
Giunone evoca la furia Aletto, Eneide, VII, 323-372
28 Dicembre 2019
Il ciclo di Aspasia e i canti napoletani
28 Dicembre 2019Testo, traduzione e analisi del brano dal Libro XV dell’Iliade che racconta l’attacco alle navi degli Achei, con la traduzione di Romagnoli
Testo dell’ Iliade di Omero – Traduzione dal greco di Ettore Romagnoli (1923)
Questo pensando, eccitò contro i legni dai fianchi ricurvi
Ettore, il figlio di Priamo, che tanto da sé furïava:
ei furïava, che Marte sembrava, oppur fuoco funesto 605
che sulle macchie infuria di selva profonda, sui monti.
Schiuma d’intorno alla bocca fioriva, e terribili, sotto
le ciglia folte, gli occhi mandavano lampi; e tremendo
l’elmo d’intorno alle tempie, mentr’ei combatteva, ondeggiava.
E Giove stesso, a lui soccorso porgeva dall’ètra, 610
ché a lui, che, cosí solo pugnava fra tanti guerrieri,
onore dava e gloria: ché poco doveva durare
la vita sua; ché già per lui preparava la morte
Pàllade Atena, sotto le mani d’Achille Pelíde.
Ed ei franger voleva le schiere dei Dànai, tentando 615
dove piú fitta vedeva la turba, piú fulgide l’armi;
né le poteva spezzare, per quanto egli fosse furente:
ché, a torre essi ristretti, reggevano, al pari di rupe
grande, precipite, che presso il mar biancheggiante si leva,
e dei fischianti venti resiste alle corse rapaci, 620
dell’onde immani all’urto, che sopra gli piomban rugghiando.
Cosí gli Achivi, senza timore attendeano i Troiani.
Ed ei, tutto avvampando di fuoco, balzò fra la turba,
su vi balzò, come flutto che investe una rapida nave
sotto le nuvole, gonfio dai venti, rapace: la schiuma 625
tutta nasconde la nave, l’orribile soffio dei venti
empie stridendo la vela, sgomenti nel cuore, i nocchieri
restan tremando: ch’ànno per poco schivata la morte.
Cosí l’anima in seno rimase percossa agli Achivi.
Ed ei, come leone feroce, che piombi su bovi 630
che stan nei bassi prati pascendo di vasta palude,
innumeri essi, e solo li guarda un pastore, che poco
sa con le fiere a difesa lottar dei cornigeri bovi,
e con le prime file dei bovi s’allinea sempre,
o con l’estreme; e la fiera si lancia nel mezzo all’armento, 635
e sbrana un bove, e tutti si sbandano gli altri: gli Achivi
tutti, cosí, per Giove, per Ettore, furono còlti
d’immenso orrore. E il solo Perífete quegli uccideva,
il micenèo, figliuolo di Còprio, che ad Ercole forte
spesso venir soleva, d’Eurístio recando i messaggi. 640
D’un padre assai piú tristo, nato era un figliuolo migliore,
d’ogni virtú: veloce nei piedi, gagliardo alla zuffa,
ed era anche per senno tenuto in Micene fra i primi.
Ad Ettore egli quivi superbo trionfo concesse:
ché, mentre ei si voltava, nell’orlo inciampò dello scudo 645
ch’egli portava a schermo dei dardi, che ai pie’ gli giungeva.
Cadde, impedito cosí, a terra supino; e rimbombo
orrido l’elmo levò d’intorno alle tempie al caduto.
Ettore pronto lo vide, correndo gli giunse dappresso,
l’asta nel petto gl’infisse, l’uccise vicino agli amici; 650
e non poterono quelli, per quanto percossi dal cruccio,
dargli soccorso: ché troppo temevano d’Ettore divo.
Giunsero innanzi alle navi; e qui li fermarono quelle
che prima erano state tirate sul lido. E i Troiani
giunsero anch’essi. Gli Argivi lasciarono allora, costretti, 655
le navi estreme, e, fitti, si strinsero intorno alle tende,
né si sbandarono a caso pel campo: vergogna e timore
li tratteneano; e senza mai tregua, l’un l’altro esortava.
Nestore, poi, gerenio signor, baluardo d’Acaia,
ad uno ad uno tutti pregava, pei loro parenti: 660
«Uomini siate, amici, vergogna vi regni nel cuore
degli altri uomini; e poi, ciascuno di voi si ricordi
dei figli, della sposa, dei beni, dei suoi genitori,
quegli che vivi ancora li serba, o a chi sono già morti.
