grembo
Di quella madre, or che farei? ghirlanda
Vagheggiata un momento, in su la fronte
Posta per gioco un dì festivo, e tosto
Gittata a’ piè del passeggiero. Al santo
Di pace asilo e di pietà, che un tempo
La veneranda tua consorte ergea,
— Quasi presaga — ove la mia diletta
Suora, oh felice! la sua fede strinse
A quello Sposo che non mai rifiuta,
Lascia ch’io mi ricovri. A quelle pure
Nozze aspirar più non poss’io, legata
D’un altro nodo; ma non vista, in pace
Ivi potrò chiudere i giorni.
ADELCHI
Al vento
Questo presagio: tu vivrai: non diede
Così la vita de’ migliori il cielo
All’arbitrio de’ rei: non è in lor mano
Ogni speranza inaridir, dal mondo
Tôrre ogni gioia.
ERMENGARDA
Oh! non avesse mai
Viste le rive del Ticin Bertrada!
Non avesse la pia, del longobardo
Sangue una nuora desiata mai,
Nè gli occhi volti sopra me!
DESIDERIO
Vendetta,
Quanto lenta verrai!
ERMENGARDA
Trova il mio prego
Grazia appo te?
DESIDERIO
Sollecito fu sempre
Consigliero il dolor più che fedele,
E di vicende e di pensieri il tempo
Impreveduto apportator. Se nulla
Al tuo proposto ei muta, alla mia figlia
Nulla disdir vogl’io.