
Pessimismo eroico e opere scritte a Firenze e Napoli da Leopardi
28 Dicembre 2019
Lettura e commento di due poesie di Leopardi: La quiete dopo la tempesta e Il saba…
28 Dicembre 2019“L’infinito” è una delle poesie più celebri di Giacomo Leopardi, pubblicata nel 1819 nella raccolta dei “Canti”.
Vediamo insieme testo, parafrasi, analisi, tematiche e commento.
L’infinito di Giacomo Leopardi
Testo originale
Sempre caro mi fu quest’ermo colle,
e questa siepe, che da tanta parte
dell’ultimo orizzonte il guardo esclude.
Ma sedendo e mirando, interminati
5 spazi di là da quella, e sovrumani
silenzi, e profondissima quiete
io nel pensier mi fingo; ove per poco
il cor non si spaura. E come il vento
odo stormir tra queste piante, io quello
10 infinito silenzio a questa voce
vo comparando: e mi sovvien l’eterno,
e le morte stagioni, e la presente
e viva, e il suon di lei. Così tra questa
immensità s’annega il pensier mio:
15 e il naufragar m’è dolce in questo mare.
Parafrasi
Mi è sempre stato caro questo colle solitario e questa siepe, che impedisce alla vista di scorgere gran parte dell’orizzonte più lontano. Ma stando seduto e osservando, io immagino nella mia mente spazi senza fine al di là di quella siepe, silenzi sovrumani e una quiete profondissima, tanto che per poco il mio cuore non si spaventa. E quando sento il vento stormire tra queste piante, io paragono quell’infinito silenzio a questo rumore: e mi vengono in mente l’eternità, le epoche passate, e quella presente e viva, e il suo suono. Così in questa immensità si perde il mio pensiero: e il naufragare in questo mare mi è dolce.
Analisi del testo
“L’infinito” è un idillio composto da 15 endecasillabi sciolti (versi di 11 sillabe senza rima). La struttura metrica libera riflette il tema della poesia: l’assenza di schemi rigidi sottolinea l’idea di infinito e illimitatezza.
Elementi stilistici:
- Enjambement: numerosi (es. “interminati/Spazi”, “sovrumani/Silenzi”) creano un ritmo fluido che evoca l’idea di continuità
- Allitterazioni: “sedendo e mirando”, “sovrumani silenzi”, “profondissima quiete”
- Ossimori e contrasti: finito/infinito, limite/illimitato, silenzio/voce
- Campo semantico dell’immensità: “interminati spazi”, “infinito silenzio”, “eterno”, “immensità”, “mare”
Struttura:
- Versi 1-3: Descrizione del colle e della siepe (limite fisico)
- Versi 4-8: Esperienza immaginativa dell’infinito spaziale
- Versi 8-13: Percezione dell’infinito temporale
- Versi 13-15: “Naufragio” del pensiero nell’infinito
Tematiche principali
- Il rapporto tra finito e infinito: la siepe (elemento finito) diventa paradossalmente lo strumento per accedere all’infinito attraverso l’immaginazione.
- L’immaginazione: facoltà che permette di superare i limiti fisici e di concepire l’infinito.
- L’esperienza del sublime: sensazione mista di piacere e terrore (“il cor non si spaura”) davanti all’immensità.
- Il “naufragio” dolce: l’annullamento dell’io nell’infinito come esperienza piacevole e consolatoria.
- L’infinito spaziale e temporale: la poesia evoca sia l’infinito dello spazio (“interminati spazi”) sia quello del tempo (“l’eterno, e le morte stagioni”).
Commento
“L’infinito” rappresenta perfettamente la poetica leopardiana e il suo rapporto con la natura. La poesia nasce da un’esperienza concreta (il colle di Recanati, probabilmente il Monte Tabor) ma si eleva a riflessione filosofica sull’esistenza umana.
Leopardi utilizza un paradosso fondamentale: è proprio il limite (la siepe) che permette all’immaginazione di concepire ciò che è al di là del limite stesso, l’infinito. La vista limitata stimola altri sensi (l’udito) e soprattutto l’immaginazione. L’esperienza descritta è quindi una sorta di viaggio mentale dal finito all’infinito.
Il “naufragar” finale non è un’esperienza negativa ma “dolce”, suggerendo che l’annullamento dell’io nell’infinito rappresenti una forma di consolazione esistenziale: perdendosi nell’immensità, l’uomo si libera momentaneamente dal peso dell’esistenza e dalle sue limitazioni.
La poesia riassume mirabilmente il pensiero di Leopardi sulla condizione umana: l’uomo è un essere finito che aspira all’infinito, e proprio in questa tensione tra i due poli risiede sia il suo tormento che la possibilità di una fugace esperienza di piacere.