Per tutti essi, che sono lontani, in ginocchio vi prego 665
che resistiate saldi, che il pie’ non volgiate alla fuga».
Spronò, cosí dicendo, la furia d’ognuno e il coraggio.
E Atena a lor dagli occhi disperse l’oscura infinita
nebbia; e una luce ad essi brillò da una parte e dall’altra,
da quella delle navi, da quella del fiero cimento. 670
Ettore videro allora, gagliardo alla pugna, e i compagni,
e quanti erano indietro rimasti, lontan dalla pugna,
e quanti combatteano vicino alle rapide navi.
Pago però non fu d’Aiace il magnanimo cuore
di lí restare donde fuggiti eran tutti gli Achivi, 675
ma delle rapide navi balzava sui ponti a gran passi,
stringendo in pugno un’asta foggiata agli scontri navali,
di venti braccia e due, coi pezzi connessi da chiovi.
E come allor che un uomo maestro a saltar sui cavalli,
poiché quattro corsieri trascelse da un numero grande, 680
verso una gran città li spinge, affrettandosi al piano,
sopra la via maestra: molti uomini accorrono, molte
donne a vederlo; ed egli, sul dorso or dell’uno, or dell’altro,
si lancia, e piede in fallo non mette, e pur corrono a volo:
cosí di ponte in ponte correa su le rapide navi, 685
a grandi balzi, Aiace, gridava da giungere al cielo.
E, sempre orride grida levando, ordinava agli Achivi
che difendesser le tende, le navi. Ma Ettore, anch’egli
non rimanea fra la turba dei saldi guerrieri troiani;
anzi, come aquila fulva, che piomba sovresso uno stormo 690
di svolazzanti augelli, che presso le ripe d’un fiume
pàscono, d’oche, di gru, di cigni da l’agile collo:
Ettore anch’egli cosí, diritto a una cerula prora
contro balzò, ché Giove medesimo a tergo lo spinse
con la sua mano possente, le turbe invitando a seguirlo. 695
Analisi del Brano
Questo lungo e intenso passaggio dal XV libro dell’Iliade descrive l’apice dell’offensiva troiana contro le navi achee, con Ettore in un ruolo di protagonista assoluto, quasi sovrumano, e la disperata resistenza degli Achei. Il brano è un esempio magistrale della tecnica omerica delle similitudini e della descrizione del combattimento.
1. L’inarrestabile furia di Ettore (vv. 603-614)
- L’intervento divino: È Giove stesso a spingere Ettore, dandogli forza e gloria, sebbene in modo ironico, poiché questa gloria è effimera e precede la sua morte imminente per mano di Achille. Questo sottolinea il ruolo del Fato e degli dèi nelle vicende umane.
- Le similitudini di Ettore: Ettore è paragonato a Marte (Ares) e a un fuoco devastante che divora una foresta montana. Queste similitudini lo elevano a una dimensione quasi divina e incontrollabile, evidenziando la sua ferocia e la sua capacità distruttiva. I dettagli fisici (“schiuma d’intorno alla bocca”, “occhi mandavano lampi”, “elmo… ondeggiava”) ne accentuano la figura mostruosa e terrificante.
- L’obiettivo: Ettore mira a “franger le schiere dei Dànai” e ad attaccare dove la formazione è più densa, segno della sua audacia e della sua determinazione a rompere la resistenza achea.
2. La resistenza achea e l’assalto di Ettore (vv. 615-636)
- La similitudine della rupe (vv. 616-620): Inizialmente, gli Achei resistono, paragonati a una grande rupe in riva al mare che sopporta gli assalti dei venti e delle onde. Questa similitudine evidenzia la loro tenacia e la loro compattezza difensiva.
- La similitudine del flutto e del leone (vv. 621-635): Quando Ettore si lancia tra la folla, le similitudini cambiano per descrivere la sua forza d’impatto e la paura che infonde:
- Flutto marino: È come un’onda gigantesca che investe una nave, coprendola di schiuma e terrorizzando i marinai. Questo descrive la rapidità e la forza travolgente dell’attacco di Ettore.
- Leone: È paragonato a un leone che piomba su una mandria di buoi incustodita, seminando il panico e sbranando una vittima. Questa similitudine sottolinea la sua ferocia predatrice e la dispersione dei difensori achei.
