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28 Dicembre 2019L’ultima sigaretta dalla Coscienza di Zeno: autoinganno e inettitudine
Il tema dell’ultima sigaretta è uno dei più celebri e ricorrenti de La Coscienza di Zeno di Italo Svevo, e costituisce il fulcro del terzo capitolo del romanzo. Attraverso il suo rapporto ossessivo e paradossale con il fumo, Zeno Cosini, il protagonista “inetto”, rivela la sua profonda autoinganno, la sua incapacità di agire e la sua tendenza a procrastinare, trasformando un vizio in un alibi esistenziale.
I brani forniti offrono uno spaccato esemplare di questa dinamica.
1. Il Proposito e la Sua Immediata Violazione
Mi colse un’inquietudine enorme. Pensai: “Giacché mi fa male non fumerò mai piú, ma prima voglio farlo per l’ultima volta”. Accesi una sigaretta e mi sentii subito liberato dall’inquietudine […] Finii tutta la sigaretta con l’accuratezza con cui si compie un voto. E, sempre soffrendo orribilmente, ne fumai molte altre durante la malattia. Mio padre andava e veniva col suo sigaro in bocca dicendomi:
– Bravo! Ancora qualche giorno di astensione dal fumo e sei guarito!
Bastava questa frase per farmi desiderare ch’egli se ne andasse presto, presto, per permettermi di correre alla mia sigaretta.
Il primo estratto ci introduce immediatamente nel meccanismo psicologico di Zeno:
“Mi colse un’inquietudine enorme. Pensai: ‘Giacché mi fa male non fumerò mai piú, ma prima voglio farlo per l’ultima volta’. Accesi una sigaretta e mi sentii subito liberato dall’inquietudine […] Finii tutta la sigaretta con l’accuratezza con cui si compie un voto. E, sempre soffrendo orribilmente, ne fumai molte altre durante la malattia.”
- Il Rito dell’Ultima Sigaretta: Questa frase è la quintessenza dell’autoinganno di Zeno Cosini. La decisione di smettere di fumare non è mai definitiva, ma sempre rimandata a un’ipotetica “ultima volta”. Questo rito, compiuto con l'”accuratezza con cui si compie un voto”, trasforma la debolezza in una sorta di solenne cerimonia, un modo per giustificare la continuazione del vizio.
- La Liberazione dall’Inquietudine: L’accensione della sigaretta, lungi dall’essere un fallimento, porta a una “liberazione dall’inquietudine”. Questo paradosso rivela come il vizio non sia solo una dipendenza fisica, ma una stampella psicologica che allevia l’ansia della decisione e della rinuncia.
- Il Padre e l’Autorità Negata: L’interazione con il padre (“Bravo! Ancora qualche giorno di astensione dal fumo e sei guarito!”) è significativa. La figura paterna, anche se ben intenzionata, diventa un’autorità da cui Zeno deve liberarsi per poter continuare a fumare. Il desiderio che il padre “se ne andasse presto, presto” mostra la sua ribellione passiva e la sua incapacità di confrontarsi direttamente con l’autorità o con le aspettative altrui. Il fumo diventa anche un atto di sfida, un modo per affermare una (falsa) autonomia.
2. La Stanza delle Date: Il Cimitero dei Buoni Propositi
Una volta, allorché da studente cambiai di alloggio, dovetti far tappezzare a mie spese le pareti della stanza perché le avevo coperte di date. Probabilmente lasciai quella stanza proprio perché essa era divenuta il cimitero dei miei buoni propositi e non credevo piú possibile di formarne in quel luogo degli altri.
Il secondo brano offre un’immagine potente e simbolica:
- Il Simbolo delle Date: Le “date” scritte sulle pareti rappresentano i molteplici, falliti tentativi di Zeno di smettere di fumare. Ogni data segna un “buon proposito” infranto, una promessa non mantenuta. La stanza diventa un “cimitero” non di corpi, ma di intenzioni, un monumento alla sua inettitudine e alla sua incapacità di dare seguito alle sue risoluzioni.
- La Fuga e la Procrastinazione: Il cambio di alloggio non è una soluzione al problema, ma un’ulteriore manifestazione della sua tendenza a fuggire dalle conseguenze delle sue azioni e a procrastinare. Invece di affrontare il vizio, Zeno cambia ambiente, sperando che un nuovo inizio fisico possa portare a un nuovo inizio morale, ma è un inganno. La sua incapacità di “formarne [di propositi] in quel luogo degli altri” sottolinea la natura intrinseca della sua debolezza, che non dipende dall’ambiente esterno.
3. Il Dubbio e la “Grandezza Latente”: Il Vizio come Alibi
Adesso che son qui, ad analizzarmi, sono colto da un dubbio: che io forse abbia amato tanto la sigaretta per poter riversare su di essa la colpa della mia incapacità? Chissà se cessando di fumare io sarei divenuto l’uomo ideale e forte che m’aspettavo? Forse fu tale dubbio che mi legò al mio vizio perché è un modo comodo di vivere quello di credersi grande di una grandezza latente.
Il terzo estratto è forse il più rivelatore della psicologia di Zeno:
“Adesso che son qui, ad analizzarmi, sono colto da un dubbio: che io forse abbia amato tanto la sigaretta per poter riversare su di essa la colpa della mia incapacità? Chissà se cessando di fumare io sarei divenuto l’uomo ideale e forte che m’aspettavo? Forse fu tale dubbio che mi legò al mio vizio perché è un modo comodo di vivere quello di credersi grande di una grandezza latente.”
- Il Dubbio Rivelatore: Questo è un momento di rara lucidità per Zeno. Egli si interroga sulla possibilità che il fumo non sia solo un vizio, ma un alibi, un capro espiatorio su cui “riversare la colpa della [sua] incapacità”. Se smettesse di fumare, dovrebbe confrontarsi con la sua vera natura, con la possibilità di non essere “l’uomo ideale e forte” che si aspetta.
- La “Grandezza Latente”: La sigaretta gli permette di mantenere l’illusione di una “grandezza latente”, di un potenziale inespresso. Se non è un uomo di successo, se non è forte, è solo “colpa” del fumo. Questo gli consente di non affrontare la realtà della sua inettitudine e di continuare a sognare una versione migliore di sé stesso, senza mai doverla mettere alla prova. È un “modo comodo di vivere” che lo tiene ancorato al suo vizio e alla sua condizione.
- L’Autoinganno Consapevole: La consapevolezza di questo meccanismo (“Forse fu tale dubbio che mi legò al mio vizio”) non porta Zeno a un cambiamento, ma a una lucida accettazione del suo autoinganno. La sua “coscienza” non è uno strumento di guarigione, ma di analisi e comprensione della propria malattia, che finisce per accettare come parte integrante di sé.
Temi Centrali in questi brani, e in generale nel terzo capitolo:
- Inettitudine: L’incapacità di Zeno di prendere decisioni definitive e di portarle a termine, manifestata nel ciclo infinito delle “ultime sigarette”.
- Autoinganno: La sua straordinaria capacità di razionalizzare e giustificare i propri vizi e le proprie debolezze, trasformando i fallimenti in riti o alibi.
- La Malattia come Condizione Esistenziale: Il fumo, come altre “malattie” di Zeno, non è solo una patologia da curare, ma una condizione che gli permette di osservare il mondo da una prospettiva unica e di sentirsi “diverso” dai cosiddetti “sani”.
- Procrastinazione: Il continuo rimandare la decisione definitiva, che diventa essa stessa una forma di vita.
- La Psicologia del Profondo: Svevo, pur criticando la psicoanalisi come metodo terapeutico, ne utilizza gli strumenti per scandagliare la psiche del protagonista, rivelando le complesse dinamiche dell’inconscio e dell’autoinganno.
Conclusione
I brani sull’ultima sigaretta sono un microcosmo della Coscienza di Zeno e della poetica sveviana. Essi rivelano la figura di un protagonista che, pur desiderando la guarigione, trova nel suo vizio un rifugio psicologico e un alibi per la sua inettitudine. La “malattia” del fumo diventa un modo per Zeno di mantenere viva l’illusione di una “grandezza latente” e di evitare il confronto con la realtà della sua incapacità. La sua lucidità nell’analizzare questo meccanismo, pur non portando a una vera “guarigione” nel senso comune, lo rende una figura complessa e profondamente moderna, simbolo dell’uomo contemporaneo alle prese con le proprie contraddizioni e i propri autoinganni.

Brani tratti dal capitolo terzo della Coscienza di Zeno di Italo Svevo
1)
Mi colse un’inquietudine enorme. Pensai: “Giacché mi fa male non fumerò mai piú, ma prima voglio farlo per l’ultima volta”. Accesi una sigaretta e mi sentii subito liberato dall’inquietudine […] Finii tutta la sigaretta con l’accuratezza con cui si compie un voto. E, sempre soffrendo orribilmente, ne fumai molte altre durante la malattia. Mio padre andava e veniva col suo sigaro in bocca dicendomi:
– Bravo! Ancora qualche giorno di astensione dal fumo e sei guarito!
Bastava questa frase per farmi desiderare ch’egli se ne andasse presto, presto, per permettermi di correre alla mia sigaretta.
2)
Una volta, allorché da studente cambiai di alloggio, dovetti far tappezzare a mie spese le pareti della stanza perché le avevo coperte di date. Probabilmente lasciai quella stanza proprio perché essa era divenuta il cimitero dei miei buoni propositi e non credevo piú possibile di formarne in quel luogo degli altri.
3)
Adesso che son qui, ad analizzarmi, sono colto da un dubbio: che io forse abbia amato tanto la sigaretta per poter riversare su di essa la colpa della mia incapacità? Chissà se cessando di fumare io sarei divenuto l’uomo ideale e forte che m’aspettavo? Forse fu tale dubbio che mi legò al mio vizio perché è un modo comodo di vivere quello di credersi grande di una grandezza latente.
