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16 Agosto 2022La nausea è un romanzo di Jean-Paul Sartre, scritto nel 1932, pubblicato, dopo numerose radicali revisioni, nel 1938, che lo consacrò come intellettuale di riferimento per tutti gli esistenzialisti e i progressisti francesi
La nausea di Jean Paul Sartre prof. Luigi Gaudio
J.P. SARTRE
La vita
Sartre, esponente di spicco dell’esistenzialismo, nasce a Parigi e studia alla Normale, dove conosce, tra gli altri, Husserl e Heidegger, rimanendo influenzato dal loro pensiero. Nel 1929 conosce Simone de Beavour, cui si legherà per tutta la vita. I primi lavori risentono dell’influenza della fenomenologia, nel 1938 pubblica il suo più famoso romanzo, La nausea.
Nel 1940, richiamato alle armi, venne fatto prigioniero dei tedeschi. Nel 1943 pubblica L’essere e il nulla, primo lavoro propriamente filosofico. Nel dopoguerra si avvicina al pensiero marxista, per poi scostarsene in seguito alla repressione in Ungheria, ma sottolineando il desiderio di una conciliazione fra est e ovest, e appoggiando i ribelli algerini durante la guerra (grtave motivo di contrasto con Camus, figlio di un “piede nero”). Nel 1964 riceve il premio Nobel per la letteratura, per il suo “spirito di libertà e la ricerca di verità”, ma si rifiuta di ritirarlo.
Dopo avere appoggiato il movimento studentesco ed espresso il suo parere negativo sulla guerra del Vietnam, muore a Parigi nel 1980.
Opere principali: La nausea (1938); Immagine e coscienza (1940); L’essere e il nulla (1943); I cammini della libertà (1945-49); L’esistenzialismo è un umanismo (1946); Critica della ragione dialettica (1960); Le parole (1963)
Come mai rifiuta il nobel?
Sartre lo rifiuta perché
- rifiuta ogni onorificenza, sin da quando gli era stata offerta la Legion d’onore, o il College de France;
- non voleva essere considerato un’istituzione, cioè voleva essere libero di parlare senza che quello che lui dicesse diventasse automaticamente autorevole (ma di fatto era un vero e proprio influencer dell’epoca);
- non vuole fare ingelosire la sua compagna Simone de Beavour, grande scrittrice anche lei, famosa per i suoi scritti sulla donna e sulla morte;
- avrebbe preferito riceverlo prima per favorire la causa della decolonizzazione, e aveva invidiato l’amico-non più amico Camus, che l’aveva ricevuto una decina di anni prima giovanissimo, poi morto in un incidente stradale
L’esistenzialismo
L’esistenzialismo contemporaneo (filosofia dell’esistenza) è quella corrente di pensiero che nasce in Europa a partire dal 1930 grazie all’apporto di Heidegger (che non accettò comunque di essere collocato entro il movimento), Jaspers e Sartre, esponenti di spicco di un più vasto movimento filosofico.
Per Sartre l’esistenzialismo non è un sistema filosofico o un sapere astratto, ma un umanismo ateo, in cui ogni individuo è libero e responsabile delle sue scelte.
Significato di esistenza
L’esistenza di cui si occupa l’esistenzialismo ha un significato preciso: l’esistenza è il divenire, secondo la definizione di Heidegger è ex-sistere (non permanere), ovvero ciò che è sottoposto a un continuo mutare e a un continuo proiettarsi verso ciò che ancora non è.
Cambiamento di prospettiva
Se nel corso della storia del pensiero l’esistenza è stata intesa come luogo dell’essenza stabile di cui è composto ogni uomo e ogni cosa, per l’esistenzialismo il carattere proprio dell’esistenza è quello di avere dentro di sé il mutamento continuo delle sostanze che compongono le cose e gli uomini.
Melencolia I di Albrecht Dürer, 1514
La città in cui vive Roquentin , il protagonista del romanzo, Bouville, non è altro che una rappresentazione nemmeno troppo velata di Le Havre, dove Sartre viveva – e insegnava filosofia al liceo – mentre scriveva il romanzo, nei primi anni ’30.