- Il panico degli Achei: L’effetto dell’azione di Ettore è immediato: gli Achei sono “colti d’immenso orrore”. Il terrore è così grande che sono paralizzati.
3. La morte di Perifete (vv. 637-651)
- Una vittima illustre: Ettore uccide Perifete di Micene, un guerriero di valore, figlio di Coprio (messaggero di Euristeo, noto per la sua bassezza). Il contrasto tra il padre “piú tristo” e il figlio “migliore” evidenzia la virtù e il coraggio di Perifete.
- La morte accidentale e il trionfo: Perifete muore a causa di un incidente: inciampa nell’orlo del suo stesso scudo. Questa morte “ingiusta” per un guerriero valoroso aggiunge pathos alla scena. Ettore approfitta immediatamente della caduta per colpirlo, confermando la sua spietatezza e la sua efficacia in battaglia. La vicinanza degli amici che non possono aiutarlo (“non poterono quelli… dargli soccorso: ché troppo temevano d’Ettore divo”) sottolinea la paura che Ettore incute.
4. La disperazione e l’esortazione di Nestore (vv. 652-665)
- La ritirata: Gli Achei sono costretti a ritirarsi fino alle navi tirate a secco, l’ultima linea di difesa. Si stringono intorno alle tende, senza disperdersi nel campo, trattenuti dalla “vergogna e timore”. Questo indica un residuo di disciplina e onore.
- Il ruolo di Nestore: Il vecchio saggio Nestore emerge come figura di riferimento in questo momento critico. Egli esorta i guerrieri, appellandosi al loro senso di vergogna (“vergogna vi regni nel cuore”) e soprattutto al loro senso di responsabilità familiare (“dei figli, della sposa, dei beni, dei suoi genitori”). Questo appello ai legami affettivi più profondi è un tentativo di riaccendere il coraggio dei soldati e di impedire la rotta definitiva. La sua orazione ha l’effetto desiderato, spronando “la furia d’ognuno e il coraggio”.
5. L’intervento di Atena e la reazione di Aiace (vv. 666-686)
- L’intervento divino: Atena interviene, non per combattere direttamente, ma per disperdere la “nebbia” dagli occhi degli Achei, permettendo loro di vedere chiaramente Ettore e i suoi compagni. Questa “nebbia” è metaforica, rappresenta il panico e la confusione che offuscavano la loro mente. La luce che brilla “da una parte e dall’altra” simboleggia la chiarezza ritrovata.
- La figura di Aiace: Nonostante la generale ritirata, Aiace Telamonio emerge come un eroe solitario e irriducibile. Il suo “magnanimo cuore” non è pago di arretrare. Egli salta “sui ponti a gran passi” delle navi, brandendo un’asta enorme, simbolo della sua forza e della sua determinazione a difendere le navi a ogni costo.
- La similitudine del saltatore di cavalli (vv. 677-683): Aiace è paragonato a un abile saltatore che si muove agilmente sul dorso di quattro cavalli in corsa senza mai sbagliare un passo. Questa similitudine esalta la sua agilità, la sua maestria e la sua capacità di muoversi in un contesto precario come i ponti delle navi in battaglia. Le sue grida “da giungere al cielo” sono un disperato tentativo di incitare gli altri e di resistere.
6. L’ultimo assalto di Ettore (vv. 687-695)
- La similitudine dell’aquila (vv. 688-691): Ettore non si ferma, e anche lui è paragonato a un aquila fulva che piomba su uno stormo di uccelli acquatici (oche, gru, cigni) indifesi. Questa similitudine ribadisce la sua ferocia, la sua superiorità e la sua natura di predatore.
- Il culmine dell’attacco: Ettore si lancia “diritto a una cerula prora”, puntando al cuore della flotta. L’intervento finale di Giove (“Giove medesimo a tergo lo spinse con la sua mano possente”) sottolinea che la sua azione è parte di un piano divino, che porterà alla distruzione delle navi achee e, indirettamente, alla necessità del ritorno di Achille in battaglia.
In conclusione, questo brano è un’epica rappresentazione di una battaglia cruciale. Omero esalta la figura di Ettore attraverso similitudini potenti che ne sottolineano la forza inarrestabile e la paura che egli incute. Al contempo, mostra la disperazione degli Achei, la capacità di leadership di figure come Nestore e la resistenza eroica di Aiace, il tutto sullo sfondo di un’azione divina che guida gli eventi verso il loro tragico ma ineluttabile compimento.