Le chicche del mio libro (marxista) di geografia
27 Gennaio 2019CRITERI PER LA VALUTAZIONE DEL COLLOQUIO ORALE
27 Gennaio 2019tema svolto
Oggi più che mai si parla della pena di morte come pena da istituire o come pena da eliminare. Tal’uni sostengono che la pena di morte è necessaria, perché unico valido deterrente alla criminalità. Altri sostengono che la pena di morte non ha alcun tipo di influenza sul tasso di criminalità, poiché nei paesi dove è applicata la criminalità non è diminuita, anzi in alcuni casi è addirittura aumentata.
Io ritengo la pena di morte una pena inutile, una pena che oltre ad andare contro il diritto fondamentale della nostra esistenza, il diritto alla vita, lede una serie di disposizioni normative di carattere internazionale approvate anche dai paesi che sistematicamente applicano la pena capitale come pena “ordinaria”. Analizziamo proprio sotto questo aspetto la pena di morte.
Una delle prime norme che tale pena va a ledere, è l’articolo 3 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo. Tale dichiarazione è stata approvata dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite a New York il 10 dicembre 1948. Essa non è un trattato internazionale ma, come si esprime nel suo preambolo, è un ideale comune da raggiungere da tutti i popoli e da tutte le nazioni, pertanto si afferma che non sia produttiva di norme giuridicamente obbligatorie; essa ha comunque una notevole importanza perché viene richiamata nel Preambolo della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali ed anche nel Patto internazionale dei diritti civili e politici.
Questa analisi dimostra l’anti-giuridicità della pena di morte ma nonostante questo i dati che ci giungono sui giustiziati per vari reati sono allarmanti. Ogni anno sono giustiziati migliaia di detenuti in decine di paesi, e sono quasi cento i paesi in cui sono condannate a morte, in attesa di giudizio, migliaia e migliaia di persone. E non parliamo qui solo di stati arretrati o autoritari, come il Marocco, l’Egitto, ma anche alcuni tra i più civili e democratici, come il Giappone, la Corea del sud o gli Stati Uniti. Si parla molto degli Stati Uniti a questo proposito, ma occorre sapere che in alcuni stati, soprattutto islamici, la pena di morte non è l’eccezione, ma quasi la norma, e non vengono puniti con la morte solo gli omicidi: in Mauritania è punita con la morte l’omosessualità (poiché dal 1980 si giudica con la legge islamica, come accadeva in Afghanistan sotto il regime talebano). In Benin sono state emesse nel 1993 sette condanne capitali per stregoneria e magia. In Nigeria sono state eseguite 95 condanne nel 1995, e le ultime nove hanno fatto discutere in tutto il mondo perché riguardavano attivisti dei movimenti ambientalisti e difensori dei diritti umani. In Sudan sono considerati reati capitali l’adulterio, il danneggiamento all’economia nazionale e la falsa testimonianza. L’Iraq punisce con la pena capitale reati non violenti come l’appartenenza a due partiti politici e l’appartenenza a partiti politici illegali, in Siria i reati capitali sono quelli di spaccio di stupefacenti ; qui i processi si svolgono in segreto e agli imputati non vengono concessi né una difesa legale adeguata né il diritto di appello; in Giordania i condannati a morte vengono avvertiti solo qualche minuto prima che avvenga, mentre i familiari sono avvertiti solo a condanna eseguita.
Sicuramente il caso più grave rimane quello della Cina, dove migliaia di persone vengono giustiziate ogni anno e si può essere condannati a morte per ben 68 reati tra cui l’evasione fiscale, la corruzione, il furto, il contrabbando d’auto, il furto di cammelli, mucche e cavalli. In molti paesi asiatici si sta estendendo il reato di traffico di sostanze stupefacenti come reato capitale. In molti paesi del Medio Oriente è considerato reato capitale l’adulterio.
Qualcuno potrebbe essere favorevole a questo tipo di pena così disumano argomentando che è giusto che chi uccide debba essere ucciso; però bisognerebbe pensare che ognuno di noi, o un nostro parente potrebbe trovarsi in un processo a dover rispondere del reato di omicidio, che cosa penseremmo allora sulla pena di morte? Quando un soggetto uccide un altro soggetto il più delle volte non è lucido mentalmente.
Un altro motivo per cui non sono d’accordo con la pena di morte è la sua irrimediabilità: una volta inflitta non permette alcun tipo di correzioni e noi abbiamo davanti agli occhi ogni giorno degli errori giudiziari ; in questo caso non si potrebbe tornare più indietro, questa pena va anche contro la riabilitazione del reo, ed è poi provato che una pena capitale è molto più costosa di una condanna a vita in carcere.
Ma tutto ciò è ovviamente di contorno alla vera riflessione da condurre : uccidere è sempre sbagliato, anche quando a uccidere è lo Stato.