La nausea: la gratuità dell’esistenza
La nausea è un romanzo di Jean-Paul Sartre, scritto nel 1932, e pubblicato, dopo numerose radicali revisioni, nel 1938.
I personaggi:
Antoine Roquentin: circa trent’anni, studioso di storia, la sua solitudine lo porta a comprendere che è l’uomo a dare costantemente un senso nobile e alto alla propria esistenza. Questa consapevolezza lo condurrà a sentirsi nauseato di sé stesso e del mondo che lo circonda.
L’Autodidatta: studia in ordine alfabetico i libri della biblioteca, la stessa frequentata da Roquentin. Viene però cacciato dalla biblioteca per aver tentato di sedurre un adolescente.
Ateo, socialista, umanitarista e ottimista, è il simbolo dell’illusione della cultura;
Anny: ex-fidanzata di Roquentin, è un’attrice trentenne ormai mantenuta dall’amante di turno. Anche Anny giunge alla consapevolezza della vanità dell’esistenza.
Il riassunto della Nausea fatto da Sartre
“Dopo aver viaggiato a lungo, Roquentin si è stabilito a Bouville, tra feroci persone dabbene. Abita vicino alla stazione, in un albergo per commessi viaggiatori e scrive una tesi di storia su un avventuriero del XVIII secolo, il signor de Rollebon. Il lavoro lo porta spesso alla Biblioteca municipale dove il suo “amico” Autodidatta, un umanista, s’istruisce leggendo i libri in ordine rigorosamente alfabetico. La sera Roquentin va a sedersi a un tavolino del “Ritrovo dei Ferrovieri” ad ascoltare un disco – sempre lo stesso: Some of These Days. E, a volte, sale in camera al primo piano con la padrona del bistrot. Da quattro anni Anny, la donna amata, è scomparsa. Pretendeva sempre di aver dei “momenti perfetti” e si sfiniva immancabilmente in sforzi minuziosi e vani per rimettere insieme il mondo intorno a lei. Si sono lasciati; attualmente Roquentin perde goccia a goccia il proprio passato, sprofondando sempre più in uno strano e oscuro presente. La sua stessa vita non ha più senso: credeva di avere avuto delle belle avventure, ma non ci sono più avventure, ha solo delle “storie”. Si attacca al signor de Rollebon: il morto dovrebbe fornire una giustificazione al vivente.
A questo punto comincia la sua vera avventura, una metamorfosi insinuante e dolcemente orribile di ogni sensazione; è la Nausea che vi prende a tradimento e vi fa galleggiare in una tiepida palude temporale: È stato Roquentin a cambiare? O è stato il mondo? Mura, giardini e caffè vengono bruscamente assaliti da nausea; altre volte Roquentin si sveglia in una giornata malefica: qualcosa è in putrefazione nell’aria, nella luce, nei gesti della gente. Il signor de Rollebon torna a morire; un morto non può mai giustificare un vivente. Roquentin si trascina a casaccio per le strade, corpulento e ingiustificabile. E poi, il primo giorno di primavera, capisce il senso della sua avventura: la Nausea è l’Esistenza che si svela – e non è bella a vedersi, l’Esistenza. Roquentin conserva ancora un briciolo di speranza: Anny gli ha scritto, la rivedrà. Ma Anny è diventata una cicciona greve e disperata; ha rinunciato ai suoi momenti perfetti, come Roquentin alle Avventure; anche lei, a suo modo, ha scoperto l’Esistenza: non hanno più nulla da dirsi. Roquentin torna alla solitudine, sprofondando nell’enorme Natura accasciata sulla città e di cui prevede i prossimi cataclismi. Che fare? chiamare in aiuto altri uomini? Ma gli altri uomini sono gente dabbene: si scambiano gran scappellate e ignorano d’esistere. Lui deve abbandonare un’ultima volta Some of these Days e, mentre il disco gira, intravede una possibilità, un’esile possibilità di accettarsi.”
Gratuità dell’esistenza
La considerazione fenomenologica che sta al fondamento dell’esistenzialismo sartriano, non può che ammettere che non esiste alcun essere necessario (non esiste alcun Dio) in grado di garantire e di attribuire un preciso e determinato significato al mondo, infatti l’esistenza è già di per sé compiuta entro i suoi limiti,
L’esistenza è assolutamente gratuita,
senza scopi e senza fini che non siano quelli di rendere esistenti (e contingenti) gli uomini. La condizione di chi si sente esistere è già vissuta come realtà necessaria, seppure assurda perché senza uno scopo apparente (viviamo per vivere e per morire).
La nausea di Roquentin
La nausea che prova Antoine Roquentin, il protagonista del romanzo, proviene dalla consapevolezza di essere immerso in questo condizione di sostanziale gratuità della vita, ovvero il sentire la vita come priva di un senso necessario che in altre epoche gli era stata attribuita da Dio.
La vita, secondo Roquentin, nel momento in cui ci appare come un unico e inevitabile flusso di esperienze senza un senso proprio, provoca la grande vertigine della nausea.
Per Sartre la realtà non ci indica alcun fine e alcun significato, e tuttavia, questo significato, può essere ricercato individualmente: questa possibilità aperta ad ogni soluzione è per analogia simile al meccanismo che determina l’angoscia in Kierkegaard, seppure egli avesse trovato la soluzione nell’abbandono al puro atto di fede irrazionale (differenza fra i due esistenzialismi).
Mal’essere generale (la noia leopardiana?)
“La Nausea non è dentro di me: la sento là fuori nel muro, nelle bretelle, dappertutto intorno a me. Si fa tutt’uno con il caffè, sono io che ci sono dentro.“
Alcuni oggetti diventano simbolo di
questa “nausea che è fuori di me”:
un ciottolo, un foglio di carta con scritto
un dettato, una panchina e una radice di
castagno (le passeggiate pomeridiane
nel parco cittadino o nel lungomare
costituiscono i momenti fondamentali
di questa “epifania” dell’esistenza)
La panchina e la radice di castagno
La panchina
Appoggio la mia mano sulla panchina, ma la ritiro subito: essa esiste. Questa cosa sulla quale sono seduto, sulla quale appoggiavo la mano si chiama una panchina. L’hanno fatta apposta perché ci si possa sedere, hanno preso del cuoio, delle molle, della stoffa, si sono messi al lavoro, con l’idea di fare una sedia e quando hanno finito era questo che avevano fatto. L’hanno portata qui, in questa scatola, e ora la scatola viaggia e sballotta, con i suoi vetri tremolanti, e porta nei suoi fianchi questa cosa rossa. Mormoro: è una panchina, un po’ come un esorcismo. Ma la parola mi rimane sulle labbra: rifiuta di andarsi a posare sulla cosa. Essa rimane quello che è, con la sua peluria rossa, migliaia di zampette rosse, all’aria, diritte, zampette morte. Questo enorme ventre girato all’aria, sanguinante, sballottato – rigonfio con tutte le sue zampe morte, ventre che galleggia in questa scatola, in questo cielo grigio, non è una panchina. Potrebbe benissimo essere un asino morto, per esempio, sballottato nell’acqua e che galleggia alla deriva, il ventre all’aria in un grande fiume grigio, un fiume da inondazione; e io sarei seduto sul ventre dell’asino e i miei piedi bagnerebbero nell’acqua chiara.
La radice di castagno
Dunque, poco fa ero al giardino pubblico. La radice del castagno s’affondava nella terra, proprio sotto la mia panchina. Non mi ricordavo più che era una radice. Le parole erano scomparse, e con esse, il significato delle cose, i modi del loro uso, i tenui segni di riconoscimento che gli uomini hanno tracciato sulla loro superficie.
Ero seduto, un po’ chino, a testa bassa, solo, di fronte a quella massa nera e nodosa, del tutto bruta, che mi faceva paura. E poi ho avuto questo lampo di illuminazione.
Ne ho avuto il fiato mozzo. Mai, prima di questi ultimi giorni, avevo presentito ciò che vuol dire «esistere». Ero come gli altri, come quelli che passeggiano in riva al mare nei loro abiti primaverili. Dicevo come loro «il mare è verde; quel punto bianco, lassù, è un gabbiano» ma non sentivo che ciò esisteva, che il gabbiano era un «gabbiano-esistente»; di solito l’esistenza si nasconde.
È lì, attorno a noi, è noi, non si può dire due parole senza parlare di essa e, infine, non la si tocca. Quando credevo di pensare ad essa, evidentemente non pensavo nulla, avevo la testa vuota, o soltanto una parola, in testa, la parola «essere».
Il pensiero
“. …Se potessi trattenermi dal pensare! Ci provo, e ci riesco: la mia testa sembra riempirsi di fumo… E poi ricomincia: “Fumo… Non pensare… Non voglio pensare… penso di non voler pensare. Non devo pensare di non voler pensare. Perché quello è pur sempre un pensiero.“ […]
“Non avrà mai fine? Il mio pensiero sono io: per questo non posso fermarmi. Esisto perché penso… E non posso impedirmi di pensare. In questo preciso momento, è spaventoso, se esisto.”
La posizione sartriana espressa nel romanzo non suggerisce però una visione pessimistica della realtà, bensì ottimistica, poiché concepisce l’uomo come detentore di libertà intellettuale e morale.
Il presente, nient’altro che il presente
“Nulla accade mentre vivi. Lo scenario cambia, la gente entra e esce, tutto qui. Non ci sono inizi. I giorni sono attaccati ai giorni senza direzione o ragione, un’aggiunta interminabile, monotona .……. mi guardavo intorno con ansia: il presente, nient’altro che il presente. Mobile leggero e solido, radicato
nel suo presente, un tavolo, un letto, un
armadio con uno specchio – e io. la vera
natura del presente si è rivelata : era ciò
che esiste, e tutto ciò che non era presente
non esisteva. Il passato non esisteva.”
Un po’ come Vitangelo Moscarda?
«Nello specchio È il riflesso del mio viso. Spesso in questi giorni perduti lo studio. Non riesco a capire nulla di questo viso. I volti degli altri hanno un senso, una direzione. Non il mio. Non riesco nemmeno a decidere se è bello o brutto. Penso che sia brutto perché mi è stato detto così. Ma non mi colpisce. In fondo, sono persino scioccato che qualcuno possa attribuirgli qualità di questo tipo, come se chiamassi una zolla di terra o un blocco di pietra bello o brutto».
Ora Roquentin sta perdendo goccia a goccia il suo passato, sprofonda ogni giorno di più in un presente strano e sospettoso. Ogni volta che si guarda allo specchio, non è sicuro di vedere la propria faccia o quella di Rollebon. Presto perde interesse per il suo lavoro , rendendosi conto che non potrà mai capire Rollebon come se fosse ancora vivo. Roquentin si sente vincolato dal passato, scegliendo invece di vivere nel presente.
Francis Bacon, Ritratto di Lucian Freud, 1951
Epilogo
Roquentin va al Ritrovo dei Ferrovieri per ascoltare un’ultima volta “Some of These Days” e mentre il disco sta suonando, intravede una possibilità, una magra possibilità di accettare se stesso. Alla fine del romanzo nella scena del parco, la nausea che prova continuamente gli permette di capire la sua esistenza: è la nausea. La nausea è la sensazione fisica che dice alla sua coscienza che lui è il suo corpo, perciò Roquentin arriva alla rivelazione nel parco che la vita è essenzialmente assurda…
Eppure le ultime parole del romanzo trasmettono un messaggio positivo.
Epilogo
Forse un giorno, pensando precisamente a quest’ora, a quest’ora malinconica in cui attendo, con le spalle curve, che sia ora di salire sul treno*, sentirei il mio cuore battere più in fretta e mi direi: quel giorno a quell’ora è cominciato tutto. E arriverei — al passato, soltanto al passato — ad accettare me stesso.