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28 Dicembre 2019La Natura e il Pessimismo in Giacomo Leopardi: Un Percorso Filosofico e Poetico
La relazione tra la Natura e il Pessimismo è il nucleo pulsante e il filo conduttore dell’intera opera di Giacomo Leopardi (1798-1837), uno dei massimi poeti e pensatori della letteratura italiana. Il suo pensiero, pur evolvendo nel tempo, è costantemente animato da una profonda riflessione sulla condizione umana, sulla felicità, sul dolore e sul ruolo della natura in questo dramma esistenziale. Non si tratta di un pessimismo sterile, ma di una lucida e sofferta consapevolezza che permea ogni aspetto della sua lirica e della sua prosa.
1. La Natura Benevola e il “Pessimismo Storico” (La Prima Fase)
Nella fase giovanile del suo pensiero, Leopardi concepisce la Natura come una madre benevola, una forza generatrice che, pur destinando gli esseri viventi alla morte, provvede alla loro felicità attraverso le illusioni. Queste illusioni (la speranza, l’amore, la gloria, la fantasia) sono essenziali per l’uomo, poiché gli permettono di non percepire la cruda realtà del dolore e della morte.
In questa fase, il pessimismo di Leopardi è prevalentemente storico: la sofferenza umana non è intrinseca alla natura, ma è causata dal progresso della civiltà e della ragione. L’uomo, allontanandosi dallo stato di natura e acquisendo consapevolezza attraverso la ragione, perde la capacità di illudersi e si confronta con la vanità del tutto. Le epoche antiche, più vicine alla natura e meno corrotte dalla ragione, erano considerate più felici.
Esempi: Nelle prime Canzoni e in alcuni Idilli come L’Infinito o La sera del dì di festa, la natura è ancora fonte di ispirazione e di un vago senso di piacere, seppur velato di malinconia.
2. La Natura Matrigna e il “Pessimismo Cosmico” (La Seconda Fase)
Attorno al 1824, il pensiero di Leopardi subisce una svolta radicale, culminando nel “pessimismo cosmico”. La Natura non è più vista come una madre benevola, ma come una “matrigna” (o “maligna”), una forza indifferente e crudele che genera gli esseri viventi solo per destinarli alla sofferenza e alla distruzione.
- Indifferenza della Natura: La Natura non si preoccupa della felicità degli individui, ma solo del ciclo universale di creazione e distruzione, di nascita e morte. La sofferenza umana è una conseguenza necessaria e inevitabile di questo meccanismo implacabile.
- Il Dolore come Condizione Universale: La felicità è un’illusione fugace, mentre il dolore e la noia sono la condizione intrinseca e universale dell’esistenza. Ogni essere vivente, per il solo fatto di esistere, è condannato a soffrire.
- La Consapevolezza del Nulla: La ragione, che nella prima fase era vista come causa della sofferenza, ora diventa lo strumento che permette all’uomo di prendere coscienza di questa verità crudele: il nulla dell’esistenza, la vanità di ogni sforzo, l’indifferenza del cosmo. Questa consapevolezza, pur dolorosa, è anche una forma di dignità umana.
Esempi: Le Operette morali sono il manifesto di questa nuova fase. Dialoghi come il Dialogo della Natura e di un Islandese mostrano una Natura impassibile e spietata, che risponde alle lamentele dell’uomo con la logica inesorabile del suo ciclo vitale. Anche nei Canti successivi, come A Silvia (pur se la genesi è precedente alla svolta, la rielaborazione ne risente) o Canto notturno di un pastore errante dell’Asia, la natura è spesso un’entità muta e indifferente al destino umano.
3. La Sofferenza, la Noia e l’Infinito Desiderio
Il pessimismo leopardiano è strettamente legato ad altri concetti chiave:
- La Sofferenza: Non è un’eccezione, ma la regola. La vita è un continuo succedersi di dolori e di brevi, illusorie pause.
- La Noia: È la condizione più profonda e radicale dell’esistenza, che subentra quando l’uomo si rende conto della vanità di ogni desiderio e della mancanza di un vero scopo nella vita. È l’assenza di illusioni che rende il tempo vuoto e insopportabile.
- L’Infinito Desiderio: L’uomo è condannato a un desiderio di felicità infinito, che la realtà finita non potrà mai soddisfare. Questa sproporzione tra il desiderio e la sua realizzazione è fonte di perenne insoddisfazione e dolore.
4. La Ginestra: Un Ultimo Atto di Resistenza e Solidarietà
Verso la fine della sua vita, in opere come La Ginestra o il fiore del deserto, Leopardi sviluppa un’ultima, complessa sfumatura del suo pessimismo. Pur mantenendo ferma la consapevolezza della Natura matrigna e della fragilità umana, egli propone una forma di solidarietà tra gli uomini come unica possibile, seppur precaria, risposta alla comune condizione di sofferenza.
- L’Uomo come “Fragile Ginestra”: La ginestra, che fiorisce sulle pendici del Vesuvio, è simbolo della fragilità della vita di fronte alla potenza distruttiva della natura.
- La “Social Catena”: Di fronte a questa consapevolezza, gli uomini dovrebbero unirsi in una “social catena”, abbandonando gli egoismi e le illusioni per affrontare insieme il comune destino di sofferenza. Questa solidarietà è l’unica forma di dignità e resistenza possibile. Non è una speranza di felicità, ma un atto di coraggio e di consapevolezza.
Conclusione
La relazione tra Natura e Pessimismo in Giacomo Leopardi è un percorso filosofico e poetico di straordinaria profondità. Da una Natura inizialmente benevola ma ingannatrice, che nasconde la verità con le illusioni, si passa a una Natura matrigna, indifferente e crudele, che genera solo per distruggere. Il pessimismo, da storico (causato dalla ragione), si fa cosmico (inerente all’esistenza stessa). Tuttavia, anche in questa visione desolante, Leopardi non cede alla disperazione totale, ma propone, in un ultimo atto di dignità, la solidarietà umana come unica, seppur fragile, forma di resistenza contro l’ineluttabilità del dolore e l’indifferenza del cosmo. La sua opera rimane un monito lucido e commovente sulla condizione umana, che continua a interrogarci sul senso della vita e della sofferenza.