Diverse furono le edizioni delle odi pariniane:
-(1791) Agostino Gambarelli con l’approvazione di Parini pubblicò una prima raccolta delle 22 odi;
-(1795) Esce una nuova edizione che comprendeva 3 odi posteriori al 1791;
-(1802) Ultima raccolta allestita da Francesco Reina.
Le prime odi e la battaglia illuministica
Le tematiche della prima raccolta
La vita rustica: accanto alla tradizionale visione idillica della campagna, si coglie già una visione nuova del lavoro dei contadini, inteso come attività socialmente utile da cui nascono benessere e prosperità, secondo le teorie fisiocratiche.
La salubrità dell’aria : torna la stessa visione della campagna. Al centro dell’ode vi è il problema ecologico, cioè dell’igiene e della salute pubblica.
L’impostura: Parini si scaglia contro ogni forma di ipocrisia delineando una serie di figurine di impostori con un ironia vicina a quella del Giorno.
L’educazione: viene affrontato il problema dell’ istruzione. Parini si indirizza alla formazione del ceto dirigente che vuole riportare all’antica funzione sociale. Al centro vi è un idea di formazione umanistica fondata su un armonia tra corpo e spirito.
L’innesto del vaiuolo: Parini si riferisce agli esperimenti in corso a quel tempo esaltando la scienza moderna contro ogni forma di pregiudizio come fattore essenziale non solo dell’incremento delle conoscenze teoriche ma anche del rinnovamento dell’umanità. Il dottor Bicetti , a cui l’ode è dedicata, diventa il simbolo del nuovo filosofo. Il medico diviene il nuovo eroe della civiltà illuministica.
Il bisogno: Parini in consonanza con i principi della giurisprudenza contemporanea, afferma che sono il bisogno e la miseria a determinare la maggior parte dei delitti, e quindi non occorre punirli, quanto prevenirli. Alla base dell’ode sta anche il motivo del filantropismo, un senso di pietà solidale per gli uomini e le loro sofferenze.
L’evirazione: o la Musica si scaglia contro il costume di evirare i giovani cantori per mantenere le loro voci di soprano. Qui vi è lo sdegno per una pratica barbara e incivile. Parini indaga le precise cause sociali del fenomeno per trovare il modo di eliminarlo; e le individua nell’egoismo dei potenti, pronti a mutilare l’uomo e annegare la sua dignità per soddisfare la loro ricerca del piacere.
Le odi pariniane sono odi di battaglia, animate dalla fiducia di poter mutare la realtà con la diffusione di idee giuste. In esse vi è la consapevolezza di rivolgersi ad un pubblico solidale. Nell’affrontare argomenti di stringente attualità, Parini si impegna in un opera di conciliazione secondo il gusto classico, a cui deve competere la poesia. Il poeta utilizza moderatamente un lessico ricavato dalle scienze moderne.
E’ rilevante l’adesione di Parini alla poetica del sensismo. Parini utilizza espressioni vivacemente ardite e realistiche, ricche di forza sensibile, capaci di suscitare immagini intensamente visive, plastiche, tattili, foniche, olfattive.
La sintassi mira alla complessità del periodare latino e presenta continuamente quelle inversioni che sono proprie della frase degli antichi, in particolare di Orazio. Il poeta è condizionato dall’eredità retorica del letterato tradizionale.
Si trova sempre nelle sue odi la preoccupazione di legittimare le materie impoetiche sublimandole attraverso il linguaggio consacrato dalla tradizione classica. Parini è moderatamente riformatore in campo sociale e politico. In poesia introduce importanti innovazioni, avendo cura di conservarne intatti gli elementi caratterizzanti.
La caduta
Quando Orïon dal cielo
Declinando imperversa;
E pioggia e nevi e gelo
Sopra la terra ottenebrata versa,
Me spinto ne la iniqua
Stagione, infermo il piede, 5
Tra il fango e tra l’obliqua
Furia de’ carri la città gir vede;
E per avverso sasso
Mal fra gli altri sorgente, 10
O per lubrico passo
Lungo il cammino stramazzar sovente.
Ride il fanciullo; e gli occhi
Tosto gonfia commosso,
Che il cubito o i ginocchi 15
Me scorge o il mento dal cader percosso.
Altri accorre; e: oh infelice
E di men crudo fato
Degno vate! mi dice;
E seguendo il parlar, cinge il mio lato 20
Con la pietosa mano;
E di terra mi toglie;
E il cappel lordo e il vano
Baston dispersi ne la via raccoglie:
Te ricca di comune 25
Censo la patria loda;
Te sublime, te immune
Cigno da tempo che il tuo nome roda
Chiama gridando intorno;
E te molesta incìta 30
Di poner fine al Giorno,
Per cui cercato a lo stranier ti addita.
Ed ecco il debil fianco
Per anni e per natura
Vai nel suolo pur anco 35
Fra il danno strascinando e la paura:
Nè il sì lodato verso
Vile cocchio ti appresta,
Che te salvi a traverso
De’ trivii dal furor de la tempesta. 40
Sdegnosa anima! prendi
Prendi novo consiglio,
Se il già canuto intendi
Capo sottrarre a più fatal periglio.
Congiunti tu non hai, 45
Non amiche, non ville,
Che te far possan mai
Nell’urna del favor preporre a mille.
Dunque per l’erte scale
Arrampica qual puoi; 50
E fa gli atrj e le sale
Ogni giorno ulular de’ pianti tuoi.
O non cessar di porte
Fra lo stuol de’ clienti,
Abbracciando le porte 55
De gl’imi, che comandano ai potenti;
E lor mercè penètra
Ne’ recessi de’ grandi;
E sopra la lor tetra
Noja le facezie e le novelle spandi. 60
O, se tu sai, più astuto
I cupi sentier trova
Colà dove nel muto
Aere il destin de’ popoli si cova;
E fingendo nova esca 65
Al pubblico guadagno,
L’onda sommovi, e pesca
Insidioso nel turbato stagno.
Ma chi giammai potrìa
Guarir tua mente illusa, 70
O trar per altra via
Te ostinato amator de la tua Musa?
Lasciala: o, pari a vile
Mima, il pudore insulti,
Dilettando scurrile 75
I bassi genj dietro al fasto occulti.
Mia bile, al fin costretta,
Già troppo, dal profondo
Petto rompendo, getta
Impetuosa gli argini; e rispondo: 80
Chi sei tu, che sostenti
A me questo vetusto
Pondo, e l’animo tenti
Prostrarmi a terra? Umano sei, non giusto.
Buon cittadino, al segno 85
Dove natura e i primi
Casi ordinàr, lo ingegno
Guida così, che lui la patria estimi.
Quando poi d’età carco
Il bisogno lo stringe, 90
Chiede opportuno e parco
Con fronte liberal, che l’alma pinge.
E se i duri mortali
A lui voltano il tergo,
Ei si fa, contro ai mali, 95
Della costanza sua scudo ed usbergo.
Nè si abbassa per duolo,
Nè s’alza per orgoglio.
E ciò dicendo, solo
Lascio il mio appoggio; e bieco indi mi toglio. 100
Così, grato ai soccorsi,
Ho il consiglio a dispetto;
E privo di rimorsi,
Col dubitante piè torno al mio tetto.