Il nome di Cesare Pavese
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28 Dicembre 2019La luna e i falò di Cesare Pavese è un romanzo esistenziale, che narra la nostalgia e l’impossibilità di recuperare le proprie radici, una volta che si sono perse.
“Puoi portare il ragazzo fuori dal paese, ma non puoi togliere il paese dal ragazzo”, recita un proverbio. La luna e il falò è l’ultimo romanzo, profondamente personale , di Cesare Pavese, in cui si racconta la storia di Anguilla, un uomo d’affari di successo, che torna dalla California nel suo paese natale, nel nord Italia, dopo anni e anni di assenza. Non conoscendo mai la sua vera madre e il suo padre, Anguilla è cresciuto in una famiglia affidataria in un villaggio piemontese vicino al fiume Belbo, in Piemonte. Abbandonato dalla nascita e povero, ha dovuto sopportare un’infanzia dura, che è stata solo in parte rallegrata dalla sua amicizia con un ragazzo più grande, Nuto, e dal fascino delle belle figlie del suo secondo padrone.
Ora, dopo anni di assenza, Anguilla decide di riconnettersi con la terra, che una volta chiamava casa perché, ma dopotutto, “nessun posto è come casa”, o no? La povertà, la guerra e il degrado morale avevano tutti lasciato il segno nella regione che un tempo era l’intero mondo di Anguilla e la sua dettagliata rivalutazione del passato, dei desideri spenti e delle speranze deluse porta a conclusioni sorprendenti.
Fin dall’inizio, la posizione incerta del narratore è palpabile nella storia. Cresciuto come un bracciante, piuttosto che come un vero figlio, Anguilla era sempre stato “alla deriva” in questo mondo, sempre alla ricerca di una vita migliore per sé altrove, in città più grandi e luminose. Però, ora che ha “assaggiato” tanti angoli di questo mondo, può finalmente dire qualcosa sui diversi stili di vita, e la sua disillusione nei confronti di questi “posti migliori”, come Genova e l’America, è sentita. : “Ricordo la delusione di camminare per le strade di Genova per la prima volta – camminavo in mezzo alla strada e cercavo un po’ d’erba. C’era il porto, certo, c’erano i volti delle ragazze, i negozi e le banche, ma un canneto, un odore di rami secchi, un fazzoletto di vigna, dov’erano? [Pavese/Flint, 1950/68: 45]; “là [in America] c’era la terra, c’erano i soldi. Ma nessuno ne aveva abbastanza, nessuno si fermava per quanto avesse, e i campi…sembravano giardini pubblici…” [Pavese/Flint, 1950/68: 59]. A sua volta, le sue impressioni nostalgiche dell’Italia sono dipinte con colori più luminosi: “…non c’è niente di più bello di una vigna ben zappata, ben curata, con le foglie lucenti e quell’odore di terra cotta da un sole d’agosto” [Pavese/ Flint, 1950/68: 101].
Pavese era profondamente interessato a questa psicologia di un uomo che una volta era molto ambizioso, inseguendo quei grandi sogni di grandi città, ma poi, all’improvviso, si ritrova nello stesso “buco” di una città da cui una volta voleva così disperatamente scappare. All’improvviso, questo posto vergognoso della sua educazione si rivela in tutta la sua bellezza dimenticata e brutale realtà, portando il nostro narratore a sperimentare uno strano tipo di illuminazione. Sembra che abbia chiuso il cerchio e stia finalmente realizzando alcune “verità” sulla sua vita, il passato e la città natale, come scrisse una volta T. S. Eliot: “… la fine di tutte le nostre esplorazioni sarà arrivare dove abbiamo iniziato e conoscere il posto per la prima volta.” Il ritorno di Anguilla alle sue “radici” porta uno strano miscuglio di dolore, confusione e dolcezza nostalgica. Confrontando la sua vita attuale con quelle che lo circondano nel piccolo villaggio, prova rimpianto, pietà, senso di colpa o vergogna? Guarda il suo villaggio natale con curiosità distaccata e sentimenti affettuosi, ma poche persone sembrano riconoscerlo lì. Poi, i traumi della guerra una volta scacciati dalla sua mente riaffiorano con una forza brutale.
The Moon and The Bonfire può essere leggermente ripetitivo nella sua idea principale, ma è comunque un esame letterario molto evocativo della nostalgia, degli attaccamenti infantili e del proprio senso di appartenenza che rende anche un commovente omaggio alla bellezza della campagna italiana.
Cesare Pavese (1908 – 1950) è considerato uno dei migliori scrittori italiani del Novecento. Fu anche poeta, critico letterario e saggista che un tempo fu “esiliato” per le sue attività antifasciste e quindi ebbe difficoltà a far pubblicare la sua opera per un bel po’ di tempo. Invece, ha tradotto molte opere classiche americane e britanniche, portandole per la prima volta ai lettori italiani. Pavese morì suicida nel 1950 poco dopo la pubblicazione de La luna e Il falò.