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28 Dicembre 2019
La vita di Giuseppe Ungaretti un uomo – Lezioni di letteratura italiana del …
28 Dicembre 2019📘 Giuseppe Ungaretti: il poeta della parola necessaria
C’è un momento nella storia della poesia italiana in cui le parole diventano schegge, silenzio, vertigine. È il momento in cui scrive Giuseppe Ungaretti. Con lui, la poesia si spoglia di tutto: della retorica, della musicalità tradizionale, della narrazione. Rimane l’essenziale. Rimane l’uomo di fronte alla morte, alla memoria, al mistero dell’esistere.
Il poeta-soldato
Nato ad Alessandria d’Egitto nel 1888, Ungaretti è poeta italiano ma di formazione cosmopolita. Quando nel 1914 scoppia la Grande Guerra, si arruola come volontario. L’esperienza al fronte cambia per sempre il suo modo di vedere il mondo e la poesia.
Nel fango delle trincee, tra la paura della morte e la solidarietà tra uomini, Ungaretti scopre la poesia come atto di resistenza e testimonianza. Così nascono i componimenti di Il porto sepolto (1916) e poi Allegria di naufragi, dove ogni parola è scavata, come se fosse stata trovata in mezzo alle macerie.
La rivoluzione dello stile
Ungaretti rompe con il passato. I suoi versi sono brevissimi, spesso di una sola parola. Non c’è punteggiatura, non c’è rima. Ogni termine ha una forza assoluta, come in:
Si sta come
d’autunno
sugli alberi
le foglie
In queste poche parole (da Soldati, 1918), Ungaretti restituisce l’essenza dell’esistenza in guerra: la fragilità, l’attesa, la precarietà. Non servono spiegazioni. Bastano le immagini.
Questa è la sua grande lezione: la poesia deve dire solo ciò che è necessario, con la massima intensità.
Il dolore che illumina
Ma Ungaretti non è solo il poeta della guerra. Dopo il conflitto, inizia un viaggio interiore fatto di ricerca spirituale. In Sentimento del tempo (1933), il linguaggio si fa più complesso, più classico, più aperto al sacro e alla tradizione. È la fase della maturità, della meditazione sul tempo, sulla fede, sul dolore.
Nel dopoguerra, con Il dolore (1947), Ungaretti torna a una poesia scarna e lacerata, per esprimere il lutto personale (la morte del figlio Antonietto) e collettivo (la tragedia della Seconda guerra mondiale). Ma in mezzo al buio, continua a cercare una luce, una possibilità di salvezza, come in:
La madre:
sarai una statua davanti all’eterno,
come già ti vedeva
quando eri ancora in vita.
Ungaretti crede in una poesia che non consola, ma illumina il dolore con la verità.
Un’eredità viva
La poesia di Ungaretti ha cambiato per sempre la nostra letteratura. È il primo grande autore del Novecento poetico, capace di dire l’indicibile con il minimo di parole. Ha ispirato generazioni di poeti, da Montale a Sereni, da Caproni a Zanzotto.
Ma più ancora che ai poeti, ha insegnato a tutti noi come si affronta la vita nei momenti estremi: con dignità, con profondità, con la forza delle parole essenziali.
Perché leggere Ungaretti oggi?
Perché ci insegna il valore del silenzio.
Perché ci mostra che la poesia può essere una preghiera, un urlo, una carezza.
Perché, come lui, siamo ancora “uomini in bilico”, in cerca di un porto sepolto dove ritrovare noi stessi.